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Piccole macchie scure si disegnarono sulla camicia di grande taglia che indossava quella notte. Non sapeva perchè stesse accadendo, ma le ritornarono in mente alcuni attimi di felicità, quei ricordi congelati perchè troppo preziosi.

Non avrebbe permesso mai al corso del tempo si consumarli.

L'imbarazzo, la paura e poi la felicità di quel piccolo dolore, la gioia di essere una cosa sola e poi stare lì, sdraiati, bagnati dalla pioggia e dalle onde del mare, a guardare le stelle e ad inventare il domani.

Una scusa per giustificare il ritardo con i suoi, ridere, scherzare, sentirsi una persona nuova, più bella, finalmente donna, e non volersene mai più andare da quelle braccia e baciargli le labbra ancora e di nuovo e di nuovo.

E così, cullata da un sogno e con gli occhi ancora umidi di lacrime, Anna si addormentò stringendo tra le mani le maniche della camicia e custodendo nel cuore la promessa di essere ritrovata da lui.

Erano trascorsi pochi minuti da quando si era abbandonata fra le braccia di Morfeo, quando il suo capo entrò nella sua stanza insospettito dal fatto di mon sentire alcun rumore.

La svegliò senza curarsi di spaventarla e la rimproverò per non aver ancora iniziato a preparare le sue cose per la notte successiva.

Anna si strofinò gli occhi con il palmo della mano destra, mentre con l'altra si teneva la testa pulsante.

"Cosa c'è? Stasera ci sarà uno spettacolo, riprenditi." disse il capo freddo e autoritario, mentre le preparava le medicine stupefacenti da iniettare.

Anna non era in forma, era dimagrita, non si truccava più, si stava trascurando. Per non parlare del suo abbigliamento, ogni giorno indossava slip e reggiseno aderenti pur di piacere agli uomini amici del capo.

Ma lei non voleva farsi vedere in quello stato di nudità dagli altri uomini, nessuno la guardava come solo lui sapeva fare.

Quel giorno era sdraiata sul letto in quella stanza lussuosa di quell'hotel famoso, priva di forze, assonnata, con i capelli imperlati di sudore e lo stesso il collo e il viso. Le sue labbra erano grigiastre, quasi bianche, i suoi occhi sembravano tanto due pozze scure.

Indossava solamente l'intimo bianco e una camicia di grandi misure, forse era di qualche uomo della notte precedente.

Si lamentava, quasi faceva versi incomprensibili, mentre le sue braccia tremavano.

Liberò un gemito soffocato quando le fu iniettato tutto lo stupefacente nella carne, si girò su un lato pronta ad addormentarsi.

Solo quando il capo lasciò la sua stanza, lei iniziò ad ansimare, a tremare il doppio, a stringere con i denti un piccola parte del cuscino che le teneva la testa.

Scese dal letto pur di cercare aiuto, ma invano, cadde con le ginocchia e si mise a gattoni per arrivare alla porta. A sua insaputa, quest'ultima, era stata chiusa a chiave impedendole di uscire.

Poggiò la mano tremante sulla superficie bianca della porta sperando che qualcuno la sentisse, ma niente e nessuno poteva sentirla dall'ultimo piano dell'edificio.

Si accasciò ai piedi della parete chiudendo gli occhi e sperando di potersi calmare, ma quello stupefacente sembrava molto peggio degli altri, sembrava molto più potente.

I suoi muscoli si muovevano automaticamente da soli, a scatti, non riusciva a controllarli.

Sembrava le stesse cadendo il mondo addosso, sembrava che il cuore potesse fermarsi da un momento all'altro. Si era stancata di tutto quello, sembrava fosse ritornata a qualche anno prima quando era ancora una modella e per di più con lo stesso capo.

Schiuse gli occhi guardando dritta davanti a sè dove c'era il balcone che affacciava sull'oceano. Chissà se qualche giorno fosse riuscita a mettere piede sulla sabbia, senza paura, senza timore di poter lasciare tutto come quando era bambina.

La sua vista era offuscata, ma comunque riuscì a trascinarsi fino al balcone per poter respirare aria diversa da quella viziata della stanza.

Si sdraiò di lato potendo vedere chiaramente il mare, con gli occhi socchiusi e il vento che le passava liscio fra i capelli.

Aveva immaginato tante volte, nelle notti stellate d'estate, si sdraiarsi sull'arena del lido fissando lo sguardo al suo fianco e poi guardare le stelle con occhi sognanti.

Quante volte l'aveva immaginato sdraiato su di lei, entrambi su quella spiaggia notturna, intento a chinarsi per baciarle le labbra. Alzare lo sguardo al cielo contemporaneamente quando era visibile una stella cadente.

Sembrava ci fossero degli intercolunni fra lei e lui, enormi ma invisibili.

Ancora le appareva  e scompariva rapidissima innanzi agli occhi una visione azzurra; ancora un suono molle, quasi indistinto e fuggente, le lusingava l'orecchio; un profumo sottile come un ricordo lontano.

Poteva sentire bene una sofferenza all'interno, emotivamente, una nostalgia che la stava distruggendo peggio della droga.

Per lei era difficile visto che aveva avuto tutte le carezze di un innamorato, di un padre, di una madre, di un fratello. Quelle carezze le avevano prodigato i doni più ricchi, più splendidi.

Chissà se i suoi genitori avessero saputo della sua scomparsa, chissà se l'avesse saputo lui, chissà se la stessero cercando.

Sospirò chiudendo gli occhi, beandosi del rumore di quelle onde che si infrangevano sugli scogli. Non aveva la forza nemmeno di parlare, nemmeno di alzare un braccio.

Sarebbe stata la fine se non fosse andata via da lì, da quel brutto posto.

Era lì con una gran tristezza, con la paura di non poter ritornare più indietro, era lontana da lui ma riusciva ancora a sentire la sua voce mentre le canticchiava dolcemente all'orecchio e la sua risata. 

In quel momento era come se la sua vita dipendesse solo da lui.

Sorrise debolmente quando chiuse gli occhi e se lo immaginò correre verso di lei e accoglierla fra le sue braccia, abbracciarla forte vendicandosi contro il tempo per non avergli permesso di farlo.

 Che destino il suo, non pensava che ci si potesse innamorare così di botto senza avere il tempo di ragionare, ma l'amore non sente ragioni e lei si ritrovava lì persa di lui.

Era successo tutto per colpa sua, se solo quella mattina non fosse rientrata a far visita il suo camerino probabilmente nessuno avesse saputo della sua storia con Jimin.

Maledetta curiosità.

L'aria fresca le trapassava le ciocche castane, i brividi accarezzavano la sua pelle ricoperta di lividi, il mare continuava ad essere mosso infrangendosi sugli scogli. Quel mare così agitato sembrava tanto il suo stato d'animo, le sue paure e le sue emozioni si stavano infrangendo contro il suo cuore impedendole di vedere il lato positivo, poter immaginare di poter essere portata via da lì da lui.

"Un giorno mi porterai al mare e staremo lì fino a sera per poter vedere le stelle? E ci baceremo sotto i loro occhi?" ridacchiò lei leggermente "però non mi accorgerò nemmeno delle stelle, di sicuro avrò occhi solo per te quella notte."

Gli mancava, aveva bisogno di lui come quando un fiore ha bisogno d'acqua per crescere.

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