3.1 Strategie

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Il banchetto, che vantava essere composto da venti portate, imbandiva la tavolata al centro della sala ed offriva ai suoi avventori un ampio ventaglio di sapori che soddisfava i palati più rozzi e quelli più raffinati, indiscriminatamente

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Il banchetto, che vantava essere composto da venti portate, imbandiva la tavolata al centro della sala ed offriva ai suoi avventori un ampio ventaglio di sapori che soddisfava i palati più rozzi e quelli più raffinati, indiscriminatamente. Il vino scorreva a fiumi, le brocche d'argento passavano di mano in mano, riempiendo bicchiere dopo bicchiere e, troppo spesso, finendo gran parte in terra. Le malaugurate donne che s'indaffaravano nel pulirlo dovevano quindi combattere contro le lascive attenzioni che uomini, già per gran parte ubriachi, riservavano loro. Le mani tastavano la loro pelle nuda, infilandosi attraverso le sottane e mentre alcune preferivano rimanere in silenzio, altre tentavano vanamente di ribellarsi per poi finire zittite da un bacio viscido di saliva color del mosto. Tra le pareti si spandeva un chiacchiericcio vivace che creava l'atmosfera tipica di un festeggiamento, solleticando la fiamma baldanzosa delle candele, ben salde nei possenti lampadari che pendevano dal soffitto. Numerose erano in procinto di esaurirsi, la cera colata che creava fontane su cui far danzare la luce di quante potevano ancora vantarsi di risplendere. La cena proseguiva ormai da ore, gli invitati però non davano l'impressione di volersi alzare, forse perchè avevano bevuto tanto da non riuscirci o forse perchè non avevano nulla di più interessante da fare quella sera che rimanere a trangugiare ogni sorta di cibo e bevanda. I partecipanti non erano molti, quattro sovrani con i rispettivi fedeli che variavano in numero da due a tre, eppure riuscivano a suscitare la medesima confusione di un intero esercito esultante per qualche vittoria. Ferni sedeva a capotavola, un ginocchio premuto contro di esso e l'altra gamba distesa, osservava i propri alleati giovare delle sue vivande e dell'ottima annata scelta appositamente per la serata. I suoi pensieri divagavano oltre l'apparenza spensierata e giocosa della scena che prendeva vita innanzi a sé, quella cena era per lui più importante di quanto volesse mostrare. Rappresentava la certezza di poter dare fiducia agli uomini presenti, la prova che la loro unione possedeva fondamenta stabili su cui poggiarsi nelle guerre che avrebbero affrontato. Era orgoglioso di aver soggiogato al suo volere quattro Dinastie intere solamente utilizzando discorsi retorici e persuasione materiale, lo aveva trovato terribilmente facile ancora prima di menzionare un'ipotetica spartizione dell'Ostro, mentre dopo aver esplicato i propri piani non gli era rimasto che stringere la mano ai nuovi compagni ingordi di terre e potere.
« Vorrei proporre un brindisi, miei ospiti. » si era alzato in piedi e nella stanza era improvvisamente calato il silenzio, non una parola fu detta anche mentre versava nel suo calice intatto il primo bicchiere di vino della giornata. Sembrava davvero che Ferni rivestisse un ruolo superiore a quello dei quattro monarchi. Levò in alto la mano che lo teneva stretto in una presa elegante « Vorrei brindare al mio fratellastro, tornato ad affrontare il destino inesorabile della morte, e alla Dhevýr, che possa portare giovamento nei tempi a venire. » delle grida di consenso s'innalzarono a raschiare il soffitto e Ferni bevve tutto d'un sorso il dolce liquido scuro, inneggiato sotto lo scrosciante battere degli altri bicchieri sul piano del tavolo. Tornò a sedersi trascorsi minuti di estremo compiacimento verso il proprio operato: poteva essere un abominio, un'impurità generata dall'amore proibito di suo padre ed una puttana qualunque, senza nemmeno l'ombra del sangue della sua Dinastia e di quella di Veer, ma era riuscito là dove molti altri assai più puri di lui avevano fallito. Si era impossessato di un regno solo grazie alle proprie forze ed ora vantava di averne sottomessi altri, tra i più orgogliosi come i Rok e tra i più indomabili come i Cani Neri. Suo padre sarebbe stato fiero di lui, avrebbe finalmente compreso la natura debole del suo vero erede e la grandezza del bastardo di corte che per anni era stato odiato e disprezzato. Rivolse uno sguardo d'intesa ad ognuno dei grandi Rekkar del Sud, ed infine posò tutta l'attenzione nelle iridi rossastre del suo primo vero complice, Kohor, sovrano di Tehéwea, capitale della Penombra, e della Dinastia dei Cani Neri. Era stato lui ad informarlo di persona dell'inaspettata apparizione di Veer nelle sue Terre e della tentata cattura da parte dei suoi uomini migliori esattamente la sera precedente alla presente. E grazie alla sua tempestiva informazione era riuscito a convocare per la prima volta gli uomini con cui aveva stretto un patto mesi addietro e che evidentemente lo consideravano così importante da non tradirlo fin da principio. Kohor si mise eretto a sua volta, i capelli biondi, quasi bianchi, da cui pendevano trecce e ciocche legate strette con dei lacci verdi e marroni, colori che simboleggiavano la loro unione spirituale con la natura, spostati dietro le orecchie « Propongo un brindisi anche io, amici miei. A Ferni, che possa guidarci con coraggio. E a tutti noi, che andremo a caccia di lupi! » una cascata di voci unanime si riversò nella sala, gli uomini strepitarono consensi e si riversarono di nuovo sul cibo, affamati ancor di più dall'euforia di un'immagine lontana e sfocata, reale poco più di una favola. Loro, vincitori sulle carcasse dello spietato esercito dei Fenrir e Maitreya sconfitto, ridotto all'umiliazione, la sua Dinastia sterminata come i Draghi. Le due potenze delle Terre Comuni schiacciate dalla forza dell'unione.

 Le due potenze delle Terre Comuni schiacciate dalla forza dell'unione

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« E' stata una cena memorabile quella di ieri sera, mehyi Rekkar. Dovete esserne orgoglioso. » si azzardò a dire Yed, rincorrendo a passi svelti il proprio sovrano, all'apparenza impegnato a dover fare tutt'altro che ascoltarlo. L'andatura veloce consentita dalle lunghe ed agili gambe gli creava non pochi disagi a seguirlo, le sue gambette minute e tozze erano costrette a mantenere un ritmo serrato, simile ad una corsa. E, soprattutto, Ferni non pareva voler nemmeno provare ad ascoltare le parole che tanto accuratamente stava scegliendo, di conseguenza non si aspettava certo che rallentasse. Era tremendamente tentato di aggrapparsi alla spessa chioma di capelli che ondeggiava a pochi centimetri dal suo naso e tirare indietro la testa ad un ragazzo che non aveva neppure il profumo di uomo, eppure manteneva un atteggiamento di innata superiorità che non avrebbe potuto giustamente vantare nemmeno il più anziano dei re.
« Il fetore delle tue adulazioni m'infastidisce la mattina. » reclamò Ferni, senza scomodarsi di rivolgergi perlomeno un'occhiata « Fai in fretta. Ho molto da fare. » si arrestò, incrociando le braccia ed attendendo che il servitore facesse capolino dalle sue spalle e cinguettasse le proprie inutili constatazioni. Yed si passò una manica del vestito sul grasso volto per asciugarsi il sudore che gl'imperlava la fronte a causa dello sforzo eccessivo per la mole del suo corpo e si sistemò il cinturone in vita nel quale penzolava un fodero vuoto, che serviva solamente a rimarcare la pancia sproporzionatamente sporgente da sotto la larga e spessa tunica blu. Un indumento semplice, intarsiato di fili d'oro a dimostrare il rango d'appartenenza, perché Yed non era un qualunque uomo di cui prendersi gioco, rivestiva la carica di Retoltrach, il braccio destro del Rekkar, colui che conosceva ogni cosa riguardante il regno di cui si prendeva carico, colui che sapeva in ogni situazione cosa dire e come agire, colui che dietro la facciata del grande e potente sovrano, muoveva i fili della corte a proprio piacimento.
« Una ragazza, mio signore. Ho appreso personalmente dagli inseguitori di Kohor che Dhoveerdhan ha portato con sé, nel suo ritorno, una ragazza. Bella, dicono, più di Solana. I capelli gialli come il miele. » Ferni parve interessarsi all'improvviso alle sue parole, nelle profonde iridi nere scintillò un interesse animalesco al solo sentire il nome di Solana. Delle tante cose che aveva rubato a suo fratello, lei rimaneva la più preziosa. Ammazzargli in una volta sola moglie e sorella era stato un piacere così grande da non poterlo descrivere, ricordava nella sua testa solo il dolcissimo calore che l'aveva invaso nell'ammirare il suo sangue bagnare le mani di Veer. Era stato quello, l'attimo in cui aveva indugiato, colto da un sentimento invalidante quale la vedetta, e che aveva permesso al suo amatissimo fratellastro di svignarsela come un coniglio, aiutato da un uomo la cui testa aveva fatto da centrotavola per giorni nei suoi banchetti, fintanto che l'odore non era diventato insostenibile.
« Amo, le donne di Veer. » sorrise, increspando la pelle più scura della cicatrice che gli attraversava a mezzaluna tutto il volto, partendo da sotto il mento, tagliando per le labbra e lo zigomo, e terminando appena al di sotto del sopracciglio.
« E' con lui a Thora Koshra. » s'inchinò Yed, quasi si aspettasse un qualche ringraziamento per il suo impeccabile operato. « Volete davvero attaccarla? Solo voi? Senza attendere gli alleati? » vide Ferni farsi serio d'un tratto ed infine abbandonarsi in una sana risata adeguata alla sua tenera età.

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Le Cronache di Meknara - Sangue di DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora