Restarono a guardare il corpo di Ferunto per pochi secondi, che sembrarono interminabili. Poi Damone sputò per terra, la faccia ridotta a una maschera di rabbia. "Che Giove lo maledica! Perché l'ha uccisa?! Vi stava aiutando!" puntò lo sguardo su Livia, che era impallidita, non capendo più nulla di quella situazione. "Syria aveva ragione! Mi hai portato solo guai, da quando ti conosco!" esclamò, fuori di sé. Livia, a quelle parole, strinse i pugni, sentendo tutto il nervosismo degli ultimi giorni incanalarsi nelle vene, pronto a esplodere. "Ah si? Vogliamo parlare di guai? Chi è stato a tentare di sedurmi, un mese fa? Chi era in combutta con Batiato, perché mi potesse ricattare?" urlò, gli occhi che mandavano lampi. "Ma soprattutto..." aggiunse, la bocca stirata a un sorriso amaro: "Per colpa di chi una sibilla mi tormenta tutte le notti?" aggiunse, avvicinandosi pericolosamente, puntando l'indice contro il gladiatore. Damone, a questa ultima affermazione, assunse un'espressione confusa. "Di che parli?" chiese, perplesso. Livia scoppiò a ridere, una risata rauca ed amara: "Oh! Vuoi dirmi che non sai nulla? Bene, allora te lo dico io: una sibilla cumana, che stava qui la sera in cui hai tentato di mettermi le mani addosso, mi ha predetto che siamo destinati a sposarci. Una profezia grava su di noi." Disse, tutto d'un fiato, tanto che dovette mettersi la mano su un fianco, per riprendere a respirare con regolarità. Damone sbatté le palpebre: "Sposarci? Ma come è possibile? E perché?" chiese, dimenticando la rabbia che stava provando. Livia lo guardò. "Ѐ impossibile, infatti. E stai sicuro che questa è l'ultima volta che mi vedi. Preferirei morire, che sposarmi con te, lo giuro sul fiume Stige!" esclamò, pronunciando un voto che, per la superstizione romana, non poteva essere infranto in alcun modo. Ma nella sua testa Livia sentì una voce: piccola Lupa, mi dispiace. Il voto non è valido. La sibilla –la riconobbe immediatamente- sembrava quasi divertita. Livia avvampò, ma non disse nulla. Si inginocchiò accanto a Ferunto, assicurandosi che respirasse ancora. Esaminò il sangue che aveva sulle braccia, e si accorse solo in quel momento che il ragazzo aveva delle ferite profonde, sia sulle braccia che sulle mani. Damone la guardò, paonazzo. Non aveva ancora digerito le parole di Livia. "Neanche io mi voglio sposare, cosa credi. Non avrebbe senso. Specie con una donna viziata e capricciosa come te!" rispose, interrompendosi quando vide lo sguardo di Livia. "Che c'è?" chiese, secco. Livia gli restituì lo sguardo. "C'è che non è stato Ferunto, ad uccidere Syria. Il sangue di cui è coperto è il suo. Ѐ stato ferito dal vero colpevole."
Damone strabiliò. "Sei sicura?" La donna lo fulminò con lo sguardo. "Si, certo." Lo invitò con un cenno ad avvicinarsi. Damone, pur riluttante, si inginocchiò accanto a lei. La donna gli indicò le ferite sul corpo del ragazzo, dalle quali il sangue si era propagato tutt'intorno, macchiandogli anche la veste. "Vedi?" gli disse. "Sono tutte ferite piatte ed estramamente precise, nette. Sono state provocate sicuramente da un'arma da taglio, come appunto il pugnale." Il gladiatore annuì. "Si, hai ragione. Ma potrebbe essersele inferte da solo, per sviare i sospetti." Aggiunse, ancora scettico. Da quella distanza, poteva sentire il profumo della pelle di Livia. Era ancora arrabbiato con lei, e sconvolto per la morte di Syria. Ma quel profumo lo colpì così tanto, che fu costretto a distogliere lo sguardo. Livia, in risposta, scosse la testa. "No. Guarda la posizione delle ferite. Come avrebbe potuto procurarsele da solo? Avrebbe dovuto impugnare il pugnale in modo innaturale, slogandosi il polso." Damone, osservando meglio le ferite, piegò la bocca in una smorfia. Era abituato a maneggiare le armi, e riconobbe che quello che diceva Livia poteva essere vero. "Quindi Ferunto ha visto il vero assassino?" ragionò. La donna annuì. "Già. Molto probabilmente ha tentato di difendere Syria, ma l'assassino è riuscito comunque ad ucciderla." Livia si alzò in piedi, avvicinandosi ai muri, rimanendo in ascolto e scuotendo la testa. "Non hanno sentito nulla, dal piano di sopra. I muri sono troppo spessi, e la musica dei flautisti troppo alta. Ma presto la troveranno." Disse, additando al cadavere della ragazza. Damone annuì, tristemente. "Era così...solare. Mi voleva bene." Mormorò, con aria triste. Livia seguì il suo sguardo, facendo una smorfia. "Mi dispiace. Non avrei mai voluto che qualcuno pagasse con la vita." Fece una pausa, poi riprese a parlare. "Scopriremo chi è stato, Damone. Ti aiuterò." Il gladiatore le sorrise, accantonando i suoi sospetti su di lei. Poi chiuse con delicatezza gli occhi della schiava, mormorando una preghiera. Livia, alle sue spalle, si inginocchiò vicino a Ferunto, sentendo, con sollievo il suo respiro, seppur lieve. "Devo portarlo via di qui." Disse, sostenendo la testa del ragazzo, per cercare di farlo rinvenire. "Non posso permettere che venga incolpato. Verrebbe di sicuro ucciso." Aggiunse, stringendo i denti. "C'è un'uscita, che sia vicina?" chiese al gladiatore. Damone annuì. "Si, c'è." E senza che lei gli chiedesse nulla, si caricò Ferunto sulle spalle.
Bambalio si guardava intorno, aspettandosi di vedere Livia ricomparire da un momento all'altro. Sentiva, sulla pelle, che stava succedendo qualcosa di strano, e si sentiva nervoso. Sua moglie chiacchierava con Lucrezia e altre matrone, ridendo per qualche battuta che lui non aveva neanche sentito. "Come ti sembra la festa, Bambalio?" gli chiese Batiato, che gli si era avvicinato. Marco dissimulò il nervosismo che quell'ometto pomposo gli provocava, e si limitò a sorridere, alzando la coppa. "Devo dire che sembra ben riuscita." Disse, con tono distaccato. Il lanista provò fastidio: mai che gli desse una soddisfazione! Tuttavia sorrise anch'egli, provando a punzecchiarlo. "E che ne pensi di Livia Antonia? Una donna di rara bellezza, non trovi?" chiese, in tono neutro, sperando che Bambalio si lasciasse andare a qualche commento piccante. Ma ci voleva ben altro per ingannare Bambalio, che capì subito dove il lanista volesse andare a parare. Perciò, si limito a un sorriso di cortesia. "Si, sono d'accordo. Ѐ diventata una buona amica di mia moglie." Rispose, e Batiato non poté che incassare.
Livia e Damone erano giunti davanti al piccolo cancello che costituiva uno degli ingressi sul retro della scuola, dove di solito passavano i fornitori di vino. Damone riuscì, a fatica, ad aprirlo. Livia prese una fiaccola che era attaccata al muro e uscì nel buio. Cominciò ad agitarla, da sinistra a destra, per tre volte. Damone depositò a terra Ferunto, che stava cominciando a riprendersi. "Cosa fai?" sussurrò stupito a Livia, che rimase però in silenzio. Dopo qualche minuto, dal fitto degli alberi, in lontananza, fece la sua comparsa una luce, che si muoveva allo stesso modo: tre giri, da sinistra a destra. Livia sorrise, guardando Damone. "Chiamo rinforzi."
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Il Leone e la Lupa #Wattys2016
FanficDamone è un gladiatore della scuola di Capua. È bello, sfrontato e così abile nei combattimenti che il suo lanista, Batiato, lo ha soprannominato Leone. Livia è la figlia di Antonio Liviano, un ricco patrizio di Capua molto vicino al senato di Rom...