18: Tornerai...

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Punto di vista Nicholas
1 Dicembre

Appena finì la scuola, uscii dall'istituto andando dritto a casa.
Il fatto che io volessi chiedere a Giuliet di venire al ballo con me...era una cosa nuova.
Non avevo mai chiesto nulla del genere alle ragazze, in generale.
Lei si.
Perchè?
La mia domanda era solo perchè?
Tutto quello che mi passava nella mente mentre camminavo, era quella domanda.
Non mi sapevo dare risposte e nemmeno spiegazioni.
Era solo un caso irrisolto.

Camminavo con il cappuccio calato sulla testa.
Una specie di scudo c'era tra me e il mondo.
Arrivai a casa aprendo la porta e salendo le scale.
Guardai mia madre indaffarata nella cucina.
"Tutto apposto?" Domandai.
Lei si voltò verso di me e mise in mostra il livido. Un grosso livido violaceo era sulla sua faccia.
Mia madre sorrise trattenendo a stento un gridolio di dolore, mi parai davanti a lei e gli diedi una carezza sulla guancia.
"Cosa ha fatto?" Chiesi.
"Nulla." Rispose solo, distogliendo lo sguardo dal mio.
"Mamma" la richiamai.
Lei si rivoltò e mi sorrise.
Uno di quei sorrisi che mettevano a tacere tutto.
"Tutto finirà." Affermò per poi asciugarsi le mani ed uscire dalla cucina.
La vidi andare via mentre, io mi sorressi con le mani alla parte in marmo della cucina.
Chiusi gli occhi e iniziai a pensare.
Quello che stava frullando nella mia testa era vietato alla legge.
Non vedevo l'ora che mio padre finisse tra le sbarre.
E in quel momento, di silenzio assordante, pensai a quanto lei fosse stata la mia ragione per non fare cazzate.
A quanto, lei, mi abbia salvato.
A modo suo, in un modo perfetto.

Nella mia stanza iniziai a pensare a ciò che le avrei dato, a ciò che le avrei detto quando ci saremo finalmente incontrati.
Il mio cuore era andato a farsi un giro e pensare, mi portava al sonno più assoluto.

Mi svegliai con il suono di un campanello.
Aprii gli occhi guardando l'orologio davanti a me.
16.30.
Ecco cosa segnava.
Mi alzai dirigendomi verso la porta della mia camera.
La spalancai e mi diressi verso la porta d'entrata.
L'aprii e mi ritrovai mio fratello davanti.
Aveva una faccia seria.
Poi pronunciò quelle parole, che per me erano misica.
"Hanno arrestato a nostro padre. Stava vendendo droga nella zona della caserma...ed ecco fatto. Dritto in carcere."
Dopo di quello ci guardammo in un silenzio tombale.
"Non lo faranno uscire, non lo faremo uscire, vero?" Chiesi.
Lui mi guardò sorridendo.
"Questa volta, no."

Mi preparai uscendo dalla porta.
Camminai fino al parco sedendomi sugli scalini di fronte la fontana.
Tirai fuori il telefono guardando l'orario.
17.00.
Mi accesi una sigaretta e continuai ad aspettare.

Dopo 1 ora ancora nulla.
Mi alzai dagli scalini pensando che quella era stata la mia prima buca.
Chiamai Giuliet più volte.
La richiamai e la richiamai di nuovo.
Nulla.

Il giorno seguente non si presentò a scuola, come i 20 giorni seguenti.
Non la vidi per un bel pò di tempo.
La tartassavo di messaggi e la continuavo a chiamare.
Di lei non c'erano più tracce.
Dopo 5 giorni il suo telefono venne staccato del tutto.
E anche la mia ultima speranza era andata.
Negli ultimi giorni, l'unica cosa che continuavo a fare era fumare.
Non parlavo con nessuno e restavo in disparte.
Chiunque si avvicinasse a me poteva solo aspettarsi una specie di muro intorno a me.
Poi seppi tutto.
La sorella di Giuliet venne insieme a mio fratello a trovarmi.

La guardai dall'alto in basso, mentre mio fratello mi fece sedere.
Poi iniziò.
"A mio padre verranno staccate le spine.
In poche parole ci hanno detto che non serviva a nulla sprecare altro tempo per una persona morta da viva.
Ora, Giuliet è più vicino a lui di quanto tu immagini....Nicholas" disse per poi fermarsi.
Mi guardò un pò, sotto il mio sguardo impassibile.
Poi riniziò.
"Ha staccato il telefono, non mangia più...è dimagrita un sacco.
La sua salute non è più quella di una volta...ed è caduta in uno stato depressivo..."
Non la feci terminare che mi alzai dalla sedia sbattendo la mano sul tavolo.
"QUALE OSPEDALE?" urlai, aspettando una risposta che non arrivò.
Sua sorella abbassò lo sguardo.
"Non vuole incontrare nessuno e devi rispettare questa decisione..." disse mio fratello, stringendole il braccio tra le spalle.
"COL CAZZO! IO LA VOGLIO VEDERE. HO BISOGNO DI LEI. AVETE CAPITO? HO BISOGNO DI LEI" Urlai.
Presi il mio cappotto ed uscii di casa.

Andai ovunque, in ogni ospedale chiedendo se ci fosse un paziente con lo stesso cognome di Giuliet.
Nulla.
Quando iniziai a perdere le speranze entrai nell'ultimo ospedale della città.
E lì, lì mi risposero di si.
Mi feci le gradinate dell'ospedale velocemente.
Poi, vidi sua madre.
Andai da lei.
Si girò.
Aveva un'aria distrutta.
Non penso che fosse per suo marito, ma per sua figlia.
"Non puoi fare nulla" sussurrò.
Guardai Giuliet dalla vetrata....
Nulla.
La guardai, allontanandomi sempre di più da quel reparto.
"Mi scusi" dissi a sua madre, per poi andarmene.

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