17: Granade

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Punto di vista Giuliet
"Buongiorno gente. Oggi mi sento felice."
Gridai, entrando nell'aula.
La mia espressione passò da felice a quella di una che aveva fatto una cazzata.
I miei compagni di classe mi guardarono seri, dalle loro facce non trapelava nessuna emozione.
"Su, dai. È dicembre. Mancano 24 giorni a Natale. Un pò di felicità." Dissi gesticolando.
Lauren mi guardò e mi ammonì con il suo solito sguardo crudele.
"Bene..."sussurrai tra me e me mettendomi a sedere.
Prima che potesse suonare la campanella dell'inizio lezione, dalla porta, entrò Nicholas.
Lo guardai attentamente.
Aveva un largo sorriso.
Sembrava davvero felice.
E io, lo ero per lui.
...
Guardai l'orologio appeso al muro.
10:30.
Mi girai e guardai dalla parte di Nicholas.
Mi stava fissando.
Mi fece un cenno con la testa.
Si alzò dalla sua sedia ed uscì fuori.
Mi alzai anche io e lo seguii.
Uscii dall'aula voltandomi verso le macchinette, lo guardai mentre lui era appoggiato al muro.
Lo raggiunsi e con uno scatto veloce mi mise al muro.
"Sei felice oggi." Constatò.
Io sorrisi.
"Si, sono molto felice." Dissi, togliendo le sue braccia dal muro e avvicinandomi alle macchinette.
Presi i soldi dalla tasca e infilai essi nella macchinetta.
Mentre selezionavo il numero sentii la sua voce.
"Oggi cosa fai?" Mi chiese.
"Nulla" dissi, intenta a prendere il mio pacchetto di biscotti dalla macchinetta.
Si avvicinò a me, mentre, io mi giravo dala sua parte.
Era a pochi centimetri da me.
"Allora ti aspetto alla fontana del parco, alle 17." Disse, per poi voltarsi e uscire dall'istituto.

"Allora ragazzi, quest'anno faremo il ballo di Natale. Lo sapete tutti ormai.
È da Novembre che state comprando i biglietti. Lo organizzeranno quelli del quinto. Questo è tutto quello che ho da dire." Sentii dire dalla rappresentante di classe.
Non aveva nemmeno lei una bella cera.
Cosa hanno tutti oggi?

Dopo la scuola non lo vidi per tutta la giornata.
Tornai a casa ed entrai nella mia stanza.
Mi buttai sul letto e addio felicità.
Avevo bisogno di non pensare più a nulla.
Avevo bisogno di liberare la mente...perchè  ogni volta che varco la porta di casa mi sento male e mi crolla il mondo addosso.
Chiusi per un'istante gli occhi e subito dopo sentii bussare alla porta della mia camera.
Aprii di scatto gli occhi e vidi mia sorella entrare dalla porta.
Mi guardò in silenzio, senza emetter fiato.
Si avvicinò al mio letto e si sedette su di esso.
"Esci oggi?" Mi chiese.
"Certo" risposi con un largo sorriso.
Mi guardò seria.
Aveva una faccia che metteva paura.
Si alzò dal letto dirigendosi verso la porta.
Poi, prima di aprirla, si voltò e mi squadrò per un ultima volta.
"Non fare tardi, okay?" Disse per poi uscire dalla mia stanza.
Mi misi comoda e guardai il soffitto.
La mia vista si appannò e dopo un pò non vidi più niente.
Il buio totale.

Ore 17:00
Il suono assordante di un qualcosa di non molto lontano.
Aprii gli occhi e mi guardai attorno.
Intontita sollevai il busto e mi stropicciai gli occhi.
Una suoneria.
Mi guardai intorno e cercai la fonte del suono.
Vidi il mio telefono illuminarsi e allora lo presi.
Guardai la schermata e a quel nome mi spaventai.
Trascinai velocemente il tasto verde, misi il telefono all'orecchio e non ebbi nemeno il tempo di formulare una domanda.
Il mio cuore si fermò in quell'istante.
"Devi venire in ospedale. Fai veloce...ho bisogno di te."
E chiuse la chiamata.
Mi alzai dal letto, mi misi il cappotto e il cappello, andai verso la porta e l'aprii velocemente.
Uscii sbattendola alle mie spalle.
"Ti prego, fai si che non sia successo nulla di grave. Ti prego." Dissi tra me e me.
Da lì iniziai a correre.
L'ospedale non distava molto da casa mia.
Mi bastava solo correre.
Una lotta tra me e il tempo.

Ore 17:15
Entrai nell'ospedale e senza chiedere nulla, corsi al piano di sopra.
La gente mi stava guardando male...
Non presi nemmeno l'ascensore, usai diretamente le scale.
Le salii in fretta e furia.
Appena giunta al piano, svoltai a destra e trovai mia sorella in lacrime.
Si voltò dalla mia parte...
"Cos'è successo?" Chiesi flebilmente.
Non mi rispose, mi venne in contro e mi abbracciò.
Ero rimasta un pezzo di ghiaccio.
I miei occhi guardavano la sala...e le mie emozioni si spensero.
Allontanai mia sorella.
"Cosa sta succedendo?" Chiesi con un tono di voce troppo alto.
Lei mi continuava a guardare senza parlare.
Senza emetter fiato.
"Cosa è successo?" Scandii le parole alzando ancora di più il tono di voce.
Lei abbassò la testa.
Feci qualche passo indietro.
"Mancano poche settimane, non reagisce più. Non serve più a nulla la pompa o tutte quelle cazzate che gli hanno messo. Non serve più a nulla." Disse ,fredda, mia madre, spuntando dal nulla.
La guardai.
Cinque secondi per collegare il tutto, poi, le mie gambe iniziarono a muoversi da sole.

La cruda verità di chi vive in una fiaba andata a male.
Pensai.

Spalancai la porta della camera di mio padre.
Allora, solo allora, caddì a terra.
Solo allora capii la gravità della situazione.

Non andai a quell'appuntamento.
Non andai più da nessuna parte.
Uscivo da quell'ospedale solo per dormire. La mattina, come se nulla fosse, mi svegliavo, mi vestivo...e rientravo lì dentro.
Non misi piede a scuola per molto tempo.
Per tanto tempo.
I messaggi iniziarono ad arrivare sempre di più e le telefonate iniziarono ad aumentare.
Sapevo che tutti quei messaggi erano di una sola persona.
Nicholas.
Spensi il telefono e non lo accesi più.
Mi sconnessi da tutto il mondo.
Mi rinchiusi in me stessa senza far capire nulla a nessuno.

I giorni li passavo su una sedia a parlare a mio padre.
Non mangiavo più nulla.
Tutto questo nel giro di sole due settimane.
Il ballo di Natale si avvicinava...

Guardai mio padre e mi alzai dalla sedia.
Andai vicino il suo letto e mi misi in ginocchio.
Lo guardai per un pò e poi iniziai a parlargli.
"Erano tante le cose che volevo fare con te.
Ricordo appena i momenti felici...
Il tuo sorriso o la tua voce.
Non riesco più a ricordare nulla di te.
Non riesco a capire come cavolo tu abbia fatto a finire qui. Un uomo forte come te."
Risi un pò per non mettermi a piangere.
"Forse sbagliavo, non dovevo crederci.
Anche gli eroi si fanno male e rischiano la vita. Non sono immortali."
Tirai su con il naso.
"E tu lo hai fatto solo per proteggere la tua famiglia. La tua città.
Come un vero eroe.
Gli eroi vivono così poco per poi essere ricordati.
Ricordati per sempre.
Se vivono per sempre, non verranno più giudicati eroi.
Moriranno essendo i cattivi.
Tu sei stato un'eroe fino alla fine...
E continuerai ad esserlo.
Nel mio cuore."

CenerentolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora