Capitolo 19 - Storie

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<<Incontri tua madre una sera in un pub. Lei era seduta ad un tavolo con un tizio non molto simpatico, che era il suo ragazzo all'epoca. Tua madre si stava annoiando un sacco a giudicare dalla faccia, e in più quell'uomo era proprio uno sbruffone. Non so cosa c'era in quella donna, ma mi incuriosiva. Il suo sguardo si era posato su di me un secondo, i nostri occhi si erano incontrati ed era come se lei avesse capito chi fossi. Aveva fatto una faccia stupita, poi era tornata a seguire il discorso dell'altro. Ad un tratto lui doveva averle detto qualcosa di davvero brutto, perché lei si alzò di scatto, dandogli dello stronzo, ed era uscita di gran lega dal pub. L'uomo la chiamò più volte mentre lei si dirigeva all'uscita. Attese qualche attimo, pli lasciò dei soldi sul tavolo e la seguì infuriato fuori. Non so cosa, ma sapevo che qualcosa sarebbe andato storto. Pagai e uscii anche io, seguendo l'uomo da lontano. Lo vidi afferrare tua madre per i capelli e trascinarla dentro un vicolo. Aumentai il passo e li raggiunsi. Quell'uomo la stava picchiando! Non ci vidi più, lo afferrai per il bavero e lo scaraventai lontano. Tua madre mi guardò sconvolta, spostando lo sguardo da me all'altro. "Che diamine sei?". Ero sicuro di non essere trasformato, eppure lei era come se lo sapesse. L'aiutai a rialzarsi e la riaccompagnai a casa, non ci dicemmo una parola. Nei mesi a seguire la incontrai spesso, di solito per caso. Fu lei a venire a parlarmi un giorno. "Devo parlarti" mi disse seria. Delicata eppure così sicura di sé. "A che proposito?" gli chiesi. "Sei un demone?"Avevo riso. "No". "Meglio, perché io sono molto religiosa", poi mi ha preso e mi ha baciato. Da lì si può dire sia nata la nostra storia d'amore. La cosa che mi sconvolgeva era che non aveva mai paura di me>>

<<E poi è morta>>

<<Già. Non pensavo potesse davvero nascere qualcosa dalla nostra unione. Invece nascesti tu>>

<<Quando morì mi sentii così impotente. Se l'avessi trasformata in tempo l'avrei potuta salvare. A volte il destino è proprio crudele>>

Mi vennero le lacrime agli occhi. Per prendere un gioco, mio padre non aveva potuto salvarla. Che vedesse in me la colpa della sua perdita? Ma aveva appena detto di amarmi. Lo guardai, cercando una traccia di risentimento nei suoi occhi, ma lui sembrava invece tranquillo, lo sguardo triste, ma non arrabbiato.

<<Mi dispiace>> dissi con un fil di voce.

Lui mi sorrise. <<Lo so, piccola, non preoccuparti>> mi accarezzò la guancia. <<Non si può sfuggire al fato, a volte>> sospirò.

Restammo in silenzio per un po', ognuno immerso nei proprio pensieri, finché il mio cellulare non suonò.

<<Pronto?>>

<<Veronica!>> una voce familiare.

<<Ludwig!>>

<<Sei viva! Stai bene?>>

<<Sì, sto bene>>

<<Dove sei? C'è Vladimir lì con te? Ti tiene prigioniera? Stiamo venendo a salvarti>>

<<Non sono con Vladimir>>

<<Dove si trova? È andato via?>>

<<Sono con mio padre>>

Ci fu un attimo di silenzio. <<Stai bene?>>

<<Sì, sto benissimo. Non sono ferita>>

<<Ti ha fatto del male? O vuole fartene? Ti tiene prigioniera?>>

<<No, Ludwig, sto bene!>>

<<Passamelo un secondo>> disse mio padre allungando una mano. Lo guardai preoccupata, poi esitante gli diedi il telefono, sperando non lo rompesse in due.

Se lo portò all'orecchio e annuì alcune volte.

<<Non puoi venire qui. Verrò io da te>>

<<No>>

<<Sì>>

<<Non preoccuparti, non ho nessuna intenzione di farle del male. Devo discutere con te di alcune cose>>

<<Va bene>>

<<Allora a tra poco>>

Lo guardai.

<<Cosa...?>>

<<Qualcuno ti rivuole al suo fianco. Andiamo>>


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