[CAPITOLO 21: pronto a giocare?]

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James's POV

Apro lentamente gli occhi, sbattendoli poi più velocemente e un forte mal di testa mi colpisce.

Dove sono?

Mi guardo velocemente attorno. Mi trovo in una stanza angusta, ma parecchio sporca e puzzolente.
La vernice è scrostata e c'è la ruggine praticamente su ogni pezzo di metallo che riesco ad individuare nella stanza.

Che schifo di posto.

Cerco di alzarmi ma qualcosa mi storta il polso e me lo impedisce, è una catena. La mia faccia si contorce in una smorfia di dolore. Mi risiedo per terra, dov'ero prima, e mi appoggio al muro. Mentre aspetto che il dolore al polso passi mi concedo un attimo per ricordare gli ultimi avvenimenti.

"Che diamine stai facendo James?" Chiede Sirius irritato.
"Io vado a controllare, voi fate quel che volete"
da pazzi! Potrebbe essere pericoloso, torna qui"
Non lo ascolto a vado avanti per la mia strada.
Questo posto è stato controllato da cima a fondo dagli Auror, sono sicuro che non c'è niente di pericoloso.
Mi inoltro sempre più a fondo nel vicolo, non pensavo fosse così lungo.
Mi giro ad osservare i miei amici fifoni e alzo il pollice di una mano, facendo capire loro che va tutto bene.
"Aiuto... Ti prego aiutami" dice la voce di un bambino.
"Ragazzi!" urlo per farmi sentire dai miei amici. "C'è un bambino che ha bisogno di aiuto, venite!"
"No James! Questa cosa non mi convince" Urla Sirius. "Dai torno indietro"
Potrebbe aver ragione, ma voglio dare un'occhiata, niente di più. Se trovo il bambino gli do una mano, altrimenti torno indietro dagli altri.
"Torno subito"
Faccio pochi metri quando sento di nuovo la voce del bambino.
"Aiutami, ti prego aiutami. Voglio la mamma" Faccio qualche altro passo e i ragazzi scompaiono dalla mia vista, ormai sono solo dei pallini in lontananza. "Si, dai James aiutami"
Mi fermo quando capisco ciò che dice. Come fa a sapere il mio nome? Mi giro velocemente per tornare indietro e per sicurezza tiro fuori la bacchetta. Una mano, sicuramente più gande di quella di un bambino, mi tira indietro tappandomi la bocca. Mi agito scalciando e cercando di urlare, poi sento qualcosa di duro sbattere forte contro la mia testa, avverto il sangue colarmi giù per la guancia e la mia presa si allenta, fino a quando non sento più la bacchetta fra le dita. Poi chiudo gli occhi mentre quell'uomo mi trascina non so dove, ma sicuramente lontano dai miei amici.

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