Parte 4 Cattura&fuga

12 1 0
                                        

Mentre entrava nella città gli abitanti lo fissavano, e a sua volta Religorn osservava loro. Anche i più giovani e i vecchi avevano tratti fini, capelli lunghi spesso raccolte in trecce che ne incorniciavano il viso. Sia i più importanti che i meno erano come i più nobili dei regnanti umani. Religorn iniziò a pensare a un piano per fuggire dalla prigione, le guardie erano ben armate, con lunghe lance alla mano e archi legati alla schiena. Passo quel giorno parlando con gli altri prigionieri, cercando informazioni sui turni di guardia, i cambi, quando c'era meno protezione e disegnò una mappa della città e della prigione grazie alle risposte dei carcerati. Dopo essere stato scortato nella sua cella, iniziò ad attendere il calar della notte per la sua evasione, intanto studiava la mappa a memoria per essere libero di nascondersi una volta uscito. Quando la luna era alta nel cielo la guardia si allontanò per il cambio, e Religorn capì che avrebbe avuto solo quella possibilità. Le sbarre erano ben tenute, e la porta senza difetti, ma aveva parlato con gli altri prigionieri e aveva capito che poteva far saltare la serratura da dentro la toppa se avesse trovato il punto giusto, d'altronde gli elfi non erano famosi per le abilità di forgiatura, puntò un sassolino nella toppa e con una pietra lo colpì. Provò e riprovò finché un suono acuto e metallico lo riempì di gioia. Usci di fretta nella prigione silenziosa, si aggirava come un fantasma per non essere scoperto. Forse la fortuna era dalla sua parte. Sarebbe riuscito nell'evasione, ne era sicuro.

Probabilmente, per il fatto che avevano pochi prigionieri e poiché erano nella capitale le guardie avevano abbassato la sicurezza. Grazie anche al fatto che i detenuti erano rinchiusi solo per qualche furto o borseggio, nessuno era pericoloso. Si diresse verso l'armeria e trovò un baule in cui avevano messo la sua armatura e le armi annesse. Si vestì in fretta e si coprì con una lunga tunica nera con cappuccio che trovo nel baule accanto. Percorse i corridoi oscuri e freddi, fortunatamente senza incontrare guardie. Correva senza fiato nell'oscurità, rischiarata a malapena dalla luce della luna che passava dalle finestre delle celle, gli altri prigionieri dormivano, e lui non li disturbò. Gli sembrava di vagare da ore, la mappa della prigione era incompleta. Arrivò a un corridoio senza celle, solo pesanti portoni chiusi, tranne l'ultimo, si avvicinò e sentì una voce roca <<Che sia dannato il boia, a lui il lavoro semplice e dei cadaveri mene devo sbarazzare io...>>. Spinto dalla curiosità si avvicinò alla porta, e vide un elfo che stava buttando in una vasca dei cadaveri, a contatto con la sostanza presente nella vasca iniziavano a sciogliersi in fumi sinistri e maleodoranti. Rabbrividì pesando che probabilmente avrebbe potuto fare quella fine.
Riconobbe la stanza, era l'entrata secondaria della prigione dalla quale era entrato quel giorno. Di soppiatto cercò di arrivare alla porta di uscita, attaccato alla parete fece il più piano possibile per non destare il sospetto dell'elfo, ma fu scoperto, l'elfo si stava girando per capire chi fosse e Religorn dovette mettere a tacere il testimone. Da dietro la vasca si alzò e con un colpo dell'elsa il corpo si accasciò al bordo della vasca come se gli fossero stati tagliati i fili che lo tenevano in piedi, si accasciò sul bordo della vasca e dette al fuggitivo la possibilità di andarsene, visto il mazzo di chiavi che portava alla cintura. A questo punto si avviò verso la porta, la aprì con la chiave presa alla guardia e usci nell'aria notturna.

La notte era scura, i raggi lunari erano stati fermati dalle nubi, la città protetta era quieta e gli abitanti dormivano tranquilli.

Ora era libero, ma un problema lo attanagliava allo stomaco e lo faceva pensare, si nascose in un vicolo chiuso e buio. Trovato un posto sicuro e isolato sotto un ponticello basso vicino alle mura iniziò a meditare. Un elfo, dove trovarne uno che lo volesse aiutare? Usare la forza sarebbe inutile e non se la sentiva. A Thimril si levarono delle urla provenienti dalla prigione, probabilmente avevano scoperto la cella vuota, e la notte passò così, tra la ricerca del fuggitivo e le preghiere di Religorn di non farsi scoprire. Ai primi raggi del sole, Religorn, stanco e affamato si diresse verso la locanda cittadina. Con se aveva solo poche monete trovate nel baule con la sua armatura, dovevano però bastare per un pasto.

Sempre con cautela e con cappuccio tirato sopra il viso si diresse alla locanda attirando sguardi curiosi dai fanciulli e di inquietudine dalle madri che li allontanavano da lui. Appena entrò il tepore e il chiacchiericcio lo fecero tranquillizzare.

Si avvicinò al bancone e disse:<< Una caraffa di idromele e dell'arrosto di cinghiale>> l'oste rispose:<<Subito signore, si accomodi>>, lo squadrò e sicuramente si stava chiedendo se potesse pagare, quindi Religorn mise subito i soldi sul bancone e l'oste felice li prese e si addentrò in cucina. Il locale era accogliente, in legno e con un camino al centro. I tavoli e le sedie solidi e semplici non sfiguravano affatto, anzi faceva un bell'effetto nel complesso. Il bancone di quercia era lucido e la cameriera stava portando cibo e da bere ai presenti. Osservò gli altri clienti, c'era molta gente, per lo più uomini, alcuni brilli altri che discutevano tranquillamente tra amici. Al tavolo udiva i discorsi della gente e era rassicurato dal fatto che non lo degnavano di uno sguardo. Mentre mangiava l'oste chiese <<Siete nuovo in città signore?>> <<Si, sono di passaggio>>. Non gli piacque lo sguardo del barista, che sembrava fissare la gente dietro di lui. Finì il suo pasto e fece per andarsene, ma un elfo scuro di viso, capelli raccolti in una coda castana e occhi color ebano lo fermò. <<Dove credi di andare? Sappiamo che sei il fuggiasco, e sappiamo che c'è una bella taglia su di te.>> Appena finita la frase altri 3 elfi si avvicinarono minacciosi e il loro capo sferro un pugno nello stomaco a Religorn che col fiato corto si allontano e cadde sul tavolo alle spalle. In quel momento un fiume di rabbia lo travolse, i suoi genitori morti, aveva una missione importante e questi volevano fermarlo? Corse verso il suo aggressore e con una ginocchiata al fianco lo fece inginocchiare, << Vorresti consegnarmi? fai pure, se riesci a fermarmi.>> gli altri tre elfi erano spaventati e lo lasciarono andare, forse per la violenza del colpo o per il fatto che avevano visto le armi che portava sotto la cappa scusa, si girò e uscì dalla taverna in fretta.

ReligornDove le storie prendono vita. Scoprilo ora