11.4 Accordi

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Era indescrivibilmente vigorosa l'energia dei Celesti discesi quel giorno, qualcosa faceva persino sperare ad Almashan che il Celeste Padre avesse preso parte al funerale, conducendo con sé la propria moglie ed il fratello

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Era indescrivibilmente vigorosa l'energia dei Celesti discesi quel giorno, qualcosa faceva persino sperare ad Almashan che il Celeste Padre avesse preso parte al funerale, conducendo con sé la propria moglie ed il fratello. Generalmente erano solo divinità minori a presiedere agli eventi mortali, era per tale motivo che nella maggioranza dei casi nessuno avvertiva la forza da esse sprigionata; eppure nel Potria Silei c'era qualcosa di più grande del solito. Ed Almashan non era l'unico a crederlo, il solenne e muto sipario calato sui nobili in cerchio ne forniva una prova considerevole. Inoltre, a riconfermare quanto lui pensasse, tra i re ed i loro accompagnatori sentiva brillare, indefinita, un'anima avvolta in un involucro dorato, tanto ben nascosta che neppure il Sapiente riuscì ad individuarla con precisione. Assaporò solamente il profumo del suo grande destino e fu investito da una folata che lo riportò al presente, incitandolo ad innalzare alte le lodi di Ermosed. I tamburi non tardarono a farsi udire ed unito al suono cupo delle pelli tese, si aggiunse anche quello dolce dei sonagli. La voce di Almashan, però, sovrastò ogni melodia, ergendosi possente come le colonne del tempio. 

Quando anche l'ultima lettera evaporò nella tensione della musica, quest'ultima iniziò a placarsi, progressivamente abbassandosi fin quasi scomparire nella visione che prese forma innanzi i volti sconvolti dei presenti

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Quando anche l'ultima lettera evaporò nella tensione della musica, quest'ultima iniziò a placarsi, progressivamente abbassandosi fin quasi scomparire nella visione che prese forma innanzi i volti sconvolti dei presenti. Attraverso il foro al centro della cupola, cominciarono a piovere sulle salme scintille di fuoco, fini e crepitanti fiamme che si adagiarono sulla pelle del re ed il manto dell'animale, fintanto che i corpi interi non divennero un unico agglomerato ardente. Almashan rimase ad ammirare l'opera dei Celesti, i quali stavano consumando la materia terrena per spezzare anche l'ultima delle catene che ancora teneva Ermosed e la Manticora ancorati al mondo mortale. Soltanto con l'eliminazione del loro insulso involucro temporaneo, avrebbero acquistato l'ambita immortalità divina, ed il fuoco era quanto di più puro ed etereo ci fosse per adempiere a tale ruolo. Solamente che, nella tradizione, erano gli uomini ad appiccarlo, posando il corpo su un'imbarcazione di legno ed incendiandola mentre essa si allontanava, prendendo il largo oltre le soglie umane, verso le lande perennemente in fiore dell'Ethrost. Ma durante la celebrazione di quel giorno, gli dei stessi si erano affannati per condurre il Rekkar a sé, invocati con tutta la forza che il Grande Sapiente possedesse, avevano scelto di mostrarsi palesemente anche agli occhi dei nobili meno dediti alla loro divinazione. Avevano voluto donare la possibilità di narrare quell'avvenimento negli anni a venire, come prova della loro indiscutibile onnipresenza ed innegabile esistenza. Avevano donato ad Ermosed la gloria celeste, ma anche terrena, esaudendo il più intimo desiderio del Rekkar di essere ricordato, non per cosa avesse fatto, ma per chi fosse stato.
Cassivellanus vide il proprio padre dissolversi, davanti i suoi increduli occhi, in una scottante pioggia di fuoco e rimanere in terra solo la corona con cui egli era stato fatto re molti anni or sono. Vide Almashan chinarsi a raccoglierla ed innalzarla al cielo, muovendo freneticamente le labbra in una preghiera silenziosa che nessuno udì ed infine rivolgersi a lui con un cenno. Lo stava invitando ad alzarsi, farsi strada tra quanti lo dividevano dal suo destino ed accoglierlo come l'unica giusta via da percorrere. Una via antica, fatta di rinunce e doveri, che poteva condurre un uomo alla dannazione o all'onore, una via che avrebbe forgiato indissolubilmente il suo fragile animo nelle sembianze di una solida armatura di ferro, fredda al tocco, imperturbabile, impassibile. L'opposto di quanto fosse stato fino a quel momento.
Si elevò dalla folla, ergendosi saldo sui propri piedi e trattenne il respiro finchè non si trovò faccia a faccia con il Sapiente, l'espressione apparentemente sicura di sé mentre interiormente percepiva una tempesta avventarsi contro le sue viscere. Sentiva sulle spalle tutto il peso del ruolo cui si accingeva a prostrarsi, temeva che l'avrebbe schiacciato e ridotto in polvere, aveva paura non sarebbe stato in grado di assumere il comando, dopo essere rimasto per tutta la sua vita confinato in una posizione nella quale il potere sostava nelle mani altrui, mani che certo non erano servite a crescerlo amorevolmente o insegnargli in quale modo usufruire di tale privilegio.
Posò un ginocchio in terra, innanzi le punte ricurve delle scarpe di Almashan, e chinò il capo verso il basso, puntando gli occhi dalle pupille dilatate su un particolare qualunque dell'adornato pavimento. Le mani gli tremavano ed il fiato si condensava nei polmoni, ostacolandogli la respirazione ormai affannata, annnaspante.
« Cassivellanus Anser, unico figlio diretto del capostipite Koban e solo erede del precedente suo successore, Ermosed Anser, quest'oggi ricevi la più ingannevole delle condanne: il diritto a governare. È un fardello di cui pochi concepiscono l'entità, ma confido tu possa essere tra quei pochi. Confido nel tuo regno, nella tua stirpe, nel tuo sangue. » Almashan si espresse con rinnovata forza nella voce, scolpendo ogni singola parola come un'invalicabile barriera che ogni Rekkar o Rakkar avrebbe dovuto affrontare prima o poi durante il proprio regno: l'ammanto falsamente dorato di beatitudine che il destino nobile reca appresso. Infine si mosse per posare la corona sulla chioma corvina di Cass « non è un dono, quello che ti sto dando. È un dovere che durerà fino alla tua morte. Sii consapevole di questo e, amato, regnerai a lungo. »
Cassivellanus percepì il peso del metallo farsi strada tra i capelli e quando il Grande Sapiente gli porse un aiuto per rialzarsi, ne sentì non solo materialmente la pesantezza. Una volta tornato in piedi, tutto nella sua vita sarebbe cambiato, ogni cosa che fino a quel momento aveva conosciuto, non sarebbe più stata la stessa. Era la fine della sua fanciullezza, della sua gioventù, la fine dell'apparente spensieratezza che si era ostinato a fingere. Sarebbe iniziata un'era di fatiche, sofferenze e rinunce per lui, un'era in cui il proprio ruolo veniva prima di se stessi, in cui non si poteva sbagliare, un'era disseminata di morte e decisioni prese troppo in fretta. Rimpianti, rimorsi e ricordi gli avrebbero infestato le notti più di quanto avessero già fatto.
Strinse nel palmo la mano di Almashan ed i tamburi ripresero a fare eco nel Potria Silei: lo stavano accompagnando nei primi passi della rinascita che gli era stata imposta, ed in parte lo rassicurarono. Riuscì a trattenere le lacrime, le quali gli avevano velato gli occhi silenziosamente, e ad alzare la testa in tempo per vedere il Sapiente sporgersi nella sua direzione e carezzargli le guance con due leggeri baci.
« È fatta. » sussurrò al suo orecchio, e Cass fu sicuro che stesse sorridendo. Non ne capiva il motivo, eppure nell'aria c'era un sentore di felicità, un sottilissimo profumo che s'insinuava sotto la pelle e distendeva i muscoli ancora tesi. L'atmosfera nel tempio si era placata, era stata distesa una coperta sui presenti, cucita con fili di intimo entusiasmo ed inconfessata contentezza. Cassivellanus poteva effettivamente rappresentare un nuovo inizio per l'Empireo, la luce dopo le tenebre cresciute fitte negli ultimi anni di regno del sovrano defunto; una speranza che si potesse tornare ai gloriosi tempi in cui nemmeno il più umile dei contadini veniva lasciato indietro, tempi nei quali la ricchezza equamente distribuita concedeva una possibilità anche a chi non sperava di averla, tempi per i quali Ermosed era stato osannato.
« Chiedo ora ai Rekkar presenti di suggellare il loro appoggio nell'ascesa del novello sovrano » Almashan penetrò nell'ovattata e silenziosa cupola adagiatasi sui nobili senza però infrangerla. Il tono con cui aveva parlato era rimasto melodioso ed assolutamente consono a cullare il dormiente spirito di quanti lo stessero ascoltando « prego loro di avvicinarsi ed adempiere alle tradizioni. » fece un inchino profondo che permise all'indomita chioma bianca di toccare il pavimento e si discostò di qualche passo da Cass, affinchè potesse osservare con maggior facilità i gesti dei vari re e regine scomodatisi a presentarsi. I primi a muoversi furono il Rekkar e la Rakkar dei Turul, la Dinastia dei corvi d'argento che per anni aveva dovuto subire le razzie degli eserciti di Ermosed. Si erano presentati entrambi per analizzare meglio il nuovo sovrano ed intuire quale personalità egli potesse vantare, se impetuosa come il padre o solenne come la madre. Furono intrinsecamente compiaciuti nell'appurare che Cassivellanus non rappresentava una minaccia né per loro né per chiunque altro. Un'armata di uomini usciti indenni da mille battaglie non poteva nulla se comandata da un ragazzo tanto fragile ed incapace. Tornarono ai propri posti con gli angoli della bocca piegati in una risata genuina. Ad essi, seguirono Kohor e la moglie, una coppia di fieri guerrieri che annusò odore di paura attorno alla figura di Cass mentre gli scoccavano quattro secchi e sonori baci sugli zigomi macchiati. Almashan riuscì persino ad addocchiare un leggero fremito scuotere le labbra del ragazzo, fremito che causò un moto d'incontenibile piacere all'imperturbabile Rekkar dei Cani Neri, tanto da spingerlo a sorridergli. Il re dei Grifoni, aquile leonine dall'indisciplinata voglia di primeggiare, non si lasciò sfuggire la rigidità del corpo del nuovo sovrano sotto il suo tocco. L'età avanzata dell'uomo e le numerose cicatrici che gli deturpavano il viso avrebbero fatto affievolire anche il più saldo tra i coraggiosi; Cass non ebbe altra scelta se non quella di non incrociare il suo austero e sapiente sguardo in attesa che si allontanasse. La Rakkar dei Rok fu invece sorprendentemente gentile, la bella e giovanissima Alrhai gli rivolse una risata comprensiva e fu svelta nel compiere il proprio compito, solleticandogli il volto con le sinuose piume intrecciate nei capelli. A Cassivellanus sembrò addirittura un bisbiglio le fosse uscito dalle labbra rosee. So cosa stai provando.
Infine venne il turno dei Draghi, Ferni aveva atteso con pazienza che tutti avessero ripreso il proprio posto a sedere prima di alzarsi, voleva distaccarsi da quanti lo avessero preceduto per mostrarsi nel più ammaliante dei suoi approcci. Vedeva in Cassivellanus un ramoscello attaccato ad una quercia poderosa, l'esercito del padre avrebbe fatto comodo a lui, ma soprattutto a Dhoveerdhan, e voleva evitare che il suo fratellastro cogliesse il momento e proclamasse sua la terra in cui affondavano le radici di quell'enorme albero. Si guardò intorno, in cerca dell'espressione di Veer e solo dopo si mosse, lasciando scivolare la vistosa cappa orlata di lepre tra una gradinata e l'altra. Sarebbe stato tutto semplice, il docile Rekkar avrebbe riconosciuto in lui l'alleato ideale per proteggerlo e dunque avrebbe continuato la sua avanzata per circondare ed isolare i Fenrir in vista di un futuro attacco che, pensò con un ghigno malevolo, sarebbe giunto presto. Sacrificare suo cugino era stata una perdita accettabile per conseguire un fine assai più grande.
Sarebbe stato semplice, se soltanto Veer non si fosse alzato alle sue spalle, reclamando un titolo il quale, lo sapeva chiunque, non gli apparteneva da anni.
« Che cosa stai facendo? » Mothalthin lo tirò per l'orlo del farsetto, tentando inutilmente di fermarlo, ma il Rekkar Rinnegato non volle nemmeno cercare di rispondergli. Con una scintilla di sfida a baluginargli nelle iridi azzurre, mosse un piede dopo l'altro per scendere le scalinate e nessuno glielo impedì. Coloro che gli ostacolavano il passaggio si fecero da parte, aprendosi come una ferita sotto la pressione del coltello, ed in pochi istanti si trovò faccia a faccia con Ferni. Il fratellastro, nonostante lo sbigottimento iniziale per un gesto così sfacciato da parte di un uomo che credeva aver definitivamente sconfitto, seppe reagire nel migliore dei modi. Teatralmente, si esibì in un inchino e, facendo roteare una mano nell'aria caricatasi di tensione, invitò Veer ad andare prima di lui. Un sorriso beffardo a contorcergli le labbra sottili e negli occhi una scintilla di rimando: era disposto ad accogliere la sfida, a giocare al ruolo dei sovrani in conflitto. Dhoveerdhan non lo degnò di troppa attenzione e con più dignità di quanta credesse di avere, si accostò a Cassivellanus, stringendo i suoi avambracci in una presa ferrea ma non crudele. Cass ebbe il coraggio di guardarlo in volto ed in esso vide apparire una vita costellata di dissidi interiori e dolore puro. Un dolore che si impossessò di lui, facendogli stringere il petto e trattenere il respiro. Vedeva nelle nere pupille di quell'uomo la medesima sofferenza che aveva inondato tutta la sua esistenza; ebbe un impeto incontrollabile di abbracciarlo, mostrandosi anch'egli per come realmente fosse. Un individuo debole e martoriato dall'ingiustizia di una realtà al di sopra delle proprie capacità. Fu soltanto perchè Veer avvicinò la bocca ai suoi zigomi che non portò a compimento una tale folle idea.
« Presta attenzione a chi tra noi sarà il tuo Giuda. » udì la voce del sovrano spodestato farsi strada nel suo orecchio, ma non ne carpì il significato. Istintivamente si voltò verso Almashan, in cerca di una spiegazione, e notò nella forma corrucciata delle bianche sopracciglia del Grande Sapiente, un accenno di dubbioso timore. Non fu certo se dovuto alla sceneggiata del Rekkar dei Draghi o alla frase sibillina del Rekkar Rinnegato. 

 

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Le Cronache di Meknara - Sangue di DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora