14: Destini incrociati, mondo in fiamme

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Senza limiti.
Non ci sono corde che ti tengono legato, qualunque cosa tu faccia può essere giusta.
Manderesti il mondo in fiamme se potessi, ma devi aspettare che prima tutti lascino questo posto.
Hai paura della verità.
In un sogno non c'è verità.
C'è solo fantasia.
Due destini incrociati e separati.
Un mondo in comune.
Le fiamme ardenti nel cuore.
La vita che muore insieme il loro sogno più grande.
Incontrarsi di nuovo.

Punto di vista Giuliet
"Non c'è bisogno che mi guardi in quel modo." Dissi senza smettere di leggere il mio libro.
"Allora rispondi alla mia domanda. Qual'è il tuo sogno?" Mi chiese lui.
"Non ne ho un preciso." Risposi con freddezza.
"E allora...se lo avessi? Cosa faresti?"
Chiese, ancora, lui.

"È un sogno solo fin quando non ti svegliano." Risposi ovvia, senza lasciare il mio libro.
"E se non ti riuscissi a svegliare?"
Chiese lui con insistenza.
Posai il libro sul tavolo e lo guardai negli occhi.
Sorrisi e poi, con tono freddo, risposi:
"Dormirai per l'eternità."

Rimase un pò spiazzato per le mie parole.
Lui voleva la verità.
Io gliel'ho data.
Erano più di due ore che stavamo su quel tavolo a studiare.
Sul tavolo della libreria di mia sorella.
Lui mi guardò sottolineare e alzando gli occhi scorsi, un sorriso.
"Allora, se questo significa restare nel mio sogno, dormiamo per l'eternità. Insieme."
Lo guardai con fare dubbioso.
"L'eternità è troppa per passarla con te. Non mi va assolutamente."
Dissi ritornando ai miei libri.
"Disse colei che sognava sui libri di scuola nelle ore di chimica."
Lo fulminai con lo sguardo.
"Nicholas, per me chimica è la noia totale...tutte quelle sigle...non mi far pensare."
Dissi guardando in aria e iniziando a pensare alla tavola periodica degli elementi.
Lo sentii ridere.
Una risata bella...melodica.
Ritornai con lo sguardo su di lui e lo fulminai.
"Che hai da ridere ?"
Lui fece segno al libro che aveva d'avanti e ridendo disse:
"Stiamo studiando chimica da più di due ore...e tu eri immersa nei tuoi sogni."
Guardai prima lui e poi il mio libro.
Poi di nuovo lui e infine il mio libro.
"Omh...okay, facciamo una passeggiata." Dissi prendendo ,velocemente, il mio cappotto e quello del ragazzo d'avanti i miei occhi.
"Prendi" Dissi lasciandogli la giacca.
Rideva.
Gli piaceva guardarmi in difficoltà.

Mia sorella ci guardò stranita.
"Andate?" Chiese lei, mentre io trascinavo verso la porta Nicholas.
"Si, addio." E così chiusi la porta alle mie spalle.

Lasciai di scatto la mano del ragazzo che ora mi stava guardando in modo strano.
Mi aggiustai nel mio cappotto e guardai le nuvole.
Così, senza proferire parola, iniziammo a camminare.
In quella giornata fredda di Novembre.

"Allora, hai capito qualcosa di quello che abbiamo studiato?" Chiese Lui, mentre guardavo il cielo.
"Sinceramente? Non so nemmeno cosa stavamo studiando."
Dissi voltando lo sguardo verso di lui.
"Allora non sono l'unico!" Rispose mettendosi le mani in tasca.

Ci sedemmo su un muretto e iniziammo a parlare di svariate cose.
A un certo punto arrivò quel gesto.
Arrivò quella frase.

Mi prese la mano e la guardò.
La sfiorò con l'altra mano sotto il mio sguardo.
Senza guardarmi disse tutto quello che aveva da dire.
"Come stai?"
Cosa abbastanza banale per alcuni...ma io sapevo che non era per il mio stato fisico.
Più per quello mentale.

"Non chiedere ciò che non vuoi sapere." Dissi strattonando la mia mano e alzandomi dal muretto.
"Piuttosto, tu come stai?" Chiesi girandomi verso di lui.

In quel momento avevamo creato una specie di muro tra di noi.
Eravamo ritornati di nuovo all'inizio.
Eravamo di nuovo in pò più lontani.

Lui mi guardò.
Aveva uno sguardo di quelli che ti vorrebbero raccontare tutto, ma che doveva tacere.
Non proferimmo parola per un pò.
Poi lui buttò giù quel muro.
Fece un sorriso e si avvicinò a me.
"Non chiedere cose che non vuoi sapere."
Detto questo passò avanti, lasciandomi quel poco indietro.

In quel momento sentii la distanza.
Quella distanza che si può sentire solo quando non si è a proprio agio.
Quella distanza che si sente solo con le persone vicinissime.

"Va tutto a rotoli. Tutto. Non può andare sempre bene del resto."
Dissi alzando un pò la voce.
Lui si girò guardandomi.
"Non sei l'unica.
Tutto ruota in quello che faccio io.
Potrebbe durare per l'eternità o durare un minimo secondo.
Una catastrofe...direi." disse le ultime parole con un sorriso sulle labbra.
Non il solito sorriso splendente.
C'era malinconia...

Tolsi le mani dalla sua tasca e le strinsi.
Lo guardai negli occhi.
"Prima o poi tutto ciò si trasformerà in una bella realtà. Te lo prometto."
Passarono secondi interminabili a guardarci negli occhi, senza capire ,realmente, di cosa avevamo bisogno.

.....

"Mamma sono a casa!" Gridai, lasciando le chiavi sul mobile.
Guardai l'ora.
23:30.
Tutto il giorno nella libreria a studiare, persi in altri pensieri che non riguardavano la scuola o lo studio.
Girai la testa e mi spaventai.
"Mamma, mi hai fatto prendere un colpo." Dissi appoggiando le mani al petto.
Lei mi guardava seria.
La sua espressione non cambiava, era un blocco di ghiaccio.
Mi avvicinai a lei togliendomi la giacca.
"Cosa c'è?" Chiesi.
Lei mi guardò dall'alto in basso e infine:
"Noi due dobbiamo parlare."
"I tuoi dobbiamo parlare mi spaventano." Dissi, anche io, seria.

Mi condusse in cucina.
"Siediti." Disse indicando la sedia.
Mi sedetti e da lì incominciò tutto.
"Nicholas, Nicholas Riccardi. Perchè lui?"
"Perchè lui cosa ?" Chiesi.
"Perchè lo frequenti?"
"Io non lo frequento è solo un ragazzo che mi è vicino e stiamo perennemente insieme in questi ultimi tempi." Dissi.
Lei mi guardò con uno sguardo che voleva dire solo "mi stai prendendo per il culo?"
E quella domanda non tardò ad arrivare.
"Mi stai prendendo per il culo?"
"No, mamma. Ti ho solo esposto i fatti." Dissi decisa.
"Senti, Giuliet. I Riccardi non si frequentano. Punto e basta."
Disse lei autoritaria.
Mi alzai senza proferire parola.
Andai verso la porta e...
"Se mi sbarri anche questa chance di essere me stessa, tu non sarai più nessuno nella mia vita. Mi puoi comandare, mi puoi imporre cose...ma, non puoi vietarmi di stare in compagnia di persone che, finalmente, mi fanno sorridere."

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