4.2 Risvegli

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Salendo, si rese conto d'aver teso le orecchie alla ricerca di un qualunque genere di suono, un grido, un lamento o persino dei colpi o il tintinnio incessante delle catene

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Salendo, si rese conto d'aver teso le orecchie alla ricerca di un qualunque genere di suono, un grido, un lamento o persino dei colpi o il tintinnio incessante delle catene. Voleva trovare un incentivo per non arrestarsi a metà strada e dubitare di nuovo del proprio operato, un incentivo che non tardò a farsi sentire. Dei rantoli di disperazione echeggiavano sommessi tra quelle mura e grazie al sovrumano silenzio che vi regnava potevano essere uditi chiaramente. Sembrava che gli anni di prigionia l'avessero reso pazzo a giudicare solo dai rumori che emetteva per farsi notare, eppure Veer, che aveva avuto la fortuna di parlarci insieme, poteva dire con certezza che non lo era affatto, la sua lucidità era lievemente offuscata dalla fame e dalla sete ma era stato in grado di reggere un discorso coerente e sensato. Intervallato da istanti in cui perdeva il controllo e la coscienza di sé e di chi gli stesse attorno, ma per la maggior parte del tempo era sano, in grado di controllare i propri istinti ed un barlume di saggezza riluceva ancora nei pozzi di sconforto che erano diventati i suoi occhi.
« Mothalthin, sono Veer. » bussò alla prima delle due porte che lo dividevano dal fratello maggiore di Maitreya, sperando che s'accorgesse di lui. I rantoli erano progressivamente aumentati fino a diventare vere e proprie urla che sovrastavano ogni suo tentativo di farsi sentire ed aveva perso tempo prezioso trascinandosi per le scale senza fiato. L'assenza di finestre, poi, non gli consentiva nemmeno di calcolare quanto ancora gli rimanesse per parlare, la strada del ritorno avrebbe dovuto imboccarla presto perchè la sua apparizione doveva avvenire prima ancora che Maitreya ne notasse la scomparsa. Doveva compiere una scelta: andarsene o trovare il modo di oltrepassare lo stipite, alla svelta. O magari potresti domandare a Maitreya le chiavi. No, non gliele avrebbe mai date e chiedergli di riaccompagnarlo significava innervosirlo e Maitreya nervoso era imprevedibilmente pericoloso. Ad un tratto le grida cessarono e si ruppero in un pianto sommesso, proprio come il filo dei pensieri di Veer, incrinatosi su se stesso fino a spezzarsi. Bruciala. E' di legno. Bruciala. Le fiamme che stavano divorando il bitume di cui la fiaccola era cosparsa danzarono davanti i suoi occhi, ammalianti. Per un attimo credette davvero di essere in procinto di bruciarla, quella maledettissima porta, vederla scorticata dal calore gli avrebbe dato piacere a sufficienza per affrontare le conseguenze del proprio gesto, ma un lampo di raziocinio gli balenò nel cervello e mosse qualche passo indietro, distanziandosi da essa. Provò nuovamente a chiamare il suo nome, usando tutta l'aria che gli fosse rimasta in corpo, ed i lamenti s'interruppero non appena ebbe pronunciato l'ultima lettera. Doveva averlo necessariamente sentito.
Veer fu costretto a trattenere il fiato per riuscire ad udire ciò che Mothalthin stesse tentando di dire, aveva gridato tanto a lungo da raschiare la gola già riarsa per la mancanza d'acqua ed utilizzare un comune tono di voce era per lui più doloroso che non proseguire nell'unica cosa concessagli: le urla e la speranza che giungessero alle orecchie di qualcuno.
« Dove sei? » le labbra erano secche, lacerate dai tagli e muoverle non era impresa di poco conto. Strisciò le mani sul pavimento, nel vano tentativo di trovare i piedi di Veer in tutto il nero pesto che lo circondava, ma non percepiva alcuna presenza vicino a sé e nel profondo era già consapevole che lui non fosse lì. Tastò tutt'intorno finchè non raggiunse la distanza massima che i ferri ai polsi gli consentivano. Stava ancora inutilmente aspettando che un giorno gli facessero marcire la pelle e staccare le mani, solo per muoversi liberamente e misurare quanto spazio avesse avuto a disposizione per tutto quel tempo, senza però averlo potuto sfruttare.
« Dietro la prima porta. » Veer digrignò i denti e battè un pugno al muro, come aveva fatto a vivere in pace fino a quel momento, avendo sempre saputo di aver aiutato Maitreya nello sterminare i suoi contendenti? Suo fratello compreso, a cui nemmeno importava di impossessarsi del trono, loro padre l'aveva indotto a prendere moglie con la forza. Kuhrah avrebbe fatto di tutto, di tutto, piuttosto che far succedere Maitreya al potere, persino minacciare il proprio primogenito di sposarsi.
« Perchè, sei qui? » sussurrò, allo stremo delle proprie forze. Capitava sempre, che la stanchezza lo assalisse quando non impegnava più l'attenzione sulla propria voce ma la rivolgeva al suo fisico, malandato dagli anni trascorsi al limite del disumano.
« Credevo fossi morto. » ammise, dilazionando le parole. Si era autoconvinto che dopo essersene andato, Maitreya non aveva avuto più nessun motivo per continuare a torturare suo fratello, nessuno era rimasto a dirgli di non farlo, nessuno sapeva della sua esistenza e quindi non poteva trarre ulteriore compiacimento nel contraddire ciò che gli veniva detto. Era con quella convinzione che Veer aveva saputo convivere con se stesso ed ora che gli era caduta addosso, lo stava schiacciando.
« Vorrei esserlo. » si lasciò scivolare indietro fino a reincontrare la pietra viscida del muro con la pelle della schiena, rabbrividì, ed interpose l'ammasso intricato di capelli tra lui e la parete.
« Rimedierò a quel che ho fatto, a costo della vita. » sospirò, cominciando ad incamminarsi per ritornare, accompagnato dal pessimo presentimento di essersi trattenuto troppo là dentro. E non solo fisicamente. 

« Dove sei stato? » Maitreya teneva le palpebre socchiuse, gli occhi ridotti a due fessure rigurgitavano sospettoso disdegno, ed uniti allo sguardo rossastro di Kaitos avrebbero fatto crollare le difese di chiunque sul quale si fossero posati

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« Dove sei stato? » Maitreya teneva le palpebre socchiuse, gli occhi ridotti a due fessure rigurgitavano sospettoso disdegno, ed uniti allo sguardo rossastro di Kaitos avrebbero fatto crollare le difese di chiunque sul quale si fossero posati. Il malcapitato quella volta era stato Veer, tornato nel momento sbagliato. Uscendo dall'ultimo corridoio che lo avrebbe riportato nel cuore di Thora Koshra e poi nelle cucine, si era imbattutto in Maitreya, sudato per lo sforzo di trasportare sulle spalle una cerva non ancora adulta con cui avrebbero banchettato quella sera. Veer, invece, per il suo sudore non aveva molte scuse e le guance imporporite parlavano chiaro: doveva aver corso.
« Ottima battuta di caccia. » fece un primitivo tentativo di cambiare argomento, accennando con la testa all'immenso animale che il sovrano stava ancora trasportando. Una freccia decorata di piume azzurre gli spuntava da poco più sotto del muso. Un colpo impeccabile, doveva essere morta quasi subito.
« Non vuoi rispondermi? » girò attorno a Veer, guardingo « Hai paura della risposta? »
« Lo sai già dove sono stato. » rispose e fu un attimo. Maitreya lasciò la presa sulle gambe docili della cerva che cadde a terra, ancora più priva di vita, e gli si avventò contro, chiudendogli il collo tra l'incavo della mano e la parete, troppo velocemente perchè Veer potesse tentare di difendersi. Strinse.
« Te ne pentirai di averlo fatto. Amaramente. » strinse ancora più forte, le guance di Veer divennero violacee e Kaitos ringhiò, intimidatorio. « Ti avevo detto di non osare andare da lui senza il mio permesso. » Veer annuì appena, prendendo le mani di Maitreya tra le sue e cercando di fargli allentare la presa « E tu aspetti persino che io sia lontano per farlo. »
Il viola stava lentamente sfumando in bluastro, simile al colore dei cadaveri, i polmoni di Veer che chiedevano pietà erano un evidente segno di quanto mancasse poco per ucciderlo. Alla fine il re allargò le dita e lasciò che la sua vittima si accasciasse al suolo a riprendere fiato, agonizzante, chiese inoltre a Kaitos di portare l'animale morto a destinazione mentre lui imboccò a falcate la medesima strada da cui Veer era appena uscito. Non fece però molta strada che un impeto di rabbia lo travolse in tutta la sua prestanza, irritandolo maggiormente. Si volse allora indietro per tornare a prendere Veer e portarlo con sé: voleva che comprendesse di dover stare lontano da Mothalthin e poteva farglielo capire solo mostrandogli cosa le sue visite clandestine avrebbero causato. Non aveva intenzione di ucciderlo, sarebbe stato troppo facile ed indolore e, dopotutto, gli avrebbe fatto un favore. Desiderava solo farlo urlare, almeno una volta, per un motivo concreto.

 Desiderava solo farlo urlare, almeno una volta, per un motivo concreto

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Le Cronache di Meknara - Sangue di DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora