L'Ostro era l'unica Terra che poteva ostentare una così numerosa varietà di ambienti distinti tra loro, di norma ad ogni Terra si faceva riferimento con un unico determinato paesaggio. Era tramite esso che dopo la caduta del giogo dei Draghi, alla fine della seconda Era della Grande Guerra, si erano decisi i confini delle Dinastie, ma i Fenrir non avevano voluto rinunciare a niente, nemmeno in quell'occasione, ed essendo rimasti i soli con ancora abbastanza forze da opporsi alle decisioni già prese, non era rimasto da fare altro che assecondarli. Quando a Veer era stato insegnato tutto ciò che necessitasse di sapere sulla storia della sua Dinastia, aveva detestato i Fenrir. Ma questo gli era capitato prima di incontrare Maitreya. Anche se non si era ricreduto riguardo alla facilità con cui i discendenti di Elnath riuscivano a farsi odiare, aveva detestato il suo migliore amico così tante volte da non poterle più contare. La sola eccezione era stata Gaverna, e forse la sua diversità le era costata la vita.
« Perchè mi ha chiamata Solana? » Vissia ruppe il silenzio che era calato pesante su di loro, stava ripensando all'uomo che aveva invaso la sua momentanea stanza e si era accorta solo in quel momento di cosa fosse successo. Lo sconosciuto le aveva fatto un complimento, con un altro nome, e Veer non si era neppure disturbato a correggerlo, anzi, con un cenno di consenso aveva confermato quanto lui avesse detto. Si sentì in parte lusingata ed in parte irritata, non significavano niente delle belle parole dette riferendosi a qualcun altro.
« Le assomigli. » le rispose, facendo scorrere gli occhi per ogni spigoloso centimetro della boscaglia, senza però voltarsi verso Vissia.
« Chi è? » insistette, inconsapevole di star suonando la nota più dolente dell'intera sinfonia.
« Era. È morta. Molto tempo fa. »
« Perchè ha parlato al presente allora? » Veer si arrestò all'improvviso, smontando dal dorso ed afferrando le redini per condurre Myrza dove volesse. La ragazza pensò di dover fare lo stesso ed a fatica, tra un sottogonna ed una manica impigliata, riuscì a tornare sana e salva sui propri piedi.
« Lui non sa che Solana è morta. » rivolse uno sguardo a Vissia per assicurarsi che fosse ancora tutta intera e riportò nuovamente l'attenzione davanti a sè: mancava poco per giungere dove voleva portarla, ma fare in sella quel tratto di strada per la prima volta, totalmente opposto ad ogni via agibile, non credeva fosse adatto per una come lei, inesperta persino a montare su un cavallo. Tagliò dritto nel fitto degli alberi, lasciandosi alle spalle il percorso su cui erano avanzati, e con il rumore delle foglie cadute pestate dietro di lui, seppe che lo stava seguendo.
« Non ho ancora capito chi questa donna sia. » sbuffò Vissia, in preda ad un fastidioso dolore ai fianchi per aver tenuto le gambe aperte eppur serrate attorno al dorso di Chara. Si scostò una ciocca di capelli dal viso e vide Veer arrestarsi in un punto in cui i tronchi si diradavano fino a scomparire. Diede una pacca a Myrza, consentendogli di andarsene ovunque desiderasse e Vissia lasciò che la sua cavalla si accorgesse da sola di essere libera, mollando la presa sulle briglie. Dovevano essere arrivati.
« Solana era mia sorella. Ed è stata mia moglie, per molti anni. » la invitò a raggiungerlo ed il rumore dell'acqua che scorreva le generò un moto d'incontenibile piacere. Si affacciò anche lei nella radura e la investirono migliaia di goccioline che un fiumiciattolo, gettandosi nel piccolo lago sottostante, generava. Lo specchio d'acqua era avvolto da un abbraccio di massi lisci e lucidi, levigati dal gorgoglio della corrente, e sul pelo della superficie s'innalzavano sfarfallii luminosi, simili a scintille di fuoco. Il verde della foresta si fondeva misticamente con quel panorama, dipingendo striature multicolori sulle brevi cascate, aiutato dalla luce del sole che riusciva finalmente a penetrare indisturbata. Un arcobaleno di colori danzava incontenibile negli occhi di Vissia, sbarrati per la meraviglia che si era dischiusa innanzi ad essi. Fece per aprire bocca ma Veer la zittì, trascinandola fino ai bordi del laghetto e suggerendole di affacciarvisi. Non se lo fece ripetere, allungò il collo ed osservò la sua immagine riflessa nell'acqua, ammaliata. Era circondata da un alone biancastro, i cui margini sfumavano nell'azzurro, la luce pareva sprigionarsi da una fonte indefinita, quasi si trovasse dentro lei.
« Cos'è? »si guardò una mano ma il candore scompariva non appena distoglieva la vista dalla superficie bagnata.
« La chiamiamo Shoné, ma è conosciuta anche come aura. » Vissia gli sorrise e si girò per guardare quella di Veer: era rossa all'esterno e mentre si avvicinava a lui, si colorava di viola, fino a concludersi per metà nel giallo e per metà nell'azzurro.
« Cosa significano? » chiese, incuriosita più dalla folata di magia che l'aveva investita che non dal portare a termine il discorso che stava intraprendendo poco prima.
« Il bianco è la bontà. L'azzurro il coraggio. »
« Il rosso? » accennò alla sua figura, appena visibile attraverso i lunghi capelli che gli ricadevano sul volto.
« Il rosso è la forza d'animo. Il viola la tristezza. Il giallo l'odio. » Vissia rimase in silenzio, quei colori parlavano più di mille frasi azzardate ed era difficile prenderne atto.
« Cambiano mai? » Veer annuì.
« Raramente mutano per intero, è più facile che si aggiungano o tolgano periodicamente delle tonalità. »
« Quante sfumature esistono? » era sovraeccitata, poteva porre quante più domande desiderasse e Veer le avrebbe risposto, gliel'aveva promesso. L'unico compromesso era stato quello di non chiedere nulla riguardo all'incontro delle ore precedenti, le risposte in quel caso sarebbero giunte solo al momento opportuno, perchè dal suo punto di vista non era facile comprendere il meccanismo di funzionamento delle Terre Comuni, tantomeno essendo avulsa da ogni conoscenza delle varie Dinastie e dei loro membri. Perciò sarebbe stato inutile sprecare tempo a spiegarle per filo e per segno quanto fosse accaduto prima della dipartita di Veer. Anche se in cuor suo, Veer sapeva di aver avuto semplicemente paura di raccontare a Vissia una menzogna, poiché, qualora fosse emersa la verità, dopotutto cosa assai improbabile considerando che Maitreya ne era il custode ma in ogni caso possibile, l'avrebbe persa. E sarebbe stato come perdere nuovamente Solana.
« Nessuno lo sa. Ne conosciamo, per ora, nove. Un tempo erano solo cinque. » rimase in silenzio, attendendo che lei ponesse qualche altra richiesta, ed invece rimase ad osservare la sua immagine riflessa, con lo scintillio della scoperta brillarle negli occhi. Quella ragazza aveva un disperato bisogno di speranza nella monotonia della vita in cui stava arrancando, e forse gliel'aveva appena offerta: la possibilità di cambiare, non solo esteriormente. Un colore in più e Vissia avrebbe ottenuto un obiettivo considerevole, sarebbe significato che era in grado di mutare il proprio approccio alla vita.
« Hai mai visto qualcuno che ne avesse più di te?» l'argomento Shoné le piaceva, particolarmente. Le era sempre interessata la parte spirituale intrinseca in ogni essere vivente, ed il suo attaccamento ad una religione oramai dismessa ed assurda come l'animismo ne era una prova. L'affascinavano divinità come il Tenger e popolazioni come gli Shardana, in pratica tutto ciò che non rientrasse nel ferreo nucleo cristiano conferitole fin da bambina e quanto avesse un legame diretto con la natura.
« Maitreya. » increspò le labbra come se gli dispiacesse che non fosse stato qualcun altro « Ne aveva otto. Gli mancava solo il bianco. » sorrise amaramente a Vissia e si allontanò dallo specchio d'acqua, facendo lentamente dissolvere l'aura colorata formatasi intorno alla sua immagine. Maitreya aveva posseduto otto colori: l'azzurro, perchè il coraggio non gli mancava, il rosso perchè la sua forza d'animo era impareggiabile almeno quanto fosse radicato il suo odio, rappresentato dal giallo. Il viola, perchè nonostante non lo ammettesse a se stesso, troppo spesso era infelice e poi il rosa perchè l'amore per sè era un sentimento sincero, il verde perchè era leale alle proprie cause ed ai pochi fortunati verso cui rivolgeva la sua parte migliore, l'arancione perchè di ambizione non era mai stato vuoto ed infine il blu, l'astuzia, l'arma che rispondeva sincronicamente al suo smodato desiderio di superare gli altri. Ma questo non l'avrebbe spiegato a Vissia perchè sarebbe stato come mostrarle apertamente ciò che a lui mancasse. La sua vergogna più grande era aver perso il verde, non si era dimostrato leale né con se stesso né con l'intera sua Dinastia, soggiogata ed insozzata dalle voglie di Ferni. Una tale mancanza giustificava qualunque cosa gli fosse capitata. Meritava tutto quanto, dalla prima all'ultima sventura, si era rivelato un incapace e gli incapaci meritano solo calci dalla vita.
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Le Cronache di Meknara - Sangue di Drago
Fantasy- IN REVISIONE - I Draghi si sono ormai estinti e con essi la loro Dinastia, di cui Veer e suo figlio Arian sono gli unici eredi ancora in vita. Pensavano di aver trovato rifugio da se stessi, dalla propria identità, una volta dispersi nel globo ter...