« Mocma! Mocma! » iniziò ad urlare il nome della serva ancora prima di affacciarsi all'esterno, la voce portata a note estremamente alte, non avrebbe mai pensato di raggiungerle con il tono gutturale che la caratterizzava. Raggiunse lo stipite, vi si appoggiò contro con la schiena e, dopo un'ulteriore serie di schiamazzi, si lasciò scivolare in terra. Gambe tese, rigorosamente aperte, schiena inarcata in avanti ed uno sforzo tangibile per non lasciar cozzare la testa con il pavimento.
« Mocma! MOCMA! » Vissia cominciò anch'ella a sbraitare, ciondolando fino ad arrivare alla medesima postazione di Maitreya. Allora, e solo allora, permise al peso dell'abito di schiacciarla fino a farla sedere spalla contro spalla con il sovrano.
« Pare che nessuno voglia venire. » ridacchiò, ammirando dalla sua posizione il corpo di Arian, passivamente riverso sulla pietra scura. Il petto che si alzava ed abbassava freneticamente le dava conferma che stesse semplicemente tentando di contrastare gli effetti del vino.
« Qualcuno deve venire » la contraddisse Maitreya, tentando di far scivolare fuori anche le ultime gocce di Lhuryll « Kaitos! Kaitos! Vieni qui! » stavolta chiamò il Fenrir, e quello non tardò a mostrarsi: doveva essere già nei paraggi. Fece capolino il nero muso dall'entrata e rivolse la sua attenzione prima ai due individui accostati alla porta, poi al ragazzetto vicino alla panca. Vissia ebbe l'impressione che li stesse giudicando, quasi scorse negli occhi rossi del lupo un velo di celato rimprovero, ma poi si ricordò che quanto appena bevuto dava allucinazioni. Quindi si esibì in una linguaccia e voltò la testa dalla parte opposta, fingendosi offesa dal fardello insito nelle sue occhiate.
« Kaitos prendi quel piccoletto e portalo da qualche parte. » gli ordinò Maitreya, menando la mano libera nell'aria in direzione di Arian. Era troppo intento ad assicurarsi che il fondo fosse realmente vuoto per pensare ad altro.
« Da qualche parte? » lo rimbeccò Vissia, gracchiando come una cornacchia. D'accordo l'ebbrezza, ma sapeva anche lei che da qualche parte era giusto un tantino troppo generico, considerando per di più che stava per affidare il figlio di Veer ad un animale.
« Sì, intendevo » si soffermò per riprendere fiato e dare uno sguardo a Kaitos e a Vissia
« intendevo in camera di Veer. Portalo lì. » concluse, imprecando per la constatazione finale: il Lhuryll era seriamente finito. Voltò la bottiglia al contrario, la agitò animatamente e, vedendo che nemmeno una piccolissima goccia voleva mostrarsi, indirizzò a Vissia il viso più triste che avesse mai visto indosso a Maitreya. La ragazza lo vide mimare con le labbra una frase che doveva tanto a somigliare ad un 'è finito', ma che in realtà lei pensò essersela totalmente immaginata. Il calore che sentiva in corpo ormai le stava bruciando le guance, ed il vestito non faceva che aumentare la sua sensazione di soffocamento.
« Toglilo. Stai sudando. » Maitreya non tardò a notarlo e fece spallucce, come ad insinuare che, vestita o meno, non sarebbe cambiato molto per lui. Vissia si sentì avvampare ancora di più, i suoi zigomi sembravano colare lava fusa e tizzoni ardenti da tanto erano diventati rossi. Quanto avrebbe voluto togliersi quell'ingombrante vestito, una pellanda internamente rivestita con un sottile strato di soffice pelliccia ed una coda fin troppo lunga.
Rimase a scrutare l'orlo ricamato della sottoveste spuntare dal tessuto della gonna per parecchio tempo, ponderando con fittizia razionalità l'offerta del Rekkar. Ed infine decise che sì, l'avrebbe tolto. Al più presto. Era meglio rimanere svestita che stramazzare agonizzante per il caldo.
« Lo tolgo, se mi aiuti. » cinguettò allora, arrancando sulla parete per tirarsi in piedi ed offrendo una mano a Maitreya per fare la stessa cosa. Cercò di scorgere un qualche perturbamento nel suo volto, ma il vino lo aveva fatto rilassare a tal punto da renderlo immune a qualsiasi provocazione. Vissia rinunciò dunque al suo intento e gli porse la schiena, sollevando la treccia per permettergli di allentare i piccoli bottoni che la intrappolavano lì dentro. Il sovrano non ebbe alcun tentennamento, slegò la cintura di cuoio intrecciata che le stringeva la vita e slacciò fino all'ultimo bottone. Il corpetto dell'abito si aprì a rivelare la camicia bianca e lunga che fungeva da sottoveste, e la ragazza riprese ad inspirare con più vigore. L'aria all'esterno di tutto quel tessuto era qualcosa di estremamente liberatorio.
Lo ringraziò, e non attese oltre per liberarsi della pellanda. L'ossessivo pudore che si era imposta a causa della sua ininterrotta vergogna sciolse la presa su di lei e cadde a terra inerme con il resto del vestito.
« Va meglio, decisamente meglio. » commentò Maitreya, sfiorandole le spalle con le punte delle dita ed involontariamente desiderando di accostarsi ad esse per baciarle. Non aveva giaciuto con nessun'altra donna all'infuori di Gaverna, nonostante non le avesse mai promesso vestale devozione o stupidaggini simili. Aveva mantenuto la fedeltà nei suoi confronti perchè per lui contava sua sorella e basta, chiunque altra le sarebbe sembrata inferiore, una brutta copia dell'eterea bellezza della sua unica e sola amata. Ma in quel momento, riusciva a provare per Vissia una singolare attrazione che, era stato convinto, non avrebbe più provato. E lei non pareva esserne dispiaciuta. Forse a causa della disinvoltura conferitale dal Lhuryll, forse a causa di ciò che avevano condiviso durante tutta quella giornata, non se lo seppe spiegare. Era come se, fino a quel momento, avessero voluto guardare dalla parte opposta in cui si trovava l'altro per paura che succedesse esattamente ciò che stava succedendo.
Il sovrano arrancò tra i suoi stessi pensieri, cercando di riconoscere quali fossero reali e quali indotti dall'ebbrezza. Una parte di lui era restia a concedersi a Vissia, avrebbe significato violare la memoria di Gaverna; la parte restante, invece, era pervasa dal fuoco di una passione momentanea ed involontaria, dettata dal turbinio di avvenimenti che l'aveva circondato come un branco di lupi. Era ironico, lui era il lupo eppure si sentiva comunque attorniato da predatori.
Tra le ceneri della sua memoria si sollevò una brezza, ed esse, smosse e rimescolate, andarono a comporre il volto arcigno di Kuhrah, un cipiglio di biasimo a torcergli i lineamenti. Per un attimo, Maitreya ebbe l'impressione che lo stesse vedendo veramente davanti a sé, che il padre fosse tanto reale da potergli mettere le mani addosso e farlo rinsavire. L'immagine però scomparve non appena tentò di afferrarla, al suo posto ne giunse un'altra: il viso tondo, raggrinzito e barbuto di Mihir. Quel maledettissimo codardo, impostore e bugiardo che si era dovuto trattenere dallo scuoiare vivo per avere la possibilità di ricambiare i suoi servigi con la stessa moneta. Per tutti quegli anni era stato lui a spiarli e tradirli, adesso sarebbe avvenuto il contrario. Mothalthin lo aveva pregato di non fare mosse avventate, quel vecchio a loro serviva vivo ed inconsapevole di essere stato scoperto. Dovevano capire dove ed in che modo fosse coinvolto con le altre Dinastie, specialmente quella dei Draghi. Entrambi i fratelli si erano ormai convinti che Serhatan ed Autybe fossero riusciti ad entrare grazie alle mani rugose del Sapiente. Dopotutto, se fosse stato lui ad aver chiesto di lasciarli entrare, le guardie ai cancelli come avrebbero potuto sospettare? Mihir aveva spesso deciso chi far passare mentre Maitreya era impegnato in affari più urgenti.
Il Rekkar imprecò, avvolto dalle ombre di un passato turbolento e macchiato di violenza, e si dimenticò del rovente desiderio di unirsi a Vissia. I fantasmi degli errori che aveva commesso si stavano addensando sopra di lui, chiudendosi come le porte di una prigione e lasciandolo in balia delle tenebre.
Non aveva considerato che le allucinazioni potessero riaprire vecchie cicatrici e ferire nuove porzioni di pelle, con una lama tanto affilata da ledere carne e muscoli. Era stato stupido a non pensarci prima, non solo per se stesso ma anche per Vissia.
Fu come se, all'improvviso, si fosse ricordato anche di lei. Si voltò nella sua direzione e la vide immobile, attenta a scrutare un angolo della sala apparentemente vuoto. L'espressione era contrita e perplessa, come se stesse tentando di capire un meccanismo troppo complesso per la sua ingenuità. Maitreya la scosse per le spalle, tentando di farla riappropriare della realtà, ma non servì a molto. Vissia gli rivolse un'occhiata vacua e tornò a fissare il medesimo punto in cui chissà cosa stava riuscendo a scorgere. Magari stralci del suo mondo, o la sua famiglia. Veer gli aveva confessato quanto si sentisse inutile e colpevole dal momento in cui anche lui si era dimenticato del passato di Vissia e di tutto quello che la riguardasse. Lei era andata a chiedergli più volte di dirle qualcosa per permetterle di ricordare anche solo un volto del suo mondo, ma lui non era stato in grado di aiutarla. Aveva dimenticato ogni singola cosa, ogni singolo dettaglio della vita che avevano condiviso prima di approdare lì. Non c'era speranza per quella ragazza di capire chi fosse stata. Poteva solo andare avanti.
Maitreya si frappose fra lei e la parete, un unico obiettivo ad aleggiargli attorno: distrarla, distrarla dalle visioni che stava avendo per causa sua e della sua negligenza. Avrebbero dovuto divertirsi, dimenticarsi per una serata cosa stessero vivendo, ma ancora una volta il peso dell'esistenza si era dimostrato troppo pesante per essere ignorato.
Le prese il volto tra le mani e la costrinse ad alzarlo per incontrare i suoi occhi. Cosa stava facendo, non lo sapeva nemmeno lui. Aveva rotto il sigillo sotto cui era stata intrappolata la sua disperazione, le aveva permesso di aggirarsi libera tra i tessuti del suo corpo, annerendoli. Non possedeva più pieno controllo di sé; un eco beffardo, però, gli ricordò che, probabilmente, non l'aveva mai avuto. Poggiò le labbra su quelle della ragazza e la percepì ritrarsi in un primo momento, indecisa, per poi abbandonarsi al piacere di quel gesto. La tenne stretta a sé, fintanto che ebbe fiato per farlo. E ad ogni boccata d'aria che fu costretto a prendere, sentì di aver perso istanti preziosi in cui assaporare la soffice bocca di Vissia sulla sua.
Perchè, in che modo e quando giunsero a condividere tanto, non fu chiaro a nessuno dei due. L'energia vitale che illuminò loro il cuore ed annebbiò la ragione fu tale da non permettere né a Vissia né a Maitreya di fermarsi. Si abbandonarono semplicemente al fluire delle emozioni, l'uno rischiarando la notte dell'altro nei panni di una luna improvvisata e storta. Un astro celeste frastagliato e ruvido, sceso in terra per salvarli, gettandoli nell'oblio di un amore precario ed abbozzato solo per quel tramonto.
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Le Cronache di Meknara - Sangue di Drago
Fantasi- IN REVISIONE - I Draghi si sono ormai estinti e con essi la loro Dinastia, di cui Veer e suo figlio Arian sono gli unici eredi ancora in vita. Pensavano di aver trovato rifugio da se stessi, dalla propria identità, una volta dispersi nel globo ter...