La mia vita non era altro che una continua partita di wrestling dove io finivo con l'essere messa sempre a tappeto. E' vero che è bello sdraiarsi a terra per guardare il cielo, ma serve a ben poco se non vedi le stelle, ma solo tutto nero.
Come tutti i ragazzi della mia età, a undici anni iniziai le medie. Avevo detto che sino ad allora ero stata una bambina sempre spensierata, allegra, bellissima, dagli occhi azzurri sempre sorridenti e i capelli marrone chiaro, così chiaro che al sole splendevano come oro . Non avevo problemi a relazionarmi con gli altri, giocavo come tutti i bambini e obbedivo ai miei genitori. Ma alle medie non fu più cos. Ero diventata lo zimbello di tutta la classe: mi prendevano in giro per il mio comportamento chiuso, riservato...credevano fossi una stupida e che non sapessi parlare. O, addirittura, c'era persino chi credeva che non volessi dare confidenza a nessuno perché me la tiravo.Passavo l'intervallo da sola, nessuno mi calcolava. Mi guardavano come fossi un ufo. Ma a me, loro, sembravano tutti così strani e noiosamente uguali! Le ragazzine della mia età mettevano già parecchio trucco sul viso per sentirsi più grandi. Ma a cosa serve tutto questo se da grande vuoi tornare piccolo? E poi essere adulti non è sinonimo di saggezza. La maggior parte dei "grandi" sono molto piccoli. Vivono in basso. Parlano come se fossero su un trono ricoperto di oro, ma stanno penzoloni su un ramo. E sotto al loro naso c'è solo tanta merda. Si comportano come se sapessero tutto dell'universo, ma a stento riconoscono il cesso di casa loro. I miei genitori e i miei insegnanti ne erano una dimostrazione.
In seconda media cominciai a studiare canto e ad andare a lezioni di piano. Ero diventata brava, ma nessuno apprezzava le mie doti. O, meglio, fingevano di non notarle perché una bella banconota tappava le loro orecchie. Quando, per lo spettacolo dedicato a quelli dell'orientamento, scelsero un'altra ragazza, ci rimasi molto male. Ma soltanto qualche mese dopo scoprii che il padre aveva pagato profumatamente il preside affinché fosse sua figlia a suonare e non io. Così tutti non fecero altro che parlare per settimane di come la bravissima Charlotte avesse superato Celeste Johnson. Dunque, mi si dava dell'incapace e io, da ingenua, ci credevo. Ogni loro parola mi sembrava più sacra e vera di quanto lo sia la parola di Dio per il Papa. Mi hanno fatto credere di essere una buona a nulla, perché l'invidia è un brutto fuoco che arde all'interno del sedere.
Ho una sorella due anni più piccola di me, Melissa. Lei era sempre al centro dell'attenzione anche a casa. I miei, pur di non sentire le sue urla e le sue lamentele, le permettevano di fare tutto: persino di andare a mangiare una pizza il sabato sera con gli altri bambini. Le compravano gli abiti firmati, perché lei non avrebbe indossato qualcosa che non fosse Liu Jo o Blue Star. L'hanno portata a Disneyland e mandata in gita quando lei aveva solo undici anni. A me, invece, che ne avevo tredici, avevano proibito di partecipare al viaggio di istruzione. Insomma, neppure in terza media la mia situazione da sfigata era cambiata: indossavo ancora i vestiti di due anni prima, con il disegnino di Diddl o di Barbie. Mi andavano ancora, perché mi mantenevo sempre magra e la mia altezza non aveva avuto enormi variazioni. Era inevitabile che l'intero istituto non mi ridesse in faccia. Anch'io mi sarei presa a schiaffi davanti a uno specchio. Da un lato c'ero io, la stracciona di turno. E, dall'altro, Roxy Smith, la reginetta della scuola.
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Life explosion.
Romance"Siamo tutti nello stesso gioco, solo livelli diversi. Combattendo contro lo stesso inferno, solo demoni diversi". E lo sa anche Celeste, che vive a Manhattan in una famiglia che la fa sentire esclusa. Da quando ha intrapreso la sua carriera da mod...