Capitolo 13

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Era una notte inquieta. La luna mi spiava dal firmamento. Probabilmente, anche lei mi avrà creduta pazza. Stavo sognando di essere in una casa piccola. La mia casa. Anzi, la nostra. Mia e di Alex. E lui, il mio amato ragazzo, mi abbracciava, mi stringeva forte a sé e mi diceva di non temere nulla, perché ero perfetta così e lui mi avrebbe protetta da tutti e da tutto. Innamorati, stavamo seduti su una poltroncina accanto al fuoco del camino e lui mi abbracciava sempre più forte. Sembrava tutto così reale, che io finii per abbracciare il mio cuscino. Poi, tutto ad un tratto, mi svegliai e capii che stavo sognando. Nessuno mi stava dando il suo amore. La stanza era buia, vuota, fredda. Ed io ero sola. Mi sentii così piccola, stanca e fragile, che presi il mio grande panda di peluche e iniziai a piangere finché non mi addormentai. Il mio letto, come la mia vita, sembrava troppo grande per me. Cercavo un po' di calore per risanare le mie membra gelide. La mattina seguente, fu dura alzarsi per andare a scuola. Avevo dormito pochissimo ed ero di pessimo umore. Piano piano, cominciai ad allontanarmi da tutti, persino da Ariana. Volevo stare da sola e la mia unica compagnia erano i libri, la musica e il mio blog su Tumblr. Infatti, negli ultimi giorni, nel mio zaino mettevo sempre un romanzo e le cuffie. Volevo starmene lontana dal mondo. Restano sempre sole, le persone sole, anche quando c'è qualcuno. La gente finge di ascoltare. O ascolta e non comprende. È così frustrante e stancante. Questa storia andò avanti per molto tempo. Intanto, io mangiavo sempre di meno, vomitavo sempre di più e mi sentivo sempre più debole, senza forze. Una mattina, mentre durante l'ora di educazione fisica leggevo sulle scale della scuola, Alex si avvicinò a me. Si sedette accanto a me e stette in silenzio per un bel po', guardandomi con curiosità. All'inizio non mi accorsi della sua presenza, avevo la mente su altri pianeti.

-Celeste...io sono davvero troppo preoccupato per te. Sei apatica, scappi, svieni e sei dimagrita parecchio. Non voglio fare la parte di quello che non si fa i fatti suoi, ma tu ti sei allontanata da tutti e questo mi inquieta. Neppure mi saluti più. Sono seduto qui da dieci minuti e non mi hai degnato neppure di un "ciao"- disse con voce sinceramente preoccupata.

Sospirai. Poi gli risposi.

-Alex, stai tranquillo non è nulla, sto bene, davvero. É solo che voglio stare lontana dalle persone. Ho bisogno di stare un po' da sola e pensare alle mie cose. Scusa se non ti ho salutato, ero semplicemente concentrata sul libro e non ho notato la tua presenza. Non ci vedo niente di preoccupante.

-Perché vuoi stare per conto tuo?

-Perché ne ho bisogno.

-Se é così, dev'esserti successo qualcosa. Non voglio che tu...

-Non importa cosa voglia tu o vogliano gli altri, Alex. Io ho bisogno di questo e basta, ok? Le persone, ultimamente, compromettono di più il mio sistema mentale. L'essere umano, in generale, mi fa proprio girare le palle! Fa schifo da fare paura. E se tutti poteste vedere quanto sdegno e timore provo quando il mio interlocutore è un umano testa di cazzo, forse mi stareste tutti più lontani!

-Vedo che ti sei data al galateo! Dunque, anche io ti faccio paura, vero? Sono una schifosa testa di cazzo, per te. Solo questo? - alzò la voce.

-Non urlare, per favore. Si, anche tu. Tutti. Ma non credo che tu sia, insomma, una testa di...di quello – balbettai con un po' di imbarazzo.

Perché diamine stavo dicendo quelle cose? Non era vero, io non temevo Alex. Avevo solo paura di perderlo e le parole appena pronunciate erano proprio un ottimo modo affinché ciò avvenisse. Brava, Celeste, sei proprio intelligente, complimenti. Ogni volta che cerchi di evitare un danno, ti ci butti a capofitto, manco se lo scopo fosse stato quello!

-Celeste! Non ti permetto di dirmi que...

Sì fermò, perché non lo avrei più sentito. Iniziai a correre lontano da lui, con le guance in fiamme e gli occhi in lacrime. Stanca e debole com'ero, mi fermai un secondo. Un secondo un po' troppo lungo, che gli permise di raggiungermi. Con una mano mi prese il braccio e lo strinse forte. Con l'altra mi alzò il mento per guardarmi dritto negli occhi. Vide le mie lacrime. Io li abbassai. Mostrare la propria tristezza è qualcosa di troppo intimo per me.

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