IV

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Nuvoloni neri sostavano sopra al cielo scuro di New York, erano quelli che procuravano la pioggia, pensò Maya.
Alzò la testa e tante piccole goccioline fredde si scontrarono sul suo viso mentre nei suoi occhi si rifletteva il cielo. Aveva appurato che pioveva ancora.
La ragazza aumentò il passo, impaziente di arrivare a casa per sbocconcellare qualcosa. Stava cominciando a rimpiangere i creaker di Josh.

Aveva fame, tanta fame. Maya sperò che sua madre avesse comprato qualcosa.
Si inoltrò per i vicoli più malfamati di New York, l'unico modo per raggiungere il suo appartamento: per terra si poteva trovare qualunque cosa, sigarette, bottiglie di alcolici, topi talmente grandi da sembrare gatti (abito a venezia. so che significa), barboni a non finire e spazzatura ovunque.

Il fabbricato fatto quasi completamente di calcinacci era alla fine di una strada che odorava di vino inacidito e Dio sa solo di che altro. I mattoni rossi e sbriciolati ricoprivano la facciata. Maya spinse la porta, in assenza di serratura e salì le scale in velocità. Spesso si sentivano rumori poco rassicuranti provenire dalle camere.

Una volta in quel palazzo c'era addiritura l'ascensore. Ma ora giaceva con le porte aperte e fracassato dalla furia dei suoi genitori. Erano stati loro, in una delle loro litigate più violente, a distruggere la casa. Si erano tirati addosso qualsiasi cosa: sedie, piatti, posate e mobili. Il padre di Maya ci aveva rimesso un occhio.
Quelle litigate l'avevano cambiata molto, anche di aspetto fisico: aveva una cicatrice molto ampia, lungo tutta la gamba destra. Quello per loro, che una volta era amore, si era tramutato in odio, perchè quei due l'avevano rovinata.
La porta aveva miracolosamente la serratura perciò la bionda recuperò una chiave arrugginita dalla tasca e aprì. Il familiare odore viziato le inondò le narici. Evidentemente sua madre non aveva preparato nulla.
Maya si diresse nella camera del suo unico parente e bussò.
La donna era a letto, come al solito, pallida più che mai e bianca come un cadavere.
-"Ehi mamma" sussurrò la ragazza. Davanti alla propria madre gli occhi di Maya avevano un cedimento. Fuori, poteva odiarla tantissimo ma quando si trovava di fronte a lei le voleva bene, un bene dell'anima che la spingeva ad andare avanti.
-"Bambina mia" la salutò Katy.
-"Come va oggi?" le chiese la figlia.
-"Il solito, domani andrò a fare la spesa." Diceva così ogni giorno, e ogni giorno non si alzava perchè i ricordi le bruciavano dentro.
E Maya all'inizio ci credeva, convinta che tutto potesse tornare alla normalità ma, giorno dopo giorno, anno dopo anno anche le speranze più forti svaniscono.
Katy sopravviveva solamente grazie alla figlia, che le portava il cibo e l'acqua.
-"Hai un po' di soldi, così vado a prendere da mangiare?" domandò la ragazza, che si sentiva responsabile di tutto cio che le accadeva intorno.
-"Nella solita scatola" rispose con un filo di voce. Maya si avviò verso l'armadio e prese il piccolo contenitore che teneva tutti u risparmi della madre. Notò con orrore che dopo aver preso i soldi per il pranzo erano rimasti solo 20 dollari.
Presto avrebbe dovuto cercare un lavoro.
La ragazza si diresse verso l'antico mini market del quartiere. Le vecchie porte si aprirono scricchiolando. All'interno non c'era nessuno. Maya pensò di rubare ciò di cui aveva bisogno. Prese una scatoletta di mais e un tozzo di pane.
Poi buttò un occhio anche intorno a sè e vide delle bottiglie d'acqua. Acqua vera, non quella del rubinetto calda e schifosa.
Recuperò anche un sapone con il quale si sarebbe potuta lavare.
Poi Maya uscì frettolosamente dal piccolo negozio. Ecco, adesso ti farò sentire in colpa, le disse la sua voce interiore.
Questo mondo non aspetterà nè me nè loro. Il pesce grosso mangia quello piccolo. È la vita, concluse la ragazza e tornò a concentrarsi sulla strada.

Arrivata a casa aprì la scatoletta di mais e mangiò un po' di quello con il tozzo di pane. Il rimanente lo portò a sua madre, gia che era in camera ripose i soldi nella scatola e andò in bagno per farsi una doccia.

L'acqua fredda le scorreva sulle spalle, portando via la sporcizia di quasi una settimana. Bagnò i capelli, si lavò il corpo e uscì dal box.
Si stese sul letto con solo un asciugamano addosso e guardò l'ora.
Le 2.30, Maya non ricordava a che ora era la punizione. Un brivido le attraversò la spina dorsale, uno spiffero di vento gelido arrivò nella stanza.
Decise di vestirsi e uscire, solo per andare un po' al parco dove sapeva che avrebbe trovato Brian.
Passò ler il bagno e si mise i vechi trucchi di sua madre: matita nera sotto gli occhi e il mascara sulle ciglia. Per la prima volta mise il fondotinta sulle guancie per nascondere le lentiggini.
Poi prese il telefono e le cuffie ed uscì.

bewitched space
è un po' che non aggiorno ma sarei felice se voi commentaste. il prossimo capitolo è una bomba

eleo🍦💞🎶

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