XVI

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Lucas aspettò pazientemente che Maya uscisse dalla tenda, ed aspettò per quasi un ora, seduto per terra.
Quando la stoffa si aprì uscì una ragazza completamente diversa da quella che era entrata.
Aveva lo sguardo più convinto.
Forse accentuato dai capelli blu scuro che le incorniciavano il volto serio.
Sembrava anche più grande.
-"maya?" fece il ragazzo incerto.
La ragazza annuì.
Poi si gettò nelle sue braccia, a piangere disperata.
-"io.. io ne ho fatta un'altra delle mie. ho fatto un'altra cazzata" disse piangendo.
-"non è niente vero.."
-"lo pensi davvero?" domandò alzando lo sguardo affranto.
-"si. sei bellissima così" sorrise Lucas spostando una ciocca di capelli color del mare dal viso terreo di Maya.
-"grazie.. mi porti a casa per piacere?" chiese umilmente la ragazza.
Il biondo annuì, mettendole un braccio intorno alle spalle sottili e tirandola verso di sé.
La vita notturna di New York continuava, mentre loro se ne andavano e rientravano nella città.

Maya si accarezzava guardando con interesse i suoi capelli così diversi.
Erano blu.
La ragazza prese il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans e rimase scioccata dall'ora.
Un grande tre campeggiava sulla schermata di blocco.
-"lucas guarda. sono le tre!" disse al suo accompagnatore.
-"domani non ci aspettano a scuola" rise lui.
Entrambi non erano proprio sobri, quindi la risata si propagò da Lucas a Maya e di nuovo il contrario.
La fermata della metropolitana era proprio dall'altra parte della strada.
-"la Central?" chiese il texano prendendo un braccio di Maya e trasportandola in mezzo alla strada, di corsa, poi, sempre di corsa giù dalle scale e il vento soffocante e caldo li investì. Si sedettero sulle panchine sporche aspettarono che il treno sbucasse dal buio della galleria. 

Le carrozze della metro erano praticamente e quasi totalmente vuote, a parte qualche vagabondo in preda ai fumi dell'alcool. 

I due ragazzi salirono sulla prima carrozza, completamente priva di persone. La luce fredda dei neon illuminava lo spazio ancor più freddo. 
Maya e Lucas stavano in silenzio ad ascoltare il frastuono del vento contro i finestrini mezzi aperti. 

Erano entrambi molto confusi da quella serata, il biondo si ricordava appena dove abitava.

Circa.

-"ehi.. ma io devo scendere qui" borbottò il ragazzo mentre il treno si fermava.

Maya guardò l'orologio sul telefono e disse a Lucas che erano le tre del mattino.

-"domani non ti aspetta scuola" lo salutò, poggiando un bacio sulla sua guancia. Lui sorrise e scese salutando Maya con la mano. 

Poi infilò le cuffie e si perse, a pensare a che avrebbe potuto dire a Riley, quando l'avrebbe vista con i capelli blu. 

Mentre ascoltava continuava ad attorcigliare una ciocca color mare intorno a un dito, con gli occhi chiusi, aspettando che la voce robotica degli autoparlanti annunciasse la sua fermata. 

Quando fu fuori, sotto le stelle, corse più velocemente possibile, sperando di non inconrare nessuno di pericoloso, a quell'ora del mattino. 
Una volta aveva letto un libro e una frase l'aveva colpita particolarmente: "è così tardi che è quasi presto" (chi riconosce merita un nobel). E trovò che si addicesse molto al momento che stava vivendo. 
Entò in casa che erano quasi le tre e tre quarti, si tolse i tacchi scomodi e i vestiti, poi si mise sotto le coperte solamente in biancheria, i capelli blu sparsi sul cuscino, mentre un sonno profondo la portava via.

Maya non sognò nulla quella notte: dopo tanto, tantissimo tempo, riuscì ad avere un sonno non tormentato da demoni della sua infanzia sfortunata. Ogni mattina lei diceva che era solo passato, niente più. Ma è il passato quello che la spaventava di più, il fatto di non potersi liberare dei ricrdi e che l'avrebbero accompagnata per sempre, facendole avere incubi ovunque. 

La bionda si risvegliò la mattina dopo con una fame incredibile e un mal di testa da primato. Lasciò il letto caldo per mettere i piedi direttamente nella scarpe e vestirsi mentre il la temperatura mattutina si abbassava sempre di più, significando che l'inverno stava lentamente arrivando. 

Prese dal suo armadio scarno dei semplici jeans e una maglia lunga, quindi si recò in cucina dove aprì il frigo. Era vuoto. 

La biondina sentì un moto di delusione, non che si aspettasse di trovarlo pieno di qualcosa, ma quel nulla la fece sentire ancora più sola di quello che era già. L'odio per la disperazione stava riemergendo dal suo animo tormentato. 
Si fece coraggio e prese un respiro profondo, legò i capelli in un chignon disordinato ed uscì di casa, con la il cellulare in mano. 

Guardò l'ora sullo schermo e la foto sullo sfondo la fece sorridere, comunque erano le dodici e ventiquattro, ecco perché aveva fame. Mandò un messaggio a Lucas, dicendo che l'avrebbe aspettato da Starbucks dove avrebbero potuto mangiare chiaccherando.

Lui rispose un pochino dopo, scrivendo che sarebbe stato nel locale del centro entro 16 minuti. 

Maya cominciò a camminare verso il centro, cioè verso l'Empire State Building. Sarebbe stata una lunga camminata. Il mal di testa le martellava la fronte, sempre più forte mentre i postumi della sbornia sio facevano sentire. 

"devo ricordarmi di non bere più." si raccomandò quando un crampo le assalì lo stomaco e si dovette appoggiare ad un muro per sostenersi. 

Guardò la strada piena di gente e riprese a camminare, pensando al super frullato che le avrebbe offerto Lucas arrivata da Starbucks.

bewitched space
mai visto nulla più schifoso.
sorratemy
il ragazzo che mi piace mi ha finalmente detto una canzone stupenda. mi piace ancora di più
eleo

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