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La ragazza che aveva ritrovato Jimin, finalmente si calmò e chiuse gli occhi per riposarsi.

"Quando si sveglierà, le chiederemo qualcosa." disse Jungkook passandosi le mani fra i capelli corvini come per scacciare via i pensieri negativi.

Jimin si stiracchiò e sbadigliò, era notte fonda e i loro cuori non cessavano di battere per l'ansia della sua scomparsa.

Entrambi chiusero gli occhi stanchi che iniziavano a pesare, e si addormentarono ai piedi del divano.

Chissà dove fosse, cosa stesse facendo, se avesse mangiato i suoi biscotti preferiti, se lo stesse pensando, chissà se fosse una ragnatela spolverata via dopo tanto, chissà se avesse ancora il bracciale del suo amato padre. Chissà se quest'ultimo avesse saputo della scomparsa della figlia, chissà se anche la madre l'avesse saputo, le sue sorelle minori.

Troppe domande senza delle risposte plausibili che tardavano ad arrivare. Avrebbe scoperto cosa nascondesse sotto quel sorriso, cosa avesse che non andava, e soprattutto cosa voleva quell'uomo sulla sessantina dalla sua amata.

Jimin doveva dirlo alla madre della minore, non poteva continuare a mentirle facendole credere che lei fosse con lui.

Quella, per Jimin, fu un'ennesima notte in bianco. Dormì per un paio d'ore, il resto della notte dedicò i suoi pensieri a lei e al suo essere perfetta.

Era successo tutto così improvvisamente. Jimin al primo incontro, alle prime parole scambiate con lei in quell'ascensore, subì la fascinazione del suo essere sensuale e soltanto più tardi decise di tentare la strada dell'amore.

Si alzò, afferrò il suo pacchetto di sigarette e si diresse alla finestra che permetteva l'entrata della luce notturna. Spalancò piano le porte in vetro resistente e si poggiò con i gomiti sul davanzale. Su quella strada non vi era anima viva, c'era un silenzio che avrebbe fatto rilassare anche un sordo.

Lui se ne stava protetto affacciato a quella finestra, con la sigaretta spenta fra le sue labbra e gli occhi semichiusi, di fronte al buio della notte illuminato da lampioni elettrici posizionati sui marciapiedi a distanza di metri, e i suoi pensieri svolazzavano vagabondi, incontrollati.

La sua risata segnava esattamente una differenza di classe, rassicurava  sull'inermità e sull'innocuità di ella, investita di luce fuori dalla norma.
Quanto gli mancava quella risata che gli riempiva le giornate.

Ma se avesse voluto mantenere i contatti con la mutevole realtà, avrebbe dovuto muoversi nella direzione contraria, uscire dal suo rifugio, affrontare il rischio dell'esplorazione, calarsi nella pelle di quegli uomini così tanto cattivi.

Il lampione dalla luce bianca ai suoi occhi era una figura retorica, buona per incorniciare gli affetti più miti e sereni, come il raggio di luna che baciava la sua chioma nera; ma lui sorrideva al sol pensiero di lei che gli sorrideva mentre gli correva contro.

Lasciò andare il suo corpo a quel rilassante silenzio, abbandonando alla notte la cura di far circolare più caldo il suo sangue e di far battere più rapido il suo cuore; e incaricando i grilli fuggenti che folleggiavano, di fargli tenere gli occhi aperti e di far errare i suoi raccapriccianti pensieri.

"Jimin? Non riesci a dormire?" era Jungkook che aveva distratto il contatto avuto con il silenzio tombale.

Jimin alzò lo sguardo solo per guardarlo e scuotere la testa, quella che aveva due occhioni neri, scintillanti, ma asciutti, quasi impassibili, e li riportò sulla strada desolata senza aprir bocca.

Jimin amava la ragazza alla follia. Invero ella era bellissima: era l'immagine della forte e vigorosa bellezza. La fronte bassa e limitata di dea, i grandi occhi verdi, la bocca voluttuosa, la vivida candidezza della carnagione, lo stupendo accordo della grazia e della salute in un corpo ammirabile di forme, la composta serenità della figura, la rendevano tale.

L'anima cominciava per immergersi in un pensiero; oltre quella strada, lontano lontano, dove gli alberi si incurvavano, altre ragioni, altri sorrisi, l'indefinibile. In quel pensiero la fantasia iniziava ad allargarsi in un sogno senza fine. Ma presto quel sogno svanì quando finalmente poté liberare le lacrime che aveva trattenuto per molto.

"La sigaretta non la fumi?" chiese Jungkook cercando di cambiare discorso.

"A lei non piace che io fumi, però mi piace sentirmi superiore con una di queste fra le labbra. Ah lei, Jungkook, cosa darei per riaverla adesso fra le mie braccia. Adesso mi prenderebbe la sigaretta fra le mani e la riposerebbe nel pacchetto apposito." scese un'altra lacrima sulla sua guancia che subito pulì via, mentre sorrideva al sol pensiero di lei con il broncio.

Jimin ritornò a casa sua subito la mattina dopo per prendere qualcosa che sarebbe servito a Jungkook per quella ragazza, ma lui preferì starsene a casa sua seduto da solo sul divano a pensare quello che avrebbe potuto e dovuto fare per ritrovarla.

Passarono settimane prima che quella ragazza sconosciuta potesse fidarsi di loro, ma lui aveva perso la cognizione del tempo e non ci faceva più caso. Si era trascurato, ma non avrebbe mai trascurato l'amore che provava per lei.

Sembravano trascorsi mille anni che la loro casa nuova li aspettava. Si, casa nuova. Jimin le aveva comprato una casa degna di lei, di loro e di tutto quello che avevano creato insieme.

Decise di uscire di casa una  giornata di quelle  quando ricevette una chiamata da Jungkook che, eccitato, gli chiese di correre immediatamente a casa sua.

"Cosa succede?" gli chiese Jimin una volta superato l'uscio di casa di Jungkook.

Quello che vide davanti ai suoi occhi fu quasi come un miracolo: quella ragazza si svegliò e gli sorrideva.

"State cercando Anna, vero?" chiese lei con un fil di voce e ricevendo un cenno del capo da parte dei due "mi avete dato tutte le cure possibili e adesso sto bene grazie a voi due, sembra il minimo come possa aiutarvi a ritrovarla." continuò sorridendo.

I due ragazzi si sedettero sul tavolino in legno posizionato davanti al divano, e iniziarono a concentrarsi su ogni parola che quella ragazza rilasciava.

"Se solo avessi anche io qualcuno che si preoccupasse così tanto per me, Anna è davvero fortunata." disse con le lacrime agli occhi "ricordo che Anna una volta venne dove io posavo e mi disse di fissare il suo poster prima di imitarla" sorrise a quel ricordo e a Jimin venne in mente quando Namjoon, esaltato, disse che forse il suo idolo stava ritornando perchè era stata avvistata nella casa di moda "ero anche io una modella, o meglio avrei voluto diventare modella. Un giorno quel brutto uomo sessantenne mi strattonò via da quella stanza e da lì non ho mai più visto la strada." prese un sospiro profondo, mentre Jimin e Jungkook si guardarono appena sentirono nominare quell'uomo sessantenne.

"Puoi continuare dopo se non ce la fai." le sorrise Jungkook ricevendo un cenno di negazione.

"Non so come, ma mi ritrovai in una stanza dove c'erano già ragazze che avevano assunto sostanze di diverso genere. Ognuna di loro aveva un codice per poterle portare nell'apposita barca lussuosa che si sarebbe dovuta spostare in un altro paese. Io e Anna avevamo lo stesso codice, a quest'ora avremmo dovuto essere insieme. Mi dispiace, ma da qui non so cosa sia successo."

"Non sai perchè tu sei stata scartata?" chiese Jimin poggiando una mano sulla sua tremante.

"Non lo so, forse non ero nelle condizioni giuste per loro." la ragazza tirò su con il naso e li guardò.

Entrambi le sorrisero e la ringraziarono più volte per avergli dato una mano enorme, che li avrebbe portati ad un passo in avanti. Le chiesero se avesse bisogno di qualcosa, lei negò con il capo e chiese solo qualche settimana di soggiorno al che Jungkook accettò senza esitazione.

Jimin sospirò e sfilò dalla tasca dei suoi pantaloni il suo anello per baciarlo.

I ragazzi si allontanarono dalla ragazza e si guardarono: lei era stata sottoposta a stupefacenti per un traffico di prostituzione.

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