4.3 Risvegli

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Maitreya aveva irreversibilmente perso il senno, dopo aver sfondato a calci le porte le cui chiavi portava sempre con sé, ma delle quali non era riuscito a servirsi perchè troppo disumanamente colto da un impeto di ferino istinto, aveva poi creato...

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Maitreya aveva irreversibilmente perso il senno, dopo aver sfondato a calci le porte le cui chiavi portava sempre con sé, ma delle quali non era riuscito a servirsi perchè troppo disumanamente colto da un impeto di ferino istinto, aveva poi creato quanta più luce potesse, incendiando ogni fiaccola di riserva che pendesse dai rudimentali ganci alle pareti. Si era persino dimenticato che una quantità eccessiva di fuoco a così poca distanza, su Veer, faceva uno sgradevole effetto. Aveva infine indirizzato tutta la propria ira su Mothalthin, avventandosi su di lui come una bestia, la parte animale che gli scorreva in corpo a causa della Bothára, il Sacrilegio di Sangue, si era conquistata il sopravvento ed in Maitreya l'unico pensiero che riusciva a formarsi era quello di uccidere, uccidere indiscriminatamente, nonostante lo volesse o meno. Kaitos aveva lasciato tracce del proprio istinto facilmente individuabili in Maitreya, specialmente quando lui perdeva l'autocontrollo emergevano i tratti più animaleschi del suo carattere, che non si limitavano ai piccoli accenni di irrequietezza soliti del sovrano, nè tantomeno alla sua spiccata capacità di incutere timore. Maitreya diventava un predatore, con l'intelligenza di un uomo offuscata solo dal selvaggio impulso della vendetta. C'era un motivo per cui i Sacrilegi erano stati vietati e l'esempio del Rekkar di Menastir era sufficiente per spiegarne il motivo. Far unire il sangue di un animale potente come un Drago o un Fenrir a quello di una persona significava non poterla più controllare, in nessun modo. Fermarla era praticamente impossibile, chiunque l'avesse sfidato sarebbe morto.
Veer era stordito dal calore che gli si stava spandendo tutt'intorno, il freddo della torre si era dissipato e dominava in ogni angolo il chiarore delle fiamme, si sentiva attratto da esse e resistere gli risultava minuto dopo minuto sempre più difficile. Sarebbe bastato avvicinarsi solo di un passo e allora avrebbe nuovamente sperimentato il piacere del poter controllare l'elemento più indipendente di Madre natura. Maitreya si allontanò all'improvviso dal fratello, forse rinsavito dall'attacco di rabbia. Urtò Veer, la stanza che girava freneticamente intorno a lui, e fu abbastanza. Per rimanere in piedi dovette sorreggere il proprio peso con le mani poggiate allo stipite della porta scardinata, chiuse gli occhi nella speranza di farla fermare e quando li riaprì vide le mani di Veer illuminarsi del fuoco delle torce. Sguainò la spada e gliela puntò contro « Spegniti, Dhoveerdhan. Non sei più capace di usarlo. » ma Veer non parve ascoltarlo, rimase ad osservare i propri palmi bruciare, incredulo del fatto che per tutto quel tempo non avesse mai nemmeno provato la voglia di ricongiungersi alla metà di sè mancante.
«Stammi lontano, Maitreya. Non stai duellando ad armi pari e non voglio ucciderti. » lo disse mentre nei suoi occhi volteggiavano venti di fiamma, rendendoli spaventosamente lucenti. Il rosso del fuoco che si fondeva con l'azzurro delle iridi.
« Veer. » un tocco si poggiò sulla sua spalla, così leggero che lo percepì appena. Non ancora. Una voce sussurrò al suo orecchio ed il calore scomparve. La sensazione di bruciore con esso si dileguò senza lasciare tracce ed all'interno della Torre dei Tormenti calò l'ombra. Tutte le fiaccole si spensero, consumate dal tocco di Veer, e la docile presenza della persona che l'aveva placato scomparve, lasciando dietro di sè solo il respiro accelerato di Maitreya e la mano di Mothalthin stretta appena attorno alla sua clavicola.
« Che cos'è successo? » il sovrano fece roteare la spada per assicurarsi che nessuno gli fosse troppo vicino, nell'oscurità non c'era da fidarsi nemmeno degli amici ed anche se sapeva di aver ridotto il fratello ad un cumulo di lividi, non sottovalutava la forza che l'odio poteva momentaneamente donarti. E Mothalthin, dal suo punto di vista, si nutriva solo di odio verso lui e Veer. Se avesse voluto vendicarsi le catene non sarebbero bastate a trattenerlo.
« Non lo so. » Veer si sedette, esausto, accanto al corpo emaciato di Mothalthin e cercò la sua mano brancolando nel buio « Grazie. » mormorò, stringendola dopo averla trovata. Stava tremando e non sapeva se fosse per il freddo tornato come un legittimo padrone di casa o per lo spavento. Forse per entrambi.
« Dobbiamo andarcene. » il tono di Maitreya era tremulo, incerto. Veer lo aveva sentito solo due volte parlare così sommessamente, la prima quando, dopo la morte dei suoi genitori, aveva tentato di consolarlo con parole che non avrebbe mai sentito nuovamente uscire dalla sua bocca e la seconda, il giorno prima della dipartita di lei.
« Non vediamo niente. » ammise Veer, sentendo il corpo di Mothalthin riversarsi sul suo, stremato, alla ricerca di un conforto che non pensava di portergli dare. Era anche colpa sua se fosse stato costretto a vivere in tali condizioni ed era inconcepibile come lui riuscisse a non portare rancore, neppure verso Maitreya. Era proprio quella sensazione di bontà innata, che gli rendeva tanto difficile ignorare la sua sofferenza.
« Andremo a tentoni, in fondo alle scale ci sarà ancora della luce. » lo sentì alzarsi e rinfoderare la spada. Non sapeva se parlasse per davvero o stesse solamente dando di matto per l'impossibilità di avere la situazione sotto il proprio soffocante controllo, ma non potevano andarsene come se nulla fosse accaduto.
« Cosa vorresti fare? Strisciare per il labirintico corridoio che pensavi ti proteggesse tanto? Siamo nella merda, Maitreya. Accettalo. » Veer lo mise a tacere e poco dopo sentì un tonfo secco, ad indicare che era tornato seduto a terra, miracolosamente senza aggravare la loro posizione. Iniziò a sperare che uno spiraglio di luce penetrasse tra le rocce accatastate l'una sull'altra e comprese ancora meglio i sentimenti che Mothalthin doveva nutrire rimanendo giorno dopo giorno in quella prigione, al buio e completamente isolato dal mondo esterno. Era ancora riversato su di lui e sentiva la sua presa stringerlo a sé, quasi temesse che potesse svanire senza avvisarlo.
« Accenditi, allora. E' colpa tua se il fuoco si è spento. » ribattendo, parve ringiovanito di un decennio, quella frase dimostrava tutt'altro che i suoi ventott'anni. Dava l'impressione di essere un bambino che viene colto in flagrante a combinare guai e cerca comunque di giustificarsi. Veer provò l'impellente desiderio di avvicinarvisi e prenderlo a schiaffi per farlo rinsavire: toltal'imponente figura di facciata, di Maitreya non rimaneva che l'individuo facilmente odiabile incapace di prendersi le proprie colpe.
« Non genero fuoco. E marcirei qui, piuttosto che accontentarti e lasciare tuo fratello a vagare fin la morte. »
« Lo posso uccidere adesso se preferisci. »
« No. O viene con noi o vai da solo a perderti. » sentì i muscoli di Mothalthin irrigidirsi, la libertà gli era stata negata da tempo immemore e quasi la temeva. Erano molti anni che non vedeva oltre quattro mura buie, che non conosceva più né la luce del sole né cosa volesse dire vederla con i propri occhi, erano trascorsi anni dall'ultima volta che aveva mangiato qualcosa che non fosse ricoperto di muffa o crudo, che non si vestiva per davvero, coprendosi per non sentire freddo. Erano trascorsi anni interi dall'ultima volta che gli era stato concesso di vivere.
« Osi obbligarmi a scegliere? » attese minuti colmi di tensione prima di rispondere e quando lo fece, quella che doveva avere l'aspetto di un'intimidatoria domanda retorica, smarrì l'enfasi e l'arroganza che avrebbero dovuto caratterizzarla e divenne quasi un lamento.
« Non esiste più nessuno che sappia dell'esistenza di Mothalthin. E' inutile nasconderlo o ucciderlo, lascialo unirsi alla Confraternita devota ai Celesti. A chi importa degli uomini di religione oggigiorno? »
« Ci ucciderà, non appena volteremo le spalle. » disse, ritrovando un briciolo della propria fierezza e facendo tintinnare le chiavi che aveva al collo. Avrebbe assecondato Veer nella sua richiesta, si sarebbero mossi insieme fino all'uscita e solo allora, quando avrebbe ottenuto la certezza di essere scampato a quell'incubo, suo fratello sarebbe morto. Non gl'importava di cosa avesse fatto Veer, come avrebbe reagito al suo tradimento, dopotutto il suo migliore amico l'aveva già tradito una volta per una donna ed era giunto il proprio turno. E se anche non fosse riuscito a mozzargli la testa quel giorno per un qualsiasi inconveniente, l'avrebbe perseguitato fino a riuscirci. Mothalthin sarebbe morto fuori di lì, ad ogni costo.

 Mothalthin sarebbe morto fuori di lì, ad ogni costo

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Le Cronache di Meknara - Sangue di DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora