Le virtù imperiali

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"La porta è questa... ma come facciamo a entrare?" domandò Antonino, scrutando nervoso le finestre buie.

"Bussando, è naturale" rispose Cesare con disinvoltura, avvicinandosi alla porta e battendo alcuni colpi. Con una lentezza sfibrante, un lumino si aggirò al piano superiore e poi iniziò a illuminare le scale oltre la finestra del pianterreno.

"Chi è là?" domandò un uomo schiudendo appena la porta.

"Mi dispiace per l'orario, ma dobbiamo prendere un po' di vino in cantina" rispose Cesare, e con enorme sorpresa di Antonino, l'uomo si affrettò a far loro spazio per entrare. Richiusa la porta, spostò un tappeto con il piede, rivelando una botola. La aprì e offrì loro la sua lucerna: sotto avrebbero trovato delle torce. Cesare fece un cenno in segno di ringraziamento e spinse Antonino avanti, richiudendo la botola alle proprie spalle.

"Come hai fatto...?" domandò Antonino, tremando come una foglia.

"I vantaggi di essere invitati a partecipare a una congiura..." rispose Cesare con modestia distratta. "Bene, ora dove si va?" domandò, guardandosi intorno. C'erano solo botti e sacchi, nulla che sembrasse assomigliare a un luogo di ritrovo per congiurati. Trovarono un secchio di pece in cui erano immerse alcune torce, e Cesare ne accese una accostandola alla fiamma della lucerna, mentre Antonino gironzolava qua e là. Il Fabiani stava per arrendersi, quando si accorse della tenda che nascondeva il passaggio.

"Mi sa che la via è di qua" disse, facendo cenno a Cesare di avvicinarsi. Dalla gola buia saliva una leggera corrente, oltre che uno strano odore sgradevole.

"Sarà meglio che anche tu tenga una torcia, potrebbe essere parecchio buio là sotto. Hai idea di cosa potremmo aspettarci?"

"Non ho ancora la scienza infusa, ma ci sto lavorando" rispose Antonino amareggiato, mentre Cesare gli passava una torcia. "Voi, piuttosto, quale sarebbe il vostro programma?"

"Raggiungere Lavinia e darcela a gambe con lei, ovviamente, prima che succeda qualcosa di grave a uno di noi" rispose, sintetico.

"Perché invece aspettare che Lavinia uscisse di qui sulle sue gambe non poteva funzionare, vero?" Borbottò mentre iniziavano a scendere. "Avete un'opinione un po' troppo bassa di mia sorella, mi sa... probabilmente è lì che sta bacchettando tutti e domani ci sarà una fila di congiurati che vogliono consegnarsi al Principe" blaterò nervosamente, anche se giunto ai piedi della scala tacque.

"Al contrario, Antonino, io credo che tua sorella sia fin troppo intraprendente, per questo credo sia degno di un uomo che voglia dirsi tale andare a prenderla e salvarla da se stessa prima che la facciano Imperatrice... Buon Dio, che cos'è questo fetore?" esclamò Cesare col fiato mozzo.

"Vi aspettavate profumo di rose in una catacomba?" replicò Antonino guardandosi intorno, la manica del farsetto premuta sul naso per non sentire l'odore nauseabondo.

"E tu e Fabrizio avete lasciato che vostra sorella passeggiasse in un posto del genere! Lascia che te lo dica, siete dei fratelli di merda" dichiarò Cesare seguendolo mentre procedevano alla cieca in quello che sembrava un freddo corridoio costellato di ossa umane.

"Facile essere un fratello perfetto quando vostra sorella Candice si occupa solo di nastri e merletti, eh?" borbottò Antonino, offeso. "Altro che partite a dadi e grasse risate..." soggiunse amaro, ma qualcosa lo aveva distratto e smise di parlare. Si fermò, si guardò intorno pensoso e poi si avvicinò meglio a una parete, scostando delicatamente con un piede alcune ossa sparse a terra, per non essere costretto a calpestarle.

"Che mi venga un colpo, ma qui è..." indietreggiò per guardare la piccola porzione di pavimento che aveva ripulito, riconoscendo il brillio del marmo. "Una catacomba di gran lusso, complimenti" commentò perplesso, non del tutto convinto. Ma non erano lì per ammirare l'architettura, per cui ripresero il cammino. Quando si trovarono di fronte alle prime porte, ritennero sensato tentare di esplorarle. Antonino a destra, Cesare a sinistra, entrambi tornarono indietro dopo aver appurato che si trattava di stanze cieche piene di casse di legno e sarcofagi. Quando giunsero alla terza coppia di stanze, però, capirono subito che quelle erano diverse: le porte erano più larghe, e su di esse c'era un architrave di marmo scolpito. Non erano semplici sale come quelle appena superate. Nel buio appena illuminato dalla torcia, Antonino cercò di contare le pareti: "Uno due tre quattro cinque... sei sette otto... che mi venga un colpo... Cesare! Quanti lati ha la stanza lì?" Dopo una breve conta, il Pallante rispose: "Otto, perché? Non vedo nessun passaggio!"

Antonino lo raggiunse e contò di persona, incredulo. Cercò di arrampicarsi su un grosso sarcofago, proprio al centro della stanza, e sollevò più in alto che poteva la sua torcia. Dal buio del soffitto emersero alcune figure, dipinte negli spicchi di una cupola. Era quasi impossibile riconoscere i personaggi che si affaccendavano nelle varie scene, ma Antonino sapeva cosa cercare, e quando vide la figura in trono di una donna vestita di un abito in foglia d'oro, per poco non cadde giù dal sarcofago per l'emozione.

"Senti, Antonino, non possiamo stare qui a passeggiare! Non solo c'è un odore tremendo, ma tua sorella ha bisogno di noi! Scendi di lì e dimmi da che parte dovremmo andare!" Sbottò Cesare, impaziente.

"È quello che sto facendo! Cesare, questa non è una catacomba..."

"Non direi" replicò secco il Pallante, mentre Antonino scivolava giù dal sarcofago per correre verso la stanza ottagona che guardava di fronte a quella che aveva appena osservato. Anche lì, cercò di saltare per illuminare il soffitto: un'altra cupola, altri spicchi, e la sagoma sbiadita di un uomo seduto in trono. Qualcuno aveva cancellato il volto dell'Imperatore e vi aveva disegnato una spirale sopra, ma poteva riconoscere lo scettro e il mantello rosso della dignità imperiale.

"Cesare, questa non è una catacomba" ripeté Antonino un altro paio di volte, lanciandosi nel corridoio, come in preda a una rivelazione. "Questo è il palazzo imperiale! Queste sono le sale ottagone delle virtù imperiali, ne parla Minervio Blasso nel suo Itinerario!"

Cesare spalancò la bocca, perplesso, ma Antonino aveva cominciato a correre in tutte le direzioni, trovando ovunque una conferma di ciò che aveva pensato.

"Certo! Ma certo! E sulle ceneri dell'Impero è sorto il Tempio! E se queste sono le sale ottagone, da quella parte c'è la sala del trono!" con la torcia in mano indicò la direzione che stavano già seguendo, e solo allora entrambi notarono in fondo al corridoio, lontana lontana, qualcosa di simile a un lume tremolante.

"Sono laggiù" bisbigliò Cesare, e Antonino annuì, senza muoversi. Questa volta fu il Pallante a fare strada.

Amor oblita - Di congiure e catacombeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora