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Quel giorno era uno come dei tanti: il freddo fra i capelli, i veicoli che scorrevano sulla strada, i barboni che strusciavano i piedi per terra facendo l'elemosina oppure sdraiati per terra a dormire, i ragazzi che uscivano dai bar ubriachi fradici come se niente fosse successo, le serrande di alcuni negozi iniziavano ad alzarsi, gli alberi che si muovevano per il troppo vento, le macchine ricoperte di neve.
Insomma il solito inverno freddo e gelato.

Erano le cinque del mattino quando Anna, finalmente ritornò a casa sua, nel suo amato letto.
Si addormentò finchè non sentí la sua sorellina piangere e, in qualitá di sorella maggiore, anche se era stanca a morte, corse da lei. Fortunatamente c'era la mamma già vicino
"Vai piccola vai a dormire" le disse la mamma allattando la piccola.

Anna sorrise e andò in camera sua. Dopo essersi infilata nell'enorme pigiama di lana, si sdraiò e finalmente chiuse un po' i suoi occhi.

Mentre lei cercava di dormire, lui si svegliò controvoglia e infreddolito.

"Merda." sussurrò Jimin fra le coperte con la voce impastata dal sonno.
Si alzò di scatto dal letto e guardò l'enorme orologio di fronte a sè.

Anche se faceva piuttosto freddo, alcune gocce di sudore gli scendevano sul viso. Si toccò il viso liscio, pensando che stesse ancora sognando, ma solo quando una sirena della polizia attirò la sua attenzione si rese conto di essere nella realtà.

Corse in bagno a sciacquarsi il viso e si accorse di avere un po' gli occhi lucidi.  Fu in quel preciso momento che si ricordò di sua mamma che, quando era piccolo, gli raccontò quali erano i sintomi di una febbre forte.

Corse a prendere il termometro e, con qualche movimento del braccio, fece scendere tutto il mercurio contenente nel piccolo tubicino di vetro. Poggiò  il termometro sotto l'ascella e nel frattempo mosse un po' gli occhi, se nel caso gli avessero fatto male aveva probabilità di febbre.

"Quaranta!" esclamò, dopo essersi tolto il termometro andò in cucina per prepararsi le accurate medicine.

Sudava sempre di più: dietro alla schiena, sulle labbra, fra i capelli, sulle mani. Aveva le labbra molto più gonfie di quel che erano e molto arrossate. C'erano meno di cinque gradi e lui aveva caldo, con ogni tanto piccoli brividi facendolo tremare.

Il tempo non passava, non aveva sonno, così decise di vedersi alcuni video e immagini divertenti e simpatiche da mostrare a Namjoon. Scorrendo tra le foto, visto che amava i bambini, aprì una foto di una bambina tra i quattro e i cinque anni, o forse sei.
Aveva un giubbotto color verde militare con il cappello, molto piumato, una maglia bianca, una gonna alta in vita nera con le calzamaglie bianche e scarpe lucide basse.

Aveva un sorriso davvero largo, una fossetta si faceva strada sulla guancia destra e altre due sugli angoli delle labbra, i capelli fra il castano e il biondo e gli occhi verde smeraldo con le piccole e corte ciglia nere, che facevano ombra sulle pupille.

Jimin ha sempre amato i bambini, anche se era più piccolo del fratello di pochi anni, lui spesso si occupava del maggiore.

Sorrise a quella foto e continuò a guardare le foto di quella bambina così carina.
Era un suo sogno: diventare papà.

Passò il tempo e senza rendersene conto si addormentò con la testa appoggiata sul braccio, a sua volta, appoggiato sulla scrivania.
La mattina dopo la signora Linda, la donna che si occupava di preparargli il cibo  e di pulire casa, si recò a casa di Jimin.

La donna prese le chiavi dalla cassetta della posta e aprí la porta.

"Jimin!" urló appena entrata, ma senza risposta.

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