Capitolo 39

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CAPITOLO 39

E anche se affondo
non ti accorgerai
che sei con me.
Ciò che provo io non è più importante.
Fare a modo mio non ha mai risolto niente.
Sei l'ultimo addio, per me.

Andammo di corsa giù, in cucina, a raccontare l'accaduto a Mr. Perrin.

-Dunque, credete che sia qua fuori?

-Non lo crediamo. Ne siamo più che certe. La pietra non l'abbiamo di certo incisa noi!

-D'accordo. Faccio un giro di perlustrazione per assicurarmi che non accada nulla quando uscite di qui per salire in macchina.

Detto ciò, uscì in giardino. Al ritorno ci diede il via libera. Prendemmo tutto ciò che avevamo dietro e lasciammo in fretta la casa. L'aria, fuori, era a dir poco gelata, ma non più del mio cuore al solo pensiero di non poter salutare Alex. Se il vento lo avesse portato via, non avrei mai potuto dirgli addio e non me lo sarei mai perdonato.

Aprimmo la porta. Stavamo per salire in macchina e, ad un tratto, degli spari ci fecero balzare il cuore. Vidi Justin da lontano, mentre correva verso di noi, con un sorriso beffardo e spietato.

In preda all'ansia, presi per mano Ariana e cominciai a correre tra le foglie e le erbacce, ignara di dove stessi andando. La campagna, di notte, era di un buio pesto inquietante. Andavo così veloce da sentirmi un'unica cosa con l'aria. Ad un tratto, inciampammo su un ramo e rotolammo giù fino ad arrivare sull'orlo del dirupo. Io ero semplicemente aggrappata ad una roccia grazie al braccio destro. Provai a dimenarmi e a tirarmi su, ma una grossa ferita percorreva tutto il mio fianco fino all'anca. Vidi il sangue. Poi, voltandomi, non vidi Ariana, ma la sua mano si: era in bilico tra la vita e la morte, appesa con la sola forza di una mano al bordo deL burrone. Urlava il mio nome per essere aiutata.

-Aiuto!Aiuto, Celeste!

Le urla disumane mi gelarono il sangue. La sua vita dipendeva da me e io, per il dolore, a stento riuscivo ad aprire gli occhi. La vista era più che annebbiata. Ma dovevo salvarla. Lo dovevo a lei e a me stessa: non potevo vivere senza la mia migliore amica, specie se ella fosse morta per colpa mia. Da lontano, scorsi vagamente una sagoma corrente. Poi un ciuffo biondo. Poi quei denti. Il diavolo si affrettava a venire verso di noi per buttarci giù, dritte all'inferno. Provai ad alzarmi, emettendo un urlo tremendo di dolore, ma fu troppo tardi: si arrampicò sull'albero dondolandosi sul ramo e si diede una spinta dritto verso Ariana.

-Nooo! Bastardo! Non prendertela con la mia amica. E' con me che ce l'hai. Vieni qua!

-Sono più felice a vederti soffrire che a lasciarti morire subito. L'agonia è peggiore. E tu dovresti saperlo.

Piano piano mi alzai.

-Ti ho detto di lasciarla!

-E con quale forza vorresti affrontarmi? Al cimitero sono più vivi di te, piccolo ammasso di ossa. Tranne Etienne. Credo che più morto di lui adesso non ci sia nessuno.

Mi gettai su di lui come una bestia affamata sulla propria preda.

-Non devi nominarlo, pezzo di merda! Non ti permettere!

Ma ero priva di forze e caddi a terra.

-Vuoi vedere quanto so essere pezzo di merda? Ebbene, verifichiamolo,

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