Capitolo 29- Spes

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Spes.

La Speranza.

Tutti sperano in qualcosa.

Tutti, disperatamente, vogliono qualcosa.

Ed è la speranza la dea più beffarda, quella che ti accompagna, per poi riderti in faccia e scomparire.

Spes, ultima dea

Damone, impegnato com'era nel lavarsi via il sudore e la sabbia, non si accorse di Crisso, che gli si era avvicinato. L'uomo lo guardava con talmente tanta insistenza da costringerlo a voltarsi: «Salve, Crisso. Cosa fai lì?» gli disse. Il gladiatore si mosse, a disagio: per sua natura, non cercava lo scontro; soprattutto con Damone ma Lucrezia gli aveva dato un incarico, e doveva portarlo a termine. Tutti i gladiatori erano a conoscenza della sua tresca con Lucrezia, e l'arrivo di Merula, che aveva il compito di accompagnarlo da lei, era accolto con risatine e occhiate complici. Ma nessuno poteva essere a conoscenza del piano della donna, della spirale d'odio nella quale stava coinvolgendo Crisso. Il gladiatore, quindi, sbatté le palpebre, concentrandosi su quello che doveva dire. Si sedette sul bordo della vasca, fingendosi concentrato su suoi sandali. «La padrona è molto preoccupata, oggi». Annunciò, tirando una piccola cinghia del sandalo destro che si era allentata. Damone pulì nell'acqua lo strigile, rimanendo in silenzio. Aveva capito da un pezzo che Crisso era lì in veste di ambasciatore, mandato da Lucrezia. E ricordava bene l'odio che aveva letto negli occhi della donna, dopo il suo rifiuto. Era logico aspettarsi una vendetta, quindi. «Hai fatto progressi, vedo. Oltre ad andarci a letto, sei diventato il suo confidente». Rispose, riprendendo a togliere la sabbia dalle cosce. Crisso avvampò, abbassando lo sguardo. Si sentiva un traditore: tutti i gladiatori era un gruppo, una sorta di famiglia. Erano impegnati, come fratelli, a sostenersi tra loro. E men che mai avrebbero tradito un fratello per i capricci del padrone. O, peggio ancora, della padrona. Finse di non aver sentito la risposta, e proseguì: «Ѐ preoccupata perché una sua amica, Livia, pare si sia sentita male, pochi giorni fa. Pare siano molto unite» aggiunse, sentendosi falso e bugiardo. Ma doveva pur sopravvivere, no? Se voleva sposare Merula, se voleva raggiungere la speranza di una vita felice, doveva accontentare Lucrezia in tutto e per tutto. Era lei l'artefice del suo destino. Era suo schiavo.

Damone rimase immobile. Solo una ruga al centro della fronte tradiva il suo turbamento. Continuò a pulirsi dalla sabbia, rimanendo in silenzio. «E perché lo vieni a dire me, Crisso? Forse hai equivocato gli ordini di Lucrezia» ribatté, colpendo ancora nell'orgoglio il gladiatore. Il quale, sentendosi a disagio, si alzò, facendo finta di aver messo a posto i sandali, e di poter quindi camminare. Se ne andò, senza neanche una parola.

«Non finirà mai, vero?» chiese Merula, camminando al fianco di Crisso. L'uomo la guardò, preoccupato: «Ѐ solo questione di tempo, Merula. Riuscirò a metterla incinta, forse già oggi. E poi potremo...» ma la schiava lo interruppe, con un cenno della mano, e un sorriso triste. «No, non è così. Anche quando ci permetterà di sposarci, se mai lo farà, saremo sempre suoi schiavi, avrà sempre potere su di noi. Non finirà mai, non saremo mai liberi». Crisso la costrinse a fermarsi, sentendo il cuore battere furiosamente nel petto. «Ti sbagli. Guardami» le disse, prendendole il viso tra le mani con delicatezza. «Io sono tuo, Merula. Appartengo a te, come tu appartieni a me. E questo Lucrezia non ce lo può togliere». Una lacrima scese sulla guancia della schiava, bianca, come una piccola scia. Crisso la raccolse con il dito e la baciò sulle labbra. Ma la schiava lo respinse, delicatamente. «Io ti amo, Crisso. Ma non posso andare avanti così. Non posso più guardarti mentre sei con lei. Lo capisci?» disse, e un'altra lacrima scese, cadendole sul seno. Il gladiatore rimase immobile, come una statua di sale, il panico nello sguardo. «Cosa... cosa stai dicendo?» mormorò. Merula abbassò lo sguardo, mentre le lacrime si aggiungevano, una dietro l'altra. «Credo... credo sia meglio lasciarti andare. Io...non posso vivere così.» concluse, fuggendo via. Crisso rimase immobile, sentendo il cuore battere all'impazzata, come un cavallo imbizzarrito. E una rabbia, subito dopo, impadronirsi di lui, e renderlo furioso. Si avviò a grandi passi verso la stanza di Lucrezia.

Qual è la mia speranza? Si chiese Livia, davanti allo specchio. Aveva deciso di affrontare Bambalio, quel giorno. E per l'ennesima volta, quella mattina, si chiese cosa sperasse di ottenere. La sua confessione? La sua morte? Abbassò la mano della schiava che voleva ritoccarle l'acconciatura. Alle sua spalle, Gemina la scrutava, le labbra strette in una smorfia. «So cosa stai pensando. Ma devo affrontarlo» disse Livia, senza neanche voltarsi. La vecchia liberta scosse la testa: «E a che pro, Livia? Cosa ti aspetti, da lui? Claudio ormai è morto: l'abbiamo pianto, e continueremo a farlo. La vita ti ha dato la possibilità di innamorarti di nuovo...anche se, lo riconosco, non sarà facile. A proposito, ne hai parlato, a tuo padre?». Livia si alzò in piedi, turbata. «E cosa dovrei dirgli? Che sono destinata a sposare un gladiatore? Mi prenderebbe per pazza, niente meno. Deve restare tra noi, questa storia.» disse, e Gemina annuì. «Va bene. Ma ricordati, Livia, che i morti non possono tornare. Affronta pure Bambalio, se credi, ma sappi che Claudio non tornerà».

Crisso prese Lucrezia e la sbatté sul letto, strappandole una risata. «Che impeto!» esclamò, deliziata. L'uomo cominciò a spogliarla, con foga, mentre la donna continuava a ridere. Quando Crisso entrò dentro di lei, strappandole un gemito, con foga, con rabbia, smise di ridere. Anche quell'uomo la odiava. Andava a letto con lei non per amore, né per passione. Ma per dovere. Un dovere sgradito, che stava svolgendo con odio, glielo leggeva negli occhi. Quando venne dentro di lei, Lucrezia sperò che fosse la volta buona. Crisso sperò di non dover più toccare quella donna.

Quando uscì dalla stanza, il gladiatore incrociò Merula. Stettero a guardarsi per un lungo momento. Una lacrima, una sola, uscì dagli occhi di Crisso, che fece sussultare la schiava. Poi il gladiatore si allontanò, con il cuore spezzato.

Nella sua cella, guardando il soffitto, Damone ripensava alle parole che Lucrezia aveva voluto fargli pervenire. Livia, dunque, si era sentita male. Si chiese se era una notizia vera, o una bugia della donna per farlo venire allo scoperto. La paura che alla donna che amava fosse successo qualcosa, non lo faceva dormire. Si trovò, prima di chiudere gli occhi, a sperare che stesse bene, e di poterla riabbracciare di nuovo.

Il Leone e la Lupa  #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora