Capitolo 13- Sanguis

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Appena varcarono l'arco di marmo, trovandosi in giardino, Livia tirò letteralmente un sospiro di sollievo. Chiuse gli occhi, cercando di trovare dentro di sé la giusta concentrazione per portare avanti il piano. Damone, accanto a lei, cercava di togliersi la maschera, sbuffando dal caldo. "Mi potresti aiutare?" le chiese, spazientito. Livia si riscosse e si avvicinò, cercando di aiutarlo a tirarsi fuori da quella trappola. Fu costretta a tastare le sue mascelle, la nuca e il collo, cercando il modo di aprire quella maschera. "Non somiglieresti a Giove neanche se avessi in mano una folgore" commentò Livia, suo malgrado divertita. Una volta libero, Damone sorrise. "Ѐ l'apparenza che conta. E ti assicuro che stasera sei la più invidiata della festa" disse, strafottente. "Ah, lo so." Rispose Livia, guardando con un sorriso di condiscendenza verso la sala illuminata. Poi tornò seria, pensando a Ferunto. Il suo cervello prese a lavorare alacremente. "Che cosa si aspettano che facciamo, adesso?" chiese, attenta. Damone si sedette sul bordo della fontana, rinfrescandosi il viso. "Quello che immagini. C'è una sala, nella quale è allestito un letto." La guardò, con interesse: "Stai rovinando la tua reputazione, lo sai? E tutto per uno schiavo..." disse. Livia sbuffò, indispettita. "Ma per favore, è solo un gioco cretino. Sono stata al gioco, tutto qui. E comunque" aggiunse, non rinunciando al piacere di dare una frecciatina, "Quel letto non ci servirà." Il gladiatore incassò, con un sorriso. "Vero. Ma ci vorrà più della tua parlantina per convincere le matrone che non sei venuta a letto con me." Livia sorrise. "Lo so. Inventerò particolari piccanti per farle morire di invidia." Damone scoppiò a ridere, divertito. "Sei la donna più strana che abbia mai conosciuto." Livia lo guardò. "Lo so."

Bambalio osservava il giardino, sperando di scorgere la figura di Livia. Che cosa aveva in mente? Di certo non di accoppiarsi con un gladiatore: la conosceva abbastanza da aver capito di che pasta era fatta. Scosse la testa, non riuscendo, nel buio della sera, a vedere nulla. No, Livia era una donna fedele, ancora innamorata del marito che... che lui le aveva strappato. Ma allora perché aveva mostrato entusiasmo nel seguire quell'uomo? Bevve lentamente, dalla sua coppa. Gettò uno sguardo al centro della sala, dove Batiato arringava qualche stupida matrona. Ridevano come galline alle sue battute, mentre la moglie Lucrezia, vicino al marito, non tratteneva un sorriso perplesso. Bambalio incupì lo sguardo: che fosse un'altra mossa di quel maledetto lanista? Era stato lui a scegliere Livia, in fondo, e perché scegliere proprio una vedova? Perché rischiare un rifiuto, quando c'erano tante matrone entusiaste? No -si convinse- Batiato l'aveva scelta consapevolmente. C'era poi da considerare il fatto che, stando a quanto la spia gli aveva riferito- Livia, molte volte, si era introdotta nella scuola. Niente di male, se non fosse passata dal retro, e con aria circospetta. C'era solo una spiegazione: Batiato la stava ricattando. Si indignò, sentendo i pugni fremere dalla voglia di picchiare. Ma si costrinse a stare calmo. D'improvviso, nel giardino sentì un rumore vide una pianta che si muoveva. Ma non c'era vento.

"Salve, dominus" lo salutò la spia, uscendo allo scoperto. Bambalio alzò un sopracciglio, per niente sorpreso. "Ti aspettavo ben prima. Ad ogni modo, voglio che trovi Livia. Devi scoprire cosa sta tramando Batiato, se la sta ricattando. Non esitare ad entrare in azione, se serve." La spia si inchinò, con un sorrisetto impudente. "Come vuoi, padrone. Ma potrei trovarla intenta in attività che...non contemplano il mio disturbo." Rispose. Bambalio avvampò, indignato. "Taci! E fai come ti dico!" esclamò. Dopo di che girò le spalle e tornò nella sala. La spia, in un balzo, era già svanita.

Livia e Damone si erano messi d'accordo sul recarsi nella sala che Batiato, in queste occasioni, metteva a disposizione. Avevano circa due ore di tempo al massimo, prima che qualcuno li venisse a cercare. Syria avrebbe distratto le guardie, permettendo a Ferunto di raggiungerli. Si trovavano quindi nella sala, aspettando che il ragazzo facesse il suo ingresso. Livia era addossata alla parete, nervosa. Le braccia conserte, batteva un piede a terra, impaziente. Damone invece era seduto sul letto, guardando alternativamente la donna e la porta. "Non temere" disse poi, "arriverà presto." Livia gli sorrise. "Speriamo. Sei certo che Syria riesca a distrarre le guardie?" chiese, tradendo una nota di ansia nella voce. Il gladiatore si alzò in piedi, venendole vicino. "Sta' tranquilla. Si è messa a nostra completa disposizione." Le disse, toccandole le braccia. Poi si ricordò delle parole della schiava, e aggrottò la fronte. "Beh, più o meno." A Livia non sfuggì il suo cambiamento di espressione. "Che vuoi dire?" chiese. "Oh, nulla. Diciamo che mi ha messo in guardia contro di te" disse, cercando di tagliare il discorso. Livia si stupì. "Contro di me?" Il gladiatore alzò le spalle. "Non si fida di quelle come te. Tutto qui." Livia lo guardò, gelida. "Quelle come me? Ovvero?" chiese, battagliera. Damone chinò il capo. "Quelle libere, credo. Ѐ convinta che tu ti stia approfittando di me." Alzò di nuovo le spalle. "Ѐ solo gelosa." Minimizzò. Livia scoppiò a ridere, una risata sincera. Se solo Damone avesse saputo della profezia che gravava su di loro, e della sua volontà di tenersi alla larga da lui! Altro che approfittarsi, lei non vedeva l'ora di andarsene! La sua risata indispettì Damone. "Che c'è da ridere?" chiese, quasi offeso. Livia scosse la testa, tornando seria. "Nulla. Puoi dire a Syria di stare tranquilla. Non ho alcuna mira su di te." Disse, distogliendo lo sguardo dal gladiatore. Non sei del tutto sincera le disse una voce, nella testa. Livia digrignò i denti. Esci dalla mia testa, sibilla del cazzo! pensò, con rabbia. Era sempre più determinata ad opporsi alla volontà degli Dei. "Peccato." Disse Damone, non perdendo il suo sorriso. "Perché io le ho eccome, su di te."

Livia non fece in tempo a rispondere che nel corridoio risuonò un urlo disumano. Trasalendo, Livia e Damone si guardarono, spaventati. "Tu resta qui" le disse il gladiatore, fermandola con un braccio. "Niente affatto!" rispose Livia, aggrappandosi al suo braccio. "Ferunto potrebbe essere in pericolo!" esclamò, sentendo il cuore quasi uscirgli dal petto. Si buttarono quindi nel corridoio. Nella piazzola che conduceva alle celle sotterranee, c'era il cadavere di Syria. Qualcuno l'aveva pugnalata al ventre, e il sangue si spargeva sul pavimento. "Syria!" esclamò Damone, gettandosi vicino alla sua amica, cercando di rianimarla. Livia si teneva una mano sulla bocca, pietrificata. Chi poteva essere stato? Quasi in risposta, vide un movimento vicino al muro. Dall'ombra uscì Ferunto, insanguinato, e con un pugnale in mano. Sembrava spaesato, perso. "Ciao, Livia" disse soltanto, prima di svenire.

Il Leone e la Lupa  #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora