Jimin POV
Uscii dal bar con il mio caffè bollente in mano e rabbrividii subito.
Che freddo.Passeggiai per le stradine di Incheon, verso la periferia. Volevo fare una bella camminata senza rischiare di andare addosso a qualcuno o imbattermi in vecchi amici. Avevo bisogno di tranquillità.
Poco prima ero stato a casa di Taehyung, volevo vedere come stavano i suoi e soprattutto la sua sorellina.
Taehyung si stava rimettendo e dopo tutto questo periodo abbastanza schifoso, sapere che stava migliorando era la cosa migliore.
La fuga di Hana aveva spezzato il cuore a tutti. Il clima che si era creato in cui tutti erano felici si era interrotto in pochi secondi, dopo che Jungkook aveva trovato la lettera in camera sua.
Il risveglio di Taehyung era quello che tutti aspettavamo: prima di tutto perché ci serviva un evento del genere per migliorare l'atmosfera tra di noi, e secondo perché lo rivolevamo tra di noi.
Quando eravamo andati a trovarlo appena appresa la notizia del suo risveglio, aveva fissato la porta per tutto il tempo sperando di vedere Hana. Non ci aveva chiesto niente, e ancora non lo faceva. E sapere che stava così male non ci faceva piacere... Ma cercavamo tutti di andare avanti.
Mi accomodai su una delle tante panchine del parco vicino casa di Taehyung e respirai l'aria primaverile. Si sentiva la differenza tra l'aria di periferia e l'aria del centro. Tutta questa calma mi rilassava, e ne avevo proprio bisogno.
Mi stavo riprendendo poco a poco.Quando Hana se n'era andata mi era crollato il mondo addosso. Non solo non avevo più il mio migliore amico, mio fratello, ma avevo anche perso la persona che amavo.
Era stato così difficile, e ancora più complicato era stato far finta di essere forte per gli altri. Non volevo fargli vedere che stavo male, loro avevano bisogno di un supporto e volevo esserlo io.
Il risveglio di Taehyung era stato un aiuto enorme per me, almeno non dovevo fingere poi così tanto che tutto stesse andando per il meglio.
Era stato una luce di speranza in mezzo al buio, un motivo in più per credere che tutto si sarebbe sistemato.Sorrisi ripensando alla conversazione che avevo avuto ieri con lui. Avevamo parlato della nostra infanzia, di tutti i litigi che avevamo superato per qualsiasi cosa, qualsiasi gioco o vittoria non meritata.
Ci piaceva andare dietro casa sua e lì giocavamo col suo cane. A turno gli lanciavamo una pallina che avevamo costruito assieme, su cui avevamo scritto i nostri nomi. Quelli erano bei tempi, dove tutto ci sembrava magnifico, dove eravamo sempre felici e andava tutto bene.
Ci eravamo promessi di affrontare tutte le difficoltà assieme e soprattutto di superarle. Ed ero sicuro ci saremmo riusciti di nuovo.Sollevai lo sguardo e osservai lo spazio attorno a me. Un gruppo di bambini giocava vicino ad un'altalena. Facevano a gara a chi riusciva ad andare più in alto, e mi rallegrai sentendo le loro risate forti. Quelle risate spontanee che si fanno raramente ma che per i bambini è facile fare.
Più in là un altro gruppo di bambini giocava sullo scivolo e anche loro ridevano spensierati. Mi facevank tenerezza e sorrisi di nuovo, pensando ai miei amici.
Distolsi lo sguardo da loro.
Una coppietta di vecchietti stava camminando a braccetto lungo il viale del parco. Sorridevano assieme e lui sembrava intento a raccontarle qualcosa che subito sembra preoccuparla, per poi farla scoppiare a ridere. Lui la guardava come si dovrebbe guardare la cosa più bella del mond. Lui si che sembrava star bene ed essere felice.
Una coppietta di ragazzi cammina a dal lato opposto. Si tenevano per mano, ancora timidi, e parlavano tranquillamente del più e del meno.
È incredibile come la vita sia imprevedibile.
Io ero lì, seduto su una panchina mentre attorno a me altre persone con storie diverse vivevano, senza nemmeno curarsi della mia presenza o addirittura senza notarla. E io stesso avevo fatto questo fino a che non avevo alzato lo sguardo.Smisi di osservare i due ragazzi, e il mio sguardo si spostò su una figura seduta sulla panchina dall'altra parte della strada. Aveva dei capelli lunghissimi raccolti in una coda, qualche ciuffo sbarazzino le ricadeva sulla fronte. Le ginocchia erano portate al petto e la testa era appoggiata su di esse, quasi come se si volesse esternare da tutto e tutti.
Sembrava intenta a riposare, o addirittura a dormire. Indossava un paio di jeans e un cappotto lungo grigio. Senza accorgermene rimasi a fissarla per qualche minuto. Non so perché, ma avevo come la sensazione di dovermi avvicinare a lei.
Scrollai di dosso quella sensazione e sospirai. Forse era meglio tornare a casa.
Diedi un'ultima occhiata ai bambini che giocavano e mi alzai dalla panchina. Invece che tagliare per l'erba e passare in mezzo ai bambini, seguii la piccola stradina di sassi che circondava il parco e senza volerlo, passai davanti la ragazza seduta sulla panchina. Non era circondata da nessuno, forse voleva stare da sola.
Le passai davanti ma non poco dopo averla superata, sentii dei lamenti provenire da lei. Mi bloccai subito e appena ne sentii altri, mi girai a fissarla. Sembrava avere il respiro affannato, come se si stesse lamentando per un dolore.
Mi resi conto che si stava tenendo lo stomaco con un braccio. Sembrava stringerlo forte e piangere. Mi preoccupai molto e decisi di avvicinarmi, il mio sesto senso mi diceva che c'era qualcosa che non andava.
<<Ciao, scusami se ti disturbo, ma stai bene?>> chiesi cautamente senza sembrare un maleducato.
Lei bloccò subito i suoi singhiozzi e si irrigidì. Lo notai subito e preoccupato mi avvicinai ancora di più.
<<Stai bene? Se hai bisogno di qualcosa potrei aiutarti>> continuai preoccupato. Non volevo farle del male, volevo solo aiutarla.
Lei sembrò esitare un po' e finalmente alzò il viso. Gli occhi scuri di Hana si intrecciarono con i miei.
Il mio respiro si fermò.
Hana.
Dopo tre mesi, Hana era davanti a me.
Non riuscii a muovere un solo muscolo o a dire una sola parola, ero completamente paralizzato. Osservai per qualche secondo il suo viso. Gli occhi profondi, la cicatrice sbiadita sulla fronte e le labbra curve e piene.
Era davvero lei.Lei non distolse nemmeno per un secondo lo sguardo da me, eravamo incatenati l'uno all'altro come se per sopravvivere avessimo avuto bisogno di guardarci negli occhi.
La osservai mentre all'improvviso sembrò contorcersi in una smorfia di dolore e ritornai in me.
Mi avvicinai subito a lei e mi accorsi di una macchia rossacea sul suo stomaco. Lo teneva stretto e continuava a lamentarsi del dolore, quasi facendo fatica a respirare.
La maglietta era lacerata sull'addome e le usciva sangue, molto sangue.
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Blood, Sweat & Tears (RUN II) - BTS Italian Fanfiction
Hayran KurguSeguito di RUN (I)