CAP 14. Li odio

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ETHAN'S POV

Raggiungo la stanza 251, busso e non attendo nemmeno una risposta che mi catapulto dentro.
Effettivamente realizzo solo un momento più tardi quanto fosse stato inutile il gesto di bussare, un gesto meccanico, privo di senso.

Mia sorella é lì, distesa sul lettino che dorme suppongo.
I miei occhi non doverono vagare neppure per la stanza per trovarla perché il suo é il primo corpo sul quale ci si imbatte, dal momento che è il più vicino alla porta.
L'infermiera é accanto a lei ed é intenta a sistemare la flebo.

Mi nota e il suo viso si illumina. Sembra una donna così gentile...

<<Lei deve essere il signorino Greese?
Fratello della ragazza, giusto?>>

Io annuisco appena, spostandomi a disagio.

<<Siete due gocce d'acqua>>
Commenta con decisione, come se quella fosse la sentenza emessa da un giudice.

Quindi decido di avvicinarmi e presentarmi.
Le porgo la mano.
<<Piacere, dunque. Mi chiamo Ethan>>

<<Sono Rachel, l'infermiera del dottor Skyndler>>

Mi stringe la mano e io accenno un sorriso.
La sua aria costantemente euforica non la fa neppure sembrare una trentenne.

<<Ha compilato i moduli all'entrata?>>

Mi chiede ora con discrezione, cercando di assumere un'aria severa che in realtà la rende solo più buffa.

Faccio un cenno del capo e lei si mostra sollevata.

<<La mia collega mi ha riportato che poco fa è arrivato un certo Hooper che sosteneva di essere il fratellastro della ragazza, di essere stato adottato e dunque di non sapere le malattie genetiche della famiglia...
Sinceramente credo che la mia collega non l'abbia trattato bene: se c'è una cosa che non sopporta sono le bugie>>

Forzo un sorriso e faccio un cenno con la testa che in qualche modo è finalizzato ad esprimere il mio accordo.

<<Ha passato tutta la pausa a dirmi che avrebbe di gran lunga preferito che lui confessasse di essere il ragazzo e..>>

La interrompo.

<<Brandon non è il suo ragazzo. È solo un testa di cazzo.>>

Probabilmente avevo alzato la voce perché l'infermiera, stretta nelle spalle, con una timidezza indicibile mi ha invitato gentilmente ad uscire in corridoio con lei in modo che potesse spiegarmi le condizioni di Charlotte.

Ripreso il controllo di me, decido di fare come ha detto e mi avvicino alla porta, la spalanco e mi ritrovo davanti Grace e Brandon.

I loro occhi puntati l'una sull'altro, i loro visi a pochi centimetri di distanza, le mani di lui a sfiorare le labbra di lei, quasi a giocarci.. non serve un genio per capire che se non li avessi interrotti, si sarebbero baciati.

Li odio. Li sto odiando.
Con tutto me stesso.
Lui.
Lui che scopa con mia sorella probabilmente ubriaca.
Lui che si approfitta di lei.
Lui che non si fa scrupoli al pensiero che sia la sorella del suo migliore amico.
Lui che la fa quasi morire dissanguata.

Lui che ora sta per baciare Grace.
Come se nulla fosse successo.

E Grace.
Diamine, Grace.
Come fa a non farle schifo una persona così.
Il suo migliore amico ha forse stuprato mia sorella e a lei viene voglia di baciarlo.

Dio, non ci vedo più dalla rabbia.
Respiro rumorosamente e si voltano di scatto a guardarmi.
Si allontanano l'uno dall'altra e solo ora noto che si tenevano per mano.

Li sorpasso, lasciandomi indietro l'infermiera che probabilmente si stava chiedendo il motivo di tanta tensione.

<<Ethan aspetta>>
Sento la voce di Brandon, richiamarmi.

Ma non me ne frega un cazzo.

Non me ne frega sinceramente un cazzo se Brandon vuole limonare Grace.
Se Grace vuole lui.

Forse mi importa.
Forse mi infastidisce.
Ma solo perché lui ha fatto si che charlotte sia stata ricoverata.

Se mia sorella non fosse in un fottuto ospedale probabilmente non me ne fregherebbe un cazzo.

BRANDON'S POV

Sto per baciarla e non desidero altro dal momento in cui mi ha abbracciato, mi ha cinto la vita con le gambe e ha appoggiato la sua testa sulle mie spalle.

Le accarezzavo i capelli mentre pensavo a quanto mi sarebbe piaciuto vederle il viso.

E quando finalmente mi ha guardato fisso negli occhi e ho avuto il coraggio di chiederle se si fidasse di me, mi aveva dato un bacio di poco distante dalle labbra.

Dio solo sa quanto avrei voluto che si fosse sbagliata e che avesse appoggiato le sue labbra carnose sulle mie sottili.

Poi mi aveva detto che sì, si fidava di me e, nonostante sarei voluto rimanere con lei avvinghiata su di me per sempre, la feci scendere.

Le presi la mano.
Non so perché e non so come.
Non so quale parte del cervello mi avesse ordinato di farlo ma restava il fatto che le mie dita stavano cercando le sue.

Mi è parso un gesto naturale, innocente.

Era un po' come da bambini, quando ci rotolavamo per un prato immenso e poi quando sfiniti ci fermavamo per riprendere fiato, scoppiavamo a ridere allegramente come se qualcuno avesse detto la cosa più divertente del mondo.

Eppure nessuno dei due aveva detto nulla.
Era la situazione esilarante.
Io. Lei.
Noi.

E allora la baciavo, diamine, se la baciavo.

Mi avvicinavo per darle dei bacini sulla guancia ma poi deviavo la direzione e poggiavo le mie labbra sulle sue e lei si arrabbiava.
Si arrabbiava e ridevamo ancora si piú.
Era il nostro gioco.
Ridevamo e ci baciavamo.
Piccoli baci a stampo apparentemente insignificanti che hanno scandito la mia infanzia e la sua.
Smettemmo di giocare a quel gioco solo quando a dodici anni si mise con un certo Chris.
Quando peró, una settimana dopo, lei e Chris si lasciarono, le cose non tornarono come prima: io e lei non tornammo più a baciarci per scherzo dopo aver rotolato per il prato.
Non le chiesi mai se avesse baciato quel Chris ma mi dava fastidio sapere che qualcun altro potesse aver sfiorato quelle labbra

Zitto e baciamiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora