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Jimin afferrò Anna con l'orlo della maglia e si avvicinò al mobile delle chiavi.

"Numero sette" lesse Jimin e prese la chiave.

Tirò con sè Anna tenendo stretto il suo polso fra i corridoi cercando il numero sette.

"Jimin, cosa c'è? Mi stai facendo male!" urlò Anna nel tentativo di liberare il suo polso dalla presa di Jimin.

Quest'ultimo trovò la stanza corrispondente al numero della chiave e vi ci entrò.
Spinse Anna nella stanza e lui la seguí, subito dopo chiuse a chiave la porta alle sue spalle.

"Allora questo è il tuo spogliatoio?" chiese sorridendo Jimin accendendo, poi, la luce.

Era tutto in ordine: i vestiti a posto, i profumi e il trucco a posto. C'erano poche foto sparse sui muri, fra cui c'era anche una di lei con il suo migliore amico, Jungkook.

Jimin si fermò su quella foto, la fissò a lungo e sospirò frustrato.

"Questa foto deve essere gettata via." affermò afferrando il quadro e buttandolo con forza per terra, riducendolo in mille pezzi.

Anna diede un urlo per lo spavento, e si inginocchiò per terra con il tentativo di poter ricomporre il quadro regalato dal suo migliore amico.

La ragazza alzò lo sguardo e lo guardò con le lacrime agli occhi: era un ragazzo senza cuore.

"Quasi mi pento di averti dato corda, Jimin." disse a denti stretti Anna, mentre spazzava via i pezzi di vetro.

Jimin la guardava, seduto sulla sedia, mentre lei spazzava via il tutto e qualche lacrima le scendeva sul viso candido.

"Sai ballare, vero?" chiese d'un tratto Jimin alla ragazza.

Quest'ultima si fermò a fissarlo e annuí spaventata.

"Allora siediti su questo tavolo e apri le gambe in una spaccata, come d'altronde sai fare bene."

Jimin le sfilò i pantaloni facendola restare in intimo, ed Anna restò a guardarlo imbambolata, ricevendo una sgridata da parte del ragazzo impaziente.

Si sedette sul tavolo, come ordinato, ma un po' impaurita riuscí ad aprire le gambe, con cautela, in una spaccata perfetta frontale.

Il ragazzo sfilò dalla tasca ancora quello strano oggetto di qualche minuto prima, che Anna aveva visto chiaramente.

Era un oggetto di gomma abbastanza lungo ma sottile, ad ogni centimetro c'era una pallina che cresceva di dimensioni: dalla piú piccola alla piú grande.

"Dimmi la prima regola, piccola modella." le disse Jimin sorridendole e rigirandosi quell'oggetto fra le mani.

Ormai 'piccola modella' era il soprannome che aveva dato alla, talvolta molto evidente, sua modella.

Anna non ricordava nulla di quella sera alla festa, non ricordava nemmeno se avesse fatto qualcosa con Jimin. La ragazza iniziava a sudare, guardava il pavimento, poi la finestra, poi si guardava intorno come se fosse in cerca di qualche soluzione.

"Non la ricordi?" chiese Jimin avvicinandosi a lei con quell'oggetto sottile e lungo puntato verso di lei.

La ragazza scosse la testa preoccupata, piuttosto che imbarazzata. Il ragazzo, invece, si inginocchiò e le scostò il tessuto delle mutandine nere, ammirò il clitoride della ragazza.

Ormai quella posizione in spaccata faceva male all'inguine e stava cedendo a chiudere le gambe. Ma ebbe subito, in cambio, un'occhiataccia da parte del ragazzo.

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