CAP 5. Ospedale

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BRANDON'S POV

Entro nel panico e interiormente inizio a pregare ogni santo esistente.
Cazzo, non può essere svenuta.
Inciampo quasi nei miei passi e cerco di raggiungerla. Mi chino giungendo alla sua altezza. Le posiziono una mano sulla fronte e impallidisco: ha una temperatura decisamente troppo alta.

<<Charlotte>>
<<Charlotte, Dio>>
<<Porca puttana, Lottie>>

La richiamo ancora qualche volta mentre disperato la sollevo di peso per poi farla sedere sulla lavatrice. Mi tolgo velocemente la felpa premendola sui tagli in modo da bloccare la fuoriuscita del sangue.

<<Porca puttana dove cazzo sono quei due?>>

La sollevo ancora e me la trascino fino alla cucina cercando nervosamente le chiavi dell'auto.

Imprecando le recupero precipitandomi verso la mia auto. La adagio sul sedile del passeggero e cerco di avvolgerla con la mia felpa.

Sta tremando e detto sinceramente anche io. Non mi sono preoccupato di recuperare una giacca e nonostante sia novembre io me ne sto andando in giro con una maglietta a maniche corte.

Sudo freddo e continuamente le lancio qualche occhiata nella speranza che si svegli. Ho fatto la gran cazzata di lasciare il telefono nel ripiano della cucina e ora non ho idea di come fare nel caso in cui non riesco a trovare l'ospedale.

Ogni strada mi sembra fottutamente sconosciuta ed esasperato mi decido ad accostare alla ricerca di un cavolo di navigatore.
Sta perdendo una quantità infinita di sangue e non mi sono nemmeno preoccupato di rimuovere i residui del vetro.

Tremando, in preda all'ansia, cerco la più vicina fonte di soccorso.
L'aggeggio mi porta al più vicino ospedale. Credo di aver impiegato meno di cinque minuti per raggiungerlo e son certo di aver superato ogni limite di velocità consentito.

Parcheggio di fronte l'ingresso, scendo dalla macchina, chiudo la portiera velocemente e mi carico sulle spalle Charlotte.

Sotto lo sguardo curioso dei fumatori entro nell'ospedale con gli occhi lucidi.
Non credo di essere mai stato così spaventato nella mia vita.

Panico. Solo panico.
Non so come diavolo sia riuscito a guidare fino qui e non me ne capacito nemmeno. Semplicemente l'ho fatto.

Mi vengono in contro degli infermieri visibilmente preoccupati.

<<Che ha la ragazza??>>
Mi chiede una donna piuttosto bassa e grassottella, riccia. Deve essere sulla cinquantina.

<<Un taglio profon->>
Non faccio tempo a finire di parlare che un signore dal camice bianco la carica su una barella.
L'infermiera procede con il controllo dei parametri vitali mentre il dottore se ne sta fermo, tranquillissimo mentre mi osserva impassibile.
Sto recuperando fiato. Ho le mani poggiate sulle ginocchia, spostato in avanti con il fiatone. Mi sento come se avessi fatto una corsa di sette chilometri alle ore più calde del giorno.

<<Emorragia esterna venosa... Mmh ragazzo non le sembra fuori luogo portarla in ospedale?>>

Lo guardo allibito sorpreso a quelle parole.

<<È che... ha perso molto sangue ed è svenuta...io non..>>

Mi interrompe l'infermiera che, con tono preoccupato, si rivolge direttamente al dottore.

<<Ferita lacero contusa da vetro, pressione molto bassa, frequenza cardiaca leggermente più bassa del normale, emorragia esterna mista: è stata lacerata l'arteria femorale>>

Il dottore la guarda sgranando gli occhi interdetto e si affretta a rivolgersi ai medici dell'atrio.

<<Una stanza libera?>>

<<251>> risponde un infermiere che si sta avvicinando a me a grandi passi.
Il tempo di voltarmi a guardare a chi apparteneva quella voce rauca che non vedo più il dottore e la piccola signora robusta. Scomparse probabilmente al di là della porta.

<<Come si chiama la ragazza?>>
L'infermiere dell'atrio sta reggendo in mano un taccuino e una penna, pronto a registrare ogni cosa dirò.

<<Charlotte Greese, dov'è la stanza 251?>>
Mi passo una mano sui capelli visibilmente nervoso. Credo di non aver capito nulla di quello che hanno detto i medici. Non riesco realmente a capire fino a che punto è grave la situazione.

<<La signorina non può di certo ricevere visite ora...>>
Lo guardo torvo e fingo di non averlo sentito.

<<Può accompagnarmi?>>

<<L'accesso è consentito solo ai parenti stretti della famiglia>>

La sua aria da saputello mi infastidisce.

<<Sono suo fratello>>
Gli sorrido come a dire "hey amico te l'ho messa in cu-". EHM... NO, FORSE NON È IL CASO.

<<Ah. Come si chiama?>>

<<Chi?>>
Mi guardo attorno in cerca degli occhi verdi di Lottie. So che non è in questo stanzone ma ho bisogno di saperla vicina. Non posso credere che sto perdendo tempo con questo smilzo calvo.

<Lei!>>

<<Io? Brandon Hooper>>

Lo vedo scrivere tranquillamente sull'agenda per poi riportare lo sguardo su di me, stranito.
E il quel momento realizzo di aver detto una gran cazzata.

<<Mi ha detto che siete fratelli.>>

<<Lo siamo, siamo fratellastri per la precisione.>>
E qui si mettono alla prova le mie abilità nell'ambito della recitazione.

Cerco di assumere un'aria convincente e dopo qualche attimo di esitazione lo vedo annuire.

<<Quando è nata la ragazza?>>

Cazzo. Quando è nata Charlotte?

<<13 febbraio>>

<<Anno?>>

<<Ma porca puttana, i cazzi suoi.>>
In preda alla rabbia mi catapulto sul primo tizio con il camice che vedo.

<<Qual è la stanza 251?>>

<<Venga con me.>>

In assoluto silenzio mi conduce verso la stanza dove deve essere Lottie.
Non mi saluta neanche e non mi preoccupo di ringraziarlo: ora la mia completa attenzione è a lei.

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Zitto e baciamiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora