24.

321 11 2
                                    


Inspirare il suo profumo dalla sua felpa bianca, ma non poterlo viverlo quel profumo. Quanto poteva essere difficile e frustrante? Era a venti passi da lei, presto sarebbe stata di nuovo sua. Sembravano trascorsi anni, si sentiva vuoto, si sentiva come se avesse un buco nero in cui si stava perdendo pian piano.

Era strana tutta quella situazione, strano come la vita gli avesse girato le spalle in uno dei momenti più belli della sua vita. Sperava con tutto sè stesso che lei stesse bene almeno, con il suo solito mascara, i suoi capelli castani profumati, con il bracciale del padre sul suo polso.

Aveva davanti agli occhi tutti i particolari del suo corpo, del suo viso, dei suoi modi di fare. Quando le sue guance si trasformavano in due piccole caldaie quando lui gli donava attenzioni, oppure i suoi occhi smeraldo si accendevano ogni volta che vedeva qualcosa che le piaceva. Oppure quando una notte parlarono di un ipotetico bambino, Jimin sorrise al solo pensiero.

Lei descrisse la creatura come se l'era immaginata: le labbra del papà, gli occhi della mamma, il sorriso del papà e le guance come la mamma. Se fosse stata una femminuccia, i capelli lunghi come la mamma che ogni sera il papà doveva pettinare e intrecciare fra di loro. Se fosse stato un maschio, si era immaginata quando avrebbe giocato con la collezione dei modellini delle auto regalate dal papà una volta a settimana.

Era quasi sopra lo spazio come lei si sia sentita al sicuro fra le sue braccia, non aveva mai dato così tanta fiducia ad una persona. Tranne per Jungkook, lui ormai era tutt'altra storia, tutt'altra persona, tutt'altro rapporto.

Jimin si ricordò di quando lei gli parlava di quanto avesse voluto andare al mare, a sdraiarsi sulla sabbia solo loro due, la voglia di stringersi di più, brividi lungo la schiena, vestiti che cadevano, mani che si cercavano, si intrecciavano, la sabbia su tutto il corpo. Solo loro e il mare. Un bagno di notte, un bacio bagnato, le risate e poi nel silenzio solo per guardarsi negli occhi.

Fin dal principio di quelle manifestazioni di innamoramento da parte di lei, fra lui e lei c'era stato un leggero imbarazzo.

Poi l'abitudine, la lealtà dei loro cuori, la purezza istessa di quei sentimenti, li avevano resi più espansivi, più schietti, e più fiduciosi.

Gli mancavano i suoi occhi, la sua bocca, il suo sorriso. Gli mancavano le loro litigate, i loro corpi vicini. Gli mancava soprattutto lei nel suo essere donna e quella forte attrazione che si manifestava ogni volta che erano vicini.

E così, con ancora lei davanti agli occhi, Jimin si addormentò con la testa appoggiata sul finestrino dell'aereo diretto nella città in cui lei stava lottando.

Non si sarebbe mai arreso.

Al suo fianco c'era Jungkook intento a torturarsi le dita, l'ansia lo stava assalendo man mano. E se non l'avessero più ritrovata? E se fosse successo qualcosa? No, non doveva pensare certe cose. Anna era lì, certo non si sentiva al settimo cielo, però era lì che li stava aspettando già da un mese e mezzo trascorso nella paura e nelle lacrime.

Chissà cosa stesse facendo, chissà se ricordava ancora la festa in maschera, chissà se si ricordasse ancora della sua moto.

Lui non avrebbe di certo mai dimenticato quando lei lo supplicava solo di farla salire in sella e di farla solo accelerare di poco, e lui ogni volta doveva negare. Era pericoloso. Avevano discusso parecchie volte per quello.

"Non sono più una bambina." si offendeva lei mettendo il broncio per quasi tutta la giornata, ma lui sapeva come farsi perdonare portandola in giro facendola sedere sul retro della moto nera.

"Stringiti forte." si rassicurava Jungkook infilandole il casco, provocando un'espressione scocciata da parte sua.

"Smettila." si arrabbiava lei volendolo colpire sul braccio, ma inutilmente visto che non si sarebbe fatto nulla.

Jungkook ridacchiò ripensando a quei momenti, scosse la testa e poggiò il capo sul sedile. Anche lui seguì Jimin e si addormentò per la troppa stanchezza.

Il tempo trascorse lento, sembrava che non passasse mai. Una volta svegliatosi, i due si accorsero di essere arrivati quasi a destinazione. Iniziarono a raccattare le loro cose, e fra quelle c'era anche il cofanetto contenente l'anello che Jimin le aveva comprato.

Jimin tirò un sospiro quasi stanco, frustrato appena mise piede su quel nuovo territorio.

"Si risolverà tutto, vedrai." lo rassicurò Jungkook intento a sistemarsi lo zaino sulle spalle.

"Lo spero, Jungkook, lo spero." Jimin tirò su con il naso e si incamminò, insieme all'altro ragazzo, verso l'uscita del grande aereoporto.

Il cuore di Jimin prese il sopravvento quando vide un poster, sponsor di intimo, di Anna posto all'uscita. Deglutì sistemandosi la borsa sulle spalle e stringendo il manico della valigia.

Era la foto più conosciuta in quel settore nel reparto modelle, molto popolare per il sorriso spontaneo della ragazza in questione, mentre giocava con dei veli colorati.

"Andiamo." disse Jungkook trascinando la sua valigia e Jimin lo seguì a ruota.

Girarono nella città trafficata cercando l'hotel in cui avrebbero dovuto alloggiare per quei pochi giorni. Gliene bastavano pochi visto che Seokjin, gentilmente, gli aveva dato l'indirizzo e il nome in cui alloggiava il padre sessantenne.

"È famosa qui a quanto vedo." disse Jungkook guardando un poster di medie dimensioni sul muro mal ridotto che portava in un vicolo silenzioso.

Jimin annuì di rimando e sospirò.
Quanto gli mancava non si poteva esprimere.

Jungkook se n'era accorto e non aveva mai visto un ragazzo sconvolto dalla passione, ed era sbalordito e profondamente commosso. Era felice che la sua amica finalmente avesse trovato un uomo capace di farla sentire una principessa.

Quel ragazzo basso, con le labbra gonfie, i capelli biondi tinti, si era fatto investire da un'emozione mai provata prima. Se lo sentiva che sarebbe finita così, perdersi in amore.

"Jimin, tutto ritorna e ricomincia. Finirà bene vedrai, dovrà finire in un altro modo, finirà con voi due di nuovo insieme." Jungkook nascondeva la sua preoccupazione nei migliori dei modi, sembrava non essere preoccupato quando probabilmente lo era più di Jimin, ma lo stesso consolava l'altro.

L'avrebbe cercata, trovata e inchiodata ai pensieri per sempre e non l'avrebbe mai più lasciata andare via.

"Jimin, sei bravo in poesia?" Jungkook gli chiese all'improvviso mentre aprivano la porta della loro stanza.

"No Jungkook, perchè me lo chiedi?" chiese di rimando Jimin richiudendola alle loro spalle.

"Jimin, sei sicuro di non esserlo?" chiese ancora Jungkook con un sorrisetto sulle labbra confondendo Jimin. "Ti risponderò più tardi, sempre se non ti risponderai da solo."

Jungkook si sdraiò sul letto ancora ricoperto dalle coperte in lana e lenzuola profumate. Jimin lo guardò e sospirò, lo stava aiutando davvero tanto in uno nei momenti più difficile da oltrepassare.

"Jungkook, grazie." disse Jimin rigirandosi il cofanetto con l'anello fra le mani.

"Per cosa mi ringrazi Jimin? Dovrei essere io a ringraziarti, grazie perchè sai farla sentire una principessa. Mai nessuno l'aveva fatto prima, certo io l'ho fatta sentire meglio" scherzò Jungkook ricevendo un pugno amichevole sul braccio "ma Jimin, davvero, hai assaggiato i colori del suo mondo, hai amato tutti i difetti che ha. Lei ha giocato ad essere sè stessa e ci sei caduto. Ci ho messo un po' di tempo per capire come sei dentro, era tutta apparenza e mi dispiace hyung." Jungkook sospirò e coprì i suoi occhi con il braccio.

Jimin non poteva credere alle sue orecchie, sorrise alla parola hyung e si alzò prima di lasciargli una pacca sulla spalla.

"La poesia siamo io e lei?" chiese Jimin e Jungkook ridacchiò.

Lo ringraziò di nuovo mentalmente e si diresse in bagno per rinfrescarsi le idee, l'indomani avrebbe dovuto mettere in atto il suo piano insieme a Jungkook per entrare in quell'hotel prestigioso in cui si trovava lei.

MODEL ✓Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora