Capitolo 36

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La tensione muoveva le mie membra a suo piacimento.

-Non si dilunghi. Perché si trova qui?

Il medico sospirò.

-Alex aveva un tumore al cervello.

Sobbalzai.

-Perché parla al passato? Sputi il rospo!

-Calmati, lascialo parlare...- disse cautamente Ariana, cingendomi le spalle con un braccio.

-E' stato operato, stava meglio. Ma poi questo demone è tornato più forte di prima ed è arrivato anche all'orecchio interno sinistro. E' un miracolo che gli funzioni ancora. E' un tipo di tumore raro. Solitamente, prende la parte esterna. Nonostante le cure, continua a camminare. Voglio essere onesto, sarà dura salvarlo.

Il mio corpo subì un terremoto nove magnitudo e le mie ghiandole mandarono giù tutto il mare possibile, che si mischiava alle gocce del temporale. Ero inzuppata, ma non me ne importava nulla. Caddi con le ginocchia a terra, sbucciate e sanguinanti e reclinai il capo, sconfitta. I peggiori incubi si fanno da svegli. I fulmini si scatenarono con impeto. Ariana mi strinse da dietro.

-Non fare così. Devi reagire. Devi essere forte.

Il medico si chinò vicino a me.

-Allora, signorina. Vuole continuare a piangere o posso aiutarla a incontrarlo?

Non risposi. Ero in stato di choc.

Persi il respiro e vomitai. Chissà in quali condizioni lo avrei visto. Chissà se la sua vita aveva i minuti contati, se io lo avessi ricordato per sempre col suo bellissimo volto ormai sciupato dalla malattia.

Ma il rimpianto di non averlo incontrato mi avrebbe ucciso più di ogni altra cosa. Mi feci forza, sperando che quelli non fossero i passi verso un addio.

Arrivati davanti alla sua porta, fu il medico ad entrare per primo. Noi restammo fuori. Sentii il dottor Richeart inventare ad Alex che l'infermiera lo stesse attendendo per dirgli una cosa.

-Non farti vedere triste – mi sussurrò dolcemente Ariana.

Strinsi i denti e chinai lo sguardo.

Alex uscì. Rimase impietrito quanto me. Era pallido, aveva la faccia gonfia, pochissimi capelli in testa e gli occhi spenti. Aveva perso diversi chili. Non potevo piangere davanti a lui. Già le sue condizioni erano abbastanza critiche. Non potevo aggiungere altra sofferenza. Provai a farmi forza, anche se le parole mi morivano in bocca.

-Celeste...

-Alex...

Restammo fermi, immobili a guardarci increduli.

-Che ci fai qui?- mi chiese.

-Forse dovrei essere io a porti questa domanda.

Mi morsi il labbro, nervosa. Lui mi guardò male. Era chiaro che non gli andava di spiegare. Mi pentii subito di ciò che avevo detto.

-Mi manchi, Alex.

-Anche tu. O, meglio, la te di prima. Guarda me, guarda ogni singola persona di questo reparto! Stiamo letteralmente morendo per una colpa che non ci appartiene e tu, che stai bene, ti cerchi la morte. Capisci, adesso?

Improvvisamente, mi prese il braccio e mi trascinò davanti al grande specchio che aveva in camera. Mi impose di guardare il mio riflesso e si mise accanto a me.

-Ti stai guardando?- domandò.

-Si...- risposi tentennante e imbarazzata.

-Bene. Adesso guardaci entrambi. Per magrezza, siamo quasi uguali. Ma sai qual è la differenza tra me e te? Che tu lo hai voluto e puoi cambiarlo. Io no.

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