Lunch

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Un cancello bianco e arrugginito si staglia davanti a me. Dietro di esso un enorme edificio grigio sembra messo lì solo per deprimere i passanti.
-Wow, veramente orrendo. E il paesaggio autunnale non è che aiuti.- commenta Sehun.
Mi ha accompagnato qui, conscio che presto non ci vedremo per un po' di tempo. Mi imbottiranno di farmaci e sedute psichiatriche, ci sono già passato, e avere allucinazioni in quello stato è parecchio difficile.
Prendo un respiro profondo e mi volto per salutare mia mamma, l'unica che sembra veramente interessata alla mia partenza. La abbraccio impacciato, per poi dirigermi verso il cancello che nel frattempo si è aperto.
Vengo accolto da un'infermiera con il camice azzurro e un fiocco nei capelli, che mi rivolge un sorriso gentile e mi accompagna all'interno dell'edificio.
Noto immediatamente che ad ogni porta c'è un uomo vestito di nero. Anche Sehun lo nota, e non manca di commentare.
-Quanto può essere noioso starsene lì tutto il giorno in attesa che qualcuno deliri?-
Alzo gli occhi al cielo. "Sei sempre così fuori luogo."
-Ammettilo che ti mancherò.-
"Mai." Mi risponde con una liguaccia.
Entriamo in un ufficio con le pareti giallo chiaro e mi vengono fatte alcune domande sul mio "disturbo". Rispondo distrattamente, osservando due mosche che si contendono la luce del lampadario sul soffitto. Che stupide, non fanno altro che sbattere contro il vetro quando fuori di qui c'è un mondo pieno di luce. Mi chiedo perché le mosche non siano ricoverate al posto mio, in fondo non sono messo peggio di loro.
-Il polso.- sta dicendo l'infermiera.
-Mh?- mi giro a guardarla e noto che mi sta tendendo un oggetto metallico.
-Puoi darmi il polso?-
-Ah, sì. Scusi.- le porgo il braccio e mi blocca l'oggetto intorno al polso. È un braccialetto elettronico.
-Questo serve a prevenire ogni tipo di trasgressione alle regole. Se dovessi uscire dalla struttura, ad esempio, o avere comportamenti violenti verso gli altri pazienti o verso te stesso, rilascerà una scossa appena sufficiente a paralizzarti per qualche minuto. Ti assicuro che stare in quelle condizioni è una bella scocciatura, perciò- mi fissa e mi sorride –fai il bravo.-
Solo ora mi accorgo di quanto sia falso il suo sorriso.
La prossima tappa è la mia stanza, che scopro corrispondere ad un locale largo abbastanza per un letto, un armadio ed una scrivania. Le pareti sono bianche, o almeno lo erano, prima che il tempo e l'umidità non le avevano ancora rese grigie e macchiate di verdognolo.
-Disgustoso.- sussurra Sehun dietro di me.
"Grazie, sai sempre come essere rassicurante." gli rispondo con sarcasmo.
-Ora non è molto accogliente, ma appena ti ci sarai ambientato puoi chiedere ai nostri inservienti qualche materiale per arredarla.- mi spiega l'infermiera.
-Sì, tipo un poster con un gattino su un ramo.- le risponde Sehun, sbuffando.
-Va bene, grazie.- le dico io, ignorando il mio amico.
-Tra un'ora serviremo il pranzo, il refettorio è in fondo a questo corridoio a destra.-
La donna lascia la stanza ed io inizio a sistemare i miei pochi vestiti nell'armadio. All'interno di esso trovo quella che senza dubbio è l'uniforme dell'istituto, ovvero felpa e pantaloni della tuta bianchi. La maglietta posso sceglierla tra le mie. Una grande consolazione.
Indosso controvoglia quei vestiti con sotto una semplice T-shirt nera. Quando ancora ballavo e non ero un "mostro ritardato" quella maglietta avrebbe fatto perdere la testa a parecchie ragazze, ma ora non è altro che uno straccio per coprire il mio fisico asciutto e scarnito per colpa delle medicine.
Saluto Sehun e mi avvio verso il refettorio. Sento delle voci, alcune sembrano anche amichevoli.
Entro e adocchio il primo posto libero, senza badare alla persona già seduta a quel tavolo. Per un attimo penso di chiedere se quel posto sia libero, ma poi la guardo meglio: è una ragazza accucciata sulla sedia con la schiena curva sul tavolo, che disegna cerchi invisibili con il dito sulla superficie di legno. I suoi occhi sono enormi, spalancati e fissi verso il basso.
Appena sente la sedia davanti a lei spostarsi alza lo sguardo di scatto e mi fissa terrorizzata. Decido di non farci caso e mi siedo comunque. Poco dopo arriva un ragazzo alto con i capelli rossi, che si siede di fianco alla ragazza e la abbraccia. Questa volta non sembra terrorizzata, anzi si stringe per adattarsi meglio alle braccia del ragazzo. Quest'ultimo si gira verso di me e mi sorride a trentacinque denti.
-Ciao! Sei nuovo?-
-Mh, già.-
-Io sono Chanyeol. E lei è Alison. Non parlare prima di due settimane da oggi.-
-Uh, okay. Comunque, io sono Jongin.-
-Allora, perché sei qui?-
-Per... il pranzo, no?-
Chanyeol scoppia a ridere.
-Intendo, che ci fai dentro questo istituto di merda?-
-Oh, quello. Io... non io, la mia altra personalità ha mandato in coma un ragazzo che mi insultava picchiandolo. Sono schizofrenico.- spiego.
-Figo. Io sono stato valutato potenzialmente pericoloso e affetto da psicopatia dopo aver tentato di accoltellare mio padre. E Alison è paranoica, ha colpito sua madre con una mazza da baseball in testa.-
Ecco perché sembrava così terrorizzata. Paranoia, che brutta cosa.
-Beh, se fossimo in una mensa scolastica di un allegro potremmo parlare delle ragazze carine e di sport, ma dato che questo è un manicomio la prima cosa da fare è metterti in guardia.-
Quanto parla questo tizio.
-Innanzi tutto evita il più possibile i ragazzi con il braccialetto elettronico, come me.- ride. Poi mi osserva e nota che siamo nella stessa situazione. –Bene, a parte me che ora ti sono amico, evita quelli come noi. I loro comportamenti sono incontrollati e spesso ingestibili.-
Annuisco. Incontrollato e ingestibile. Sì, è la definizione perfetta per Kai.
-Se proprio non puoi fare a meno di metterti nei guai, evita assolutamente di farlo con quel ragazzo nel tavolo all'angolo.-
Mi giro a guardarlo.
È... piccolo, con le spalle strette e gli occhi enormi. Sembra un cucciolo. I capelli scuri gli cadono sulle folte sopracciglia, rendendo il suo sguardo ancora più innocente.
-E' uno psicopatico.-
-Anche tu lo sei.- gli rispondo, accigliato.
-Sì, ma lui è veramente... Pericoloso.-
Sposto lo sguardo dal ragazzo a Chanyeol, incredulo.
-Quello lì sarebbe pericoloso? Se gli soffio sul naso cade all'indietro.-
-E' questo che ti fotte. Sembra tanto piccolo e carino, poi ti ritrovi senza un arto per colpa sua. Tratto da una storia vera.-
Lo guardo di nuovo, basito. Non riesco a immaginarlo con una motosega in mano che minaccia ti tagliarti una gamba.
-Comunque, stagli alla larga. Ah, si chiama Kyungsoo.-
Sto per ribattere di nuovo ma la campanella della cucina mi interrompe, facendoci ammassare tutti davanti alla porta per ricevere la nostra razione di cibo.
Minestra, meraviglioso.
-Sei arrivato nel giorno peggiore.- mi spiega Chanyeol. -Al venerdì fanno la pizza.-
-Ah, la prossima volta allora ritardo di un giorno a mandare in coma una persona.- replico.
Chanyeol prende la sua razione e quella di Alison, evidentemente troppo impaurita per avere un contatto fisico con le persone al di fuori del suo amico. Torniamo al nostro tavolo e passiamo il resto del pasto in silenzio.
Quando torno nella mia stanza, Sehun mi aspetta steso sul letto.
-Heilà.- lo chiamo, finalmente libero di parlargli ad alta voce.
-Oh, Hyung. Com'è andata?-
-Uno schifo. Minestra. Ho conosciuto uno psicopatico e una paranoica.-
-Allettante. Tutto qui? Mi sembra ci sia altro.-
-Un ragazzo... Kyungsoo.-
Prima non lo avevo detto, al refettorio. Ma...
-Io... l'ho già visto da qualche parte.-  

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