8.1 Inganni

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Le mura di Menastir s'erano attenuate fino a sciogliersi e mischiarsi con i colori caldi del sole calante che si era quietamente adagiato su di esse, infrangendosi come una rossa viscera lungo la pietra chiara, levigata dai secoli, divenuta parte ...

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Le mura di Menastir s'erano attenuate fino a sciogliersi e mischiarsi con i colori caldi del sole calante che si era quietamente adagiato su di esse, infrangendosi come una rossa viscera lungo la pietra chiara, levigata dai secoli, divenuta parte unificante del tramonto. La luce scorreva assottigliandosi tra i tetti delle abitazioni e come rondini in inverno, gli uomini abbandonavano le proprie attività per ritrovare la pace armoniosa di casa. Il cinguettio e gli schiamazzi che avevano animato le strade si diradarono fintanto da scomparire. Sorse il silenzio a sostituire il tondo incandescente di rosso soffuso mentre ancora la luna era oscurata dai suoi raggi attraenti, e Vissia vide, in un esiguo fascio di tempo, esaurirsi tali ultimi bagliori che avevano rischiarato il cielo, rendendolo limpido per tutta la giornata, e svanire dietro la linea dell'orizzonte quella bellezza radiosa ed accecante. Rimasero il crepuscolo e le ombre aranciate del giorno assonnato a schiarire la notte incombente che presto colse l'attimo per avere la meglio sul giorno. Il balcone della fortezza su cui s'era rifugiata per ammirare lo spettacolo trionfale della natura fu colto da un primo velo di oscurità e la ragazza riprese a prender il fiato che gli era stato mozzato dal niveo scenario, malauguratamente perdurato solo pochi istanti. In città, al pianoterra di una casa uguale a tante altre compostamente allineate, non aveva mai potuto profondamente comprendere quanto la fine del giorno potesse risultare ammaliante, ma su quella balconata, sotto cui scorrevano come un fiume gli edifici, poté intendere quanto si fosse persa per tutta la durata della sua vita.
Venne distolta dai propri vaniloqui dallo sfregare di stivali che prese forma alle sue spalle, prima lontano e poi sempre più vicino. Percepì il battente della porta che concedeva l'accesso alla veduta agitarsi sotto il refolo d'aria che il nuovo arrivato doveva aver generato, ma volle voltarsi solamente quando fu certa di chi si trattasse. Se avesse incontrato Maitreya, completamente sola e momentaneamente incapace d'intendere per l'estasi della bellezza appena veduta, non avrebbe saputo come comportarsi, avrebbe fatto sciocchezze per certo.
« Ti ho cercata dappertutto. » Veer l'affiancò, puntando lo sguardo verso l'infinitudine del cielo scuro « Perchè te ne sei andata? » il tono appena lievemente crucciato diede a Vissia la certezza che avesse notato la sua scomparsa ben prima di quanto lei avesse creduto. E gli era grata di non averla seguita, nonostante il suo gesto non fosse stato dei più cortesemente interpretabili, perchè, altrimenti, non avrebbe potuto assaporare il piacere del tramonto in una muta ed immobile pace esteriore come aveva fatto.
« Iniziavo a sentirmi a disagio. » accampò una scusa improvvisata che, in verità, tanto non si discostava dalla realtà. Si era sentita effettivamente a disagio nello stare a guardare Mothalthin sfogliare i docili ricordi che aveva di Arian, ormai diventato uomo come Veer stesso aveva detto, aveva avuto la sensazione di osservare un quadro in cui lei non fosse inclusa. Un bell'affresco come quelli che decoravano la stanza del fratello del sovrano, tanto distante quanto affascinante, che non possedeva nulla da spartire con lei. Tantomeno dell'affetto familiare. Era rimasta in disparte, guardando Arian atteggiarsi a protagonista indiscusso con la purezza tipica della giovane età, ed aveva percepito dentro di sé un vuoto incolmabile, che non aveva però saputo a cosa attribuire. Solo in un secondo momento si era materializzata nella sua testa l'immagine di Bastian, di sua madre, e l'orrore di non aver collegato istantaneamente Arian con suo fratello l'aveva quasi tramortita, costringendola ad andarsene per non scoppiare in lacrime. Come aveva potuto dimenticarsi di lui dopo appena due giorni divisi?
Cosa le stava accadendo? Sentiva di far parte di quella terra senza averla nemmeno vista, la solitudine, la paura e la mancanza stentavano ad avere presa su di lei. Era come se fosse tornata a casa, una casa distante e sconosciuta, dormiente nel profondo del suo cuore e finalmente riconquistata.
« Torneremo mai a casa nostra? » gli rivolse una veloce occhiata, per constatare che fosse ancora intento a far vagare gli occhi nella distesa incontaminata della notte.
« Io sono già a casa. Tu tornerai, presto, ti dimenticherai pezzo dopo pezzo di questi giorni, di noi, e potrai ricominciare a vivere normalmente. » le sorrise malinconico, inclinando la testa per scrutare ciò che dimorasse sotto il pavimento del balcone ed evitare, per la prima volta, i suoi occhi.
« Sto già scordando la mancanza di casa. Ho paura. Ma al contempo, è strano. » s'interruppe, intuendo che Veer già era consapevole di cosa gli stesse per dire. Nelle sue iridi riluceva una saggezza tangibile: lui aveva già vissuto quelle medesime afflizioni.
« So cosa stai provando. Ma questo non è il tuo mondo, non è la tua terra. Non è la tua guerra. Stai tentando di sopperire alla mancanza della tua famiglia nascondendoti da essa. Non ammettendola nemmeno alla tua coscienza. Io l'ho fatto per cinque anni. » le scostò una ciocca di capelli che si era sottratta alla treccia che Mocma le aveva rifatto quella stessa mattina. I capelli sciolti per una donna, le aveva spiegato, erano segno di lascivia e molte dame erano solite raccoglierli sotto copricapi eleganti e raffinati.
« No, è diverso. Io ho dimenticato Bastian per un momento. Non sapevo più chi fosse. Né lui né mia madre. »
« Non è possibile, Vissia. Sarà stata una tua impressione. »
« Non è stata un'impressione. Ho visto tuo figlio e non ho pensato a mio fratello. Era come un'ombra sbiadita, non capivo cosa Arian mi chiamasse alla mente. E' stato orribile. » le labbra nel parlare le tremarono e la voce si fece progressivamente meno sicura, inciampava nelle parole che la ragione voleva dire ma il cuore no. Non credeva nemmeno lei che si fosse scordata di lui, ma era così. L'aveva fatto.
« Ti è capitato più di una volta da quando sei qui? » Veer sembrò all'improvviso iniziare a discernere le sue parole, prendendole sul serio. Vissia scosse il capo e lui corrucciò le sopracciglia folte, nere e longilinee. La cornice di un paesaggio perfetto.
« Devi dirmelo se ti dovesse succedere ancora. »
Lei annuì e lo fece così amabilmente che Veer non potè far altro che coglierla in un abbraccio, permettendole di nascondere il volto prossimo al pianto tra la camicia ed i capelli. Sentì le braccia di Vissia stringergli la vita ed il suo cuore accelerare febbricitante: stavano sgorgando le prime lacrime dai limpidi occhi marroni della ragazza quando fu certo di voler andare oltre quell'abbraccio. Il corpo di Vissia stretto al suo emanava lo stesso calore di quello di Solana e lo stordiva, gettandolo nell'incapacità totale di raziocinio. Sapeva che se l'avesse baciata l'avrebbe fatto col viso di sua moglie impresso indelebilmente nella mente, eppure c'era dell'altro a spingerlo nel suo intento, altro che non aveva nulla a che vedere con quello della sorella. Resistette all'istinto di prendere la delicata faccia di Vissia tra i palmi, resistette all'impulso di legarla a sé e condannarla, resistette alle spinte dei propri dilaniati sentimenti. La strinse solo più forte, carezzandole i capelli ribelli. 

 

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Le Cronache di Meknara - Sangue di DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora