Giocare al nobile

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Un domestico la accompagnò lungo il giardino, che dopo lo spostamento della statua sembrava un triste giardinetto come un altro, con le sue siepi ed aiuole variopinte, l'erba ancora spettinata e schiacciata lì dove la base di pietra era stata ospitata per così poco tempo. Salirono al primo piano, e Lavinia fu lasciata ad attendere il giovane erede dei Pallante in un salottino. Dal momento che aveva richiesto espressamente d'essere lasciata sola con lui, Cesare si richiuse la porta alle spalle congedando il famiglio che lo aveva accompagnato. Si volse a guardarla, sorridente. Era felice di vederla? Aveva un'idea di cosa era successo poco prima? Forse no, ma di certo lo intuì quando si diede il tempo di guardarla più attentamente.

"Lavinia..." disse solo, a mezza voce, mentre lei già lo caricava: sollevò entrambe le mani e, prendendolo alla sprovvista con quella veemenza, riuscì a schiaffeggiarlo buttandosi contro di lui con tanta forza da farlo indietreggiare.

"Mascalzone!" lo insultò tra i denti, trattenendosi dal gridare perché nessuno accorresse a vedere cosa accadesse. "Farabutto! Non ti vergogni nemmeno un po'...!" Al pensiero della lista, del giovane Ricciardino in pericolo, della sua statua lapidata e poi regalata alla sua fine, si alternava in modo tutt'altro che rilassante l'immagine della donna con l'idolo, la voce di Cesare che diceva "la donna più bella di Amor"... il che la fece infuriare ancora di più, come se non bastasse.

"Lavinia! Che cosa stai facendo?" esclamò Cesare, non dopo essersi preso un altro paio di schiaffi. Una volta che le ebbe afferrato entrambe le mani, riuscì a indurla finalmente, senza neanche troppa delicatezza, a più miti consigli.

"Lasciami!" esclamò Lavinia, cercando di assestargli un calcio, abbastanza alla cieca. Gli sfiorò una gamba, ma lui schivò il successivo colpo meglio indirizzato.

"Sai quante frustate ci sono per chi alza le mani su un nobile, Lavinia?" capitolò Cesare dopo averla allontanata da sé. Si affrettò a porre fra di loro una poltroncina con la seduta damascata, e rimase in attesa di una risposta, ancora scioccato dal comportamento di lei.

"E così ora vorresti farmi anche frustare!" scattò Lavinia, furibonda. Gli occhi di Cesare brillavano di qualcosa che non era divertimento, e lei credette fosse indignazione. "È divertente giocare al nobile, eh? Ti sei dimenticato che comporta anche dei doveri?" lo incalzò, furiosa.

"Non ho mai mancato ai miei doveri. E se anche fosse, non dovresti essere tu il giudice, Lavinia. Cominci a dimenticare un po' troppo spesso qual è il tuo posto" le rispose, minaccioso.

"Quale posto? L'altare per la vittima? È quello il posto che volete per me, signore?" sputò Lavinia, disgustata.

"Continuo a non capire di cosa parli."

"Prima Settimo, ora Ricciardino Artemisia... sì, è stato arrestato poco fa! Non gli hanno nemmeno dato il tempo di ripulirsi, lo hanno portato via con il camice ancora sporco di vernici! E questa volta non è un innocente, ma un colpevole che tu hai coinvolto, e che stai per sacrificare alla tua insensata ambizione! Cosa ti manca? Potere? Denaro? Donne? Cos'è che non hai già a sazietà, che ti spinge a congiurare con gli artisti? Cosa ti spinge a mettere in pericolo anche me che non c'entro nulla?"

Lavinia dovette fermarsi per prendere fiato, e guardando il volto impassibile di Cesare le passò anche la voglia di picchiarlo.

"Adesso tu andrai dai tuoi amici congiurati e gli dirai che non si farà nessun imperatore. E qualora Ricciardino dovesse confessare, sarà meglio che siano già partiti tutti per qualche lido lontano."

"E così ora sai come si fa a risolvere una congiura. Un battito di mani ed è tutto concluso, secondo te?" indagò Cesare, sedendosi sulla poltrona dietro a cui pochi momenti prima si era quasi nascosto, accavallando le gambe. Quel gesto era estremamente strafottente: sedersi al cospetto di una donna, fra l'altro con tanta comodità, era un'aperta dichiarazione di disprezzo nei suoi confronti. Non che Lavinia avesse bisogno di un'ulteriore conferma, dal momento che di certo Cesare l'aveva considerata fino a quel momento una pedina sacrificabile. Ricordò la sua mano stretta in quelle di lui, il suo baciamano che le aveva tagliato il fiato, e si sentì una stupida. Per Cesare lei non era altro che un bizzarro esemplare di femmina, qualcosa di insolito come una scimmietta d'oltremare da far danzare a suo piacimento.

"Qualunque cosa ci sia da fare, puoi farla da solo. Io non voglio più sentir parlare di te. Non considerarmi più per i tuoi prossimi acquisti: a costo di andare in rovina, non ti venderò nemmeno un'acciuga, a te e ai tuoi amici congiurati. Potete andare tutti alla malora."

Fece per allontanarsi, ma Cesare le ordinò di fermarsi. Lavinia inspirò a fondo e riprese a camminare, forzandosi a ignorarlo: non gli doveva alcuna obbedienza.

"Donna Lavinia, non è che non voglia fare come chiedi, è solo che io non ho alcun legame con ciò che insisti ad imputarmi. Per cui è inutile tutto questo tuo strepitare... Mi ricordi quegli adorabili cagnolini che si porta appresso Fedro Poccolani" le rispose Cesare, terminando con una risatina. Essere paragonata a un cane non la fece affatto contenta: anche quella era una mancanza di rispetto che proprio non meritava.

"State attento, signore, perché la mia pazienza ha una fine e voi state offendendo una donna con un onore" esclamò voltandosi, rossa in viso.

Lui scoppiò a ridere ancora più forte: "Certo, e da chi vorresti che fosse difeso, questo tuo onore? Da Fabrizio? Con un raschietto, magari. O da Antonino?" fece una pausa, probabilmente per godersi la faccia di Lavinia. "Forse il tuo onore sarebbe più al sicuro se ti affidassi alle preghiere di tua cognata..." aggiunse con spietato sarcasmo.

"Non resterò qui a sentirmi insultare!"

"Tornerai". Questo era il colmo. Lavinia si sentì percorrere da un fremito.

"Non credo proprio" disse fra i denti.

"Io dico di sì. E sai perché lo farai, donna Lavinia? Perché anche io sono stato invitato a presentarmi, per partecipare a questa congiura. E non sono mai andato. Cosa hai da dire ora?"

Lavinia si sentì morire. Pensò ancora una volta al baciamano, alla collana, al ritratto della donna più bella di Amor. Pensò alla sua statua, all'incontro con il Principe. Ai pettegolezzi che la volevano a scaldare il letto di Cesare. Si sforzò di non credergli.

"Non tornerò" dichiarò, orgogliosa.




Zan zan zaaaaan! Che ne pensate di questo capitolo?? *_* 

Mi sono divertita molto a descrivere la zuffa e il battibecco fra Lavinia e Cesare! Lui ha un modo di fare odioso, vero? *_* Ma anche Lavinia combina casini solo pensando...! Come farà adesso che ha chiuso con il suo patrono?

Lavinia nella testa di Cesare:

XD Scusatemi non ce l'ho fatta a resistere

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XD Scusatemi non ce l'ho fatta a resistere. 

Amor oblita - Di congiure e catacombeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora