XXI - Un'inaspettata confusione

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Il risveglio del giorno dopo aveva un sapore diverso, un sapore quasi piacevole.

Il sapore della libertà, seppur vaga e indefinita.

Crystal era fin troppo consapevole di stare semplicemente ingannando se stessa con quell'ottimismo solo apparente, eppure proprio non riusciva a smettere di sorridere.

Non le era mai capitato di sentirsi quasi felice all'interno di quelle mura, tuttavia nulla in quel momento sembrava essere capace di disturbare il suo buonumore.

Una piccola smorfia si disegnò fra le sue labbra quando due tocchi leggeri alla porta la riportarono definitivamente con i piedi per terra.

Due tocchi che aveva imparato a conoscere bene, due tocchi che – per la prima volta – non sembravano essere carichi della loro solita impazienza.

Dopotutto, nessun re stava richiedendo la loro immediata presenza al banchetto della colazione.

Nonostante ciò, la foga con la quale Crystal scese dal letto ebbe il potere di confonderla: non aveva alcuna fretta di lasciare la propria stanza, ma allora perché era tanto desiderosa di uscire il prima possibile?

Cercò di sistemarsi i capelli alla meno peggio, poi tirò un sospiro e aprì la porta con dita tremanti.

Il suo carceriere personale era lì, puntuale come sempre, a guardarla da sotto le ciglia lunghe e scure con un leggero sorriso sghembo ad illuminargli il viso.

"Buongiorno, milady", esordì Emanuele, porgendole il braccio. "Dormito bene?".

Il suo sorriso, però, era anche fin troppo ironico, una constatazione che concesse a Crystal di rendersi effettivamente conto delle proprie condizioni.

Aveva avuto talmente tanta fretta di alzarsi da non accorgersi che, perlomeno, avrebbe dovuto indossare qualcosa che non fosse adatto solo a dormire, qualcosa che – soprattutto – la coprisse di più.

"Vogliate scusarmi", disse quindi, cercando di usare il suo tono più dignitoso. Gli chiuse la porta in faccia e corse verso l'armadio.

Le era già capitata una situazione del genere quando ancora non si era abituata alla vita al castello, colta di sorpresa dal battere insistente alla porta di Emanuele, ma le emozioni provate in quel giorno non erano nemmeno lontanamente paragonabili alle sensazioni che la stavano prendendo alla sprovvista in quello stesso momento.

Continuava a pensare all'assenza del re, al sentore di libertà che ciò avrebbe potuto garantire... e alla presenza di un cavaliere bello e irraggiungibile fuori dalla sua porta.

Non poteva rischiare di innamorarsi di colui che, involontariamente o meno, la teneva prigioniera: sarebbe stato sciocco e inopportuno, oltre che ingenuo, e il suo unico obiettivo era quello di scappare e tornare a casa.

Legarsi sentimentalmente al suo carceriere era controproducente.

Cercò di fissarsi ben in mente questo pensiero prima di farsi coraggio e aprirgli di nuovo la porta.

Ma lui non era lì. L'aveva lasciata da sola. Se n'era andato.

Se la razionalità le suggeriva di iniziare a correre via il più velocemente possibile approfittando della sua assenza, il cuore le immobilizzava le gambe e la costringeva a guardarsi intorno, alla disperata ricerca di Emanuele.

Quante volte aveva desiderato una situazione di questo genere? Quante volte la voglia di rimanere da sola era stata così forte da soppiantare tutto il resto?

Mai avrebbe immaginato di voler trovare a tutti i costi il responsabile della sua permanenza in quella prigione dorata, mai avrebbe pensato che la visione della porta semi-aperta della camera di una delle altre ragazze potesse far sorgere in lei quella che a primo impatto sembrava proprio gelosia.

Filix: La Strega del ReDove le storie prendono vita. Scoprilo ora