Un dono per il Principe

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"Cesare Pallante, Lavinia Fabiani, benvenuti" li salutò il Principe dopo essersi schiarito appena la voce.

Nel frattempo da una porticina secondaria era comparso suo figlio Fedro, seguito a ruota da una coppia di cagnolini di piccola taglia che lo superarono con le loro zampette tozze, per andare ad accucciarsi su un cuscino ai piedi del Principe.

"Ah, Fedro, figliolo" disse, come se non si aspettasse il suo arrivo. Lavinia ovviamente era certa che anche lui fosse previsto dal principio. Si trattenne con tutte le sue forze dall'alzare gli occhi al cielo e anzi li piantò a terra e iniziò a studiare con fin troppa solerzia le piastrelle di marmo del pavimento: a un certo punto sentì la voce di Cesare chiamarla: "...vero, Lavinia?" Alzò il capo di scatto, interrogativa.

"Siamo addolorati per l'episodio di ieri sera, giusto?" le ripeté, con una certa impazienza.

"Sì, sì, assolutamente. Non riesco a dire quanto sono addolorata" rispose guardando alternativamente Cesare e il Principe, che parve soddisfatto. Per un istante Lavinia pensò che sarebbe stato tutto lì; ma Fedro si intromise.

"E per cosa sareste addolorata, donna Lavinia?" la incalzò. Lavinia strinse per un momento la mascella, pensando che avrebbe volentieri lapidato quel borioso.

"Per l'interpretazione che avete dato a un'innocente compravendita" disse, cercando di essere più diplomatica possibile, senza per questo mentire.

"Purtroppo come sapete io e i miei fratelli non abbiamo entrate fisse, e dobbiamo fare affidamento sul miglior offerente per piazzare subito ciò che troviamo. Tuttavia ho gestito in autonomia questo scambio, per cui mi scuso di non avervi fatto giungere la notizia dell'offerta dei Pallante prima di procedere alla vendita."

"Già, siamo molto dispiaciuti di non poter vantare il possesso di una così bella opera" ammise il Principe, e suo figlio annuì: "Sì, una gran bella opera" ripeté.

Lavinia si chiese come potevano dire una cosa del genere del suo colosso, dopo averlo lapidato senza pietà. Ma Cesare stava già parlando.

"Sono sicuro che dovrete riconoscere la buona volontà della mia famiglia, e la nostra estraneità alle accuse... se vorrete accettare in dono il colosso che i fratelli Fabiani ci hanno venduto".

Fedro si accovacciò accanto ai cani, trattenendosi a far loro qualche carezza, mentre Lavinia avrebbe voluto ammazzare tutti e tre: cosa significava, ora, l'offerta di Cesare? Strinse i pugni fino a sentirsi le unghie graffiare la carne mentre il Principe rispondeva, con il tono sorpreso di un attore consumato:

"Oh, sarebbe veramente un gesto generoso, un grande servizio alla città!"

"Allora non appena avremo riparato ai piccoli danni che purtroppo sono occorsi ieri, ve la faremo giungere".

"Donna Lavinia, cosa c'è, non siete d'accordo con l'offerta dei Pallante?" la punzecchiò Fedro.

"Non ho alcuna voce in capitolo" si affrettò a dire Lavinia, combattendo contro il groviglio che le si era fatto in gola.

"Se l'aveste avuta, che avreste detto?" continuò Fedro, imperterrito.

"Che non avrei potuto avere un'idea migliore" mentì Lavinia, sentendosi umiliata oltre ogni dire.

Il Principe si lasciò sfuggire una risatina, e a quel suono i cagnolini iniziarono ad abbaiare fastidiosamente.

"L'umiltà è una dote così rara in una donna, di questi tempi" commentò Fedro, rivolgendole un sorriso compiaciuto.

"Lavinia è una donna straordinaria, signori" convenne Cesare Pallante, e questa volta Lavinia alzò veramente gli occhi al cielo.

"Modesta, soprattutto!" convenne Fedro, cui non era sfuggito il suo gesto.

"E talentuosa. Siamo tutti sicuri che ci riserva ancora molte sorprese." Rincarò Cesare guardandola come si guarda un trofeo.

"Avete tutti un concetto di me troppo alto, vi ringrazio" borbottò Lavinia, sperando che quella pagliacciata finisse presto. Perché Cesare non l'aveva avvisata di cosa voleva fare? Perché l'aveva portata lì? Il Principe, Fedro e Cesare scambiarono ancora qualche parola, poi finalmente poterono prendere congedo.

Lavinia avrebbe voluto andarsene a piedi, ma Cesare insistette per riportarla a Porta del Falco. Quando furono in carrozza lui fece per coprirsi di nuovo gli occhi col cappello, ma lei non aveva più pazienza. Allungò la mano e gli afferrò il cappello, gettandolo ai suoi piedi con rabbia. Cesare reagì rivolgendole un'occhiata perplessa.

"Dovresti vergognarti" gli disse Lavinia, incapace di trattenere oltre la rabbia.

"No, non penso" rispose Cesare senza fare una piega.

"I Poccolani distruggeranno quella statua! Non ti tocca nemmeno un po'? Nemmeno dopo avermi dato ottomila soldi per quel marmo vecchio?"

"No, non mi tocca nemmeno un po'" le rispose lui mantenendo un tono pacato. "E non dovrebbe toccare nemmeno te. Ormai l'hai venduta, il tuo guadagno l'hai avuto, perché dovrebbe interessarti? Se ci avessi tenuto, te la saresti tenuta dal principio."

Lavinia sbuffò, distogliendo lo sguardo per evitare che lui vedesse la lacrima che le era sgorgata dall'occhio destro, nonostante si stesse costringendo a non piangere. Cesare si piegò a raccogliere il proprio cappello.

"Che fai?" le chiese, quando ebbe notato i suoi occhi lucidi. "Non vorrai mica piangere?"

"No, tranquillo. Sono solo furibonda." Replicò Lavinia con uno scatto.

"Bene, perché non sopporto le donne che piangono" disse Cesare mettendosi più comodo. Lavinia sbuffò ancora una, due, tre volte. Poi incrociò le braccia e pregò ardentemente che il viaggio durasse poco.


A grande richiesta, ecco i carlini di Fedro Poccolani! XD

A grande richiesta, ecco i carlini di Fedro Poccolani! XD

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Amor oblita - Di congiure e catacombeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora