Capitolo 25- Serata in discoteca

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Federica

Dal piano di sopra riuscì a scorgere la testa sbarazzina del moro. Scesi le scale silenziosamente e arrivatagli alle spalle urlai.
-Boo!-
Il ragazzo sussultò sul divano, mettendosi in piedi di scatto e voltandosi per fissarmi negli occhi. Stava per farmi una predica quando, improvvisamente, rimase a bocca asciutta. Cercava di parlare, ma dalla sua bocca uscirono solamente dei suoni che sembravano più versi che parole.
-Che? Il gatto ti ha mangiato la lingua?- dissi ridendo leggermente imbarazzata.
-N-no... È... È che sei stupenda.- disse come se si fosse appena svegliato da un piacevole sogno.
In quel momento sentì le guance avvampare e, anche solo con il piccolo top bianco addosso, sentii caldo.
-Sei perfetta.- disse lui come se si stesso liberando da un enorme peso.
-Come mai queste entrate di scena amore?- azzardai per interrompere l'imbarazzante silenzio che si era creato nella stanza in quel momento.
-Perché se non te lo ricordo io, tu ti dimentichi di quanto sei bella.-
Senza accorgermene, mi ritrovai la sua bocca davanti agli occhi. Si allargò in un immenso sorriso e poi si abbassò al livello della mia, dove si unirono in casto e limpido bacio. Quando allontanò le sue labbra paradisiache dalle mie, mi mancò il respiro. Mi prese per mano e ci incamminammo verso la porta. Mi chiusi la porta alle spalle ed entrammo in macchina. Mi misi alla guida e accesi la radio. Delle dolci note uscirono dagli altoparlanti e subito riconobbi la melodia di Stitches. Premetti il piede sull'acceleratore e, canticchiando il ritornello della canzone nella mia testa, seguii le indicazioni che mi dava Lorenzo per arrivare in discoteca.
-Siamo arrivati.- annunciò quando giungemmo davanti ad un palazzo abbastanza moderno con un insegna luminosa con il nome Lamborghini. Scendemmo dall'auto blu notte ed entrammo nell'edificio.
Le mie orecchie furono subito invase dal volume troppo alto della musica e le mie narici dalla puzza di alcool e fumo che aleggiava nella stanza.
Trovammo un tavolino libero in un angolo remoto della grande sala. Solo io e lui. I suoi occhi color nocciola sembravano luccicare sotto le luci colorate della discoteca e la sua carnagione pallida era, in quell'istante, di un azzurro polvere a causa della luce. Sembrava una creatura divina.
Ad un certo punto si alzò in piedi e mi porse una mano.
-Balliamo?- mi domandò sorridente.
Io annuì con un cenno del capo e mi tirò in pista. Dopo vari balli scatenati, partì un lento. Lorenzo mi prese per i fianchi facendo aderire i nostri bacini e io gli misi le braccia al collo. Aveva una presa salda su di me e la sua chioma ribelle mi sfiorava la guancia e la sua testa era adagiata nell'incavo del mio collo. Avrei potuto viverci in quell'abbraccio. Due cuori legati, stretti tra loro in una calda morsa.
Quando la canzone finì, Lorenzo tornò al tavolino e io mi avvicinai al piano bar per prendere da bere.
-Cosa posso portarle signorina?- disse il cameriere dalla ribelle chioma rossa avvicinandosi a me.
-Una birra e un Margarita.-
Il barista annuì e, non appena si allontanò per preparare il mio cocktail, mi si avvicinò un uomo che avrebbe potuto avere all'incirca una quarantina d'anni decisamente ubriaco fradicio. Mi si stava avvicinando pericolosamente e, prima che potessi bloccarlo, ritrovai una delle sue mani sudaticce sulla mia spalla scoperta. Piano piano quella mano scese giù per la schiena, seguendo col dito la linea sporgente della colonna vertebrale. Proprio nell'istante in cui stava per mettermi una mano sul culo, arrivò il cameriere con il Margarita e la birra e mi allontanai di scatto per tornare al tavolo da Lorenzo. L'uomo mi segui con lo sguardo finché non mi sedetti di fronte al ragazzo bruno. Una lieve scarica di paura, mi percorresse la schiena. Lasciai perdere l'accaduto e tornai a concentrarmi sulla serata con Lorenzo.
-Ehy bellissima.- mi disse mentre gli porgevo la scura bottiglia di birra.
Sorrisi di corrispondenza.

Lorenzo

Dopo pochi minuti si alzò in piedi e, indicando la porta della toilette col capo, vi si avvicinò. La vidi sparire dietro la porta scura e tornai a concentrarmi su un gruppo di ragazzi e ragazze che ballavano in maniera scatenata.
In quel momento però un urlo squarciò il volume della musica. Mi misi di scatto in piedi, guardandomi intorno per capire chi avesse urlato. Nel frattempo il DJ aveva fermato la musica e chi era in pista aveva smesso di ballare.
Quando il mio sguardo cadde sulla porta del bagno, capii tutto. Mi ci fiondai e potei subito notare delle tracce rosso scuro lungo il pavimento di parquet chiaro che continuavano fino all'uscita sul retro.
Aprii la porta. Dava su un piccolo e stretto vicolo. Dei lievi urli provenivano da un angolo. Vidi l'alta figura di un uomo massiccio di spalle e una figura longilinea distesa, esanime, per terra.
Mi avvicinai furtivamente alla figura che mi dava le spalle e, quando le fui abbastanza vicino, portai le mie esili braccia al suo collo. L'uomo si dimenava sotto la forza della mia presa. Quando smise di dimenarsi, lo lasciai accasciare sul gelido suolo. Era ancora vivo.
Fede, ancora svenuta, era lì sul cemento freddo e umido. Presi il telefono e chiamai all'istante il 118.
-Pronto?-
-Scusate la mia ragazza è stata violentata. Ed ora è svenuta e non si sveglia!- esclamai.
-Ditemi dove siete.-
-Alla discoteca Lamborghini. A Bari.-
-Stia tranquillo. Arriverà un'ambulanza tra 5 minuti.-
-Grazie!-
Chiamai anche i carabinieri. Quel maledetto pervertito doveva andare in prigione.
-Pronto? Cosa succede?-
-La mia ragazza è stata violentata. Io sono riuscito a tramortire l'aggressore, ed ora è qui svenuto.-
-Dove si trova signor...-
-Ostuni. Alla discoteca Lamborghini in un vicolo.-
-Va bene signor Ostuni. Arriviamo.-
Proprio mentre chiudevo la chiamata con i carabinieri, le sirene dell'ambulanza si fecero udire in lontananza e in pochi secondi furono davanti a noi.
Dall'auto scesero come furie due paramedici con una barella. Mentre uno posizionava il corpo di Fede su quella barella, l'altro mi si avvicinò e mi fece qualche domanda.
-Da quanto sta così?-
-Non più di dieci minuti.-
-Ha già avvisato i carabinieri?-
-Si. Stanno per arrivare.-
-Sa dirmi esattamente cos'è successo?-
-Eravamo dentro e Fede mi aveva detto che stava andando in bagno. E quando ho visto che dopo un quarto d'ora non usciva, ho deciso di andare a controllare, però proprio in quel preciso momento, qualcuno ha urlato. Poi ho capito che era Fede e mi sono avvicinato alle porte dei bagni. Sul pavimento c'era una scia di sangue che portava nel vicolo sul retro. Una volta uscito, ho visto Fede stesa esanime per terra e l'uomo di fronte a lei. Mi sono avvicinato di soppiatto e l'ho tramortito.-
-Grazie signor Ostuni. È tutto. Può andare in ospedale con la sua ragazza.-
-Grazie.-
-Qualsiasi cosa si ricordi non esiti a chiamarmi.-
-Senza dubbio agente.-
Mi allontanai e salì sull'ambulanza. Fede era in dormiveglia: gli occhi leggermente aperti, la bocca schiusa. Le strinsi la mano e lei rispose al gesto. La sua stretta era debole, ma io la tenni salda a me per farle capire che non l'avrei mai lasciata sola come lei aveva fatto con me.

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