sixteen.

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«Maggie!» Spostai il telefono dall'orecchio, all'urlo di Calum.

«Dimmi, ma non farmi diventare sorda per favore che tengo alle mie orecchie.» Lo potevo sentire alzare gli occhi al cielo da camera mia.

«Si, ti voglio bene anche io. Sta sera hai impegni?» Sbuffai, annuendo anche se non mi poteva vedere.

«Si, mia madre ha detto che ci sarà una cena con una sua cara amica ed io non posso mancare ai suoi fottuti elogi.» Sospirò, spostando qualcosa.

«Non ci vediamo da due settimane, Magh.» Feci una smorfia, giocando con i fili del mio maglione nero.

«Lo so Cal, lo so. Giuro che domani sera andiamo in discoteca e ci divertiamo come matti, okay? Promesso.» Sentii il suo respiro tranquillo, e mi sentii in colpa a pensare a quanto io stia trascurando i miei amici.

Sono le uniche persone così malsane che mi abbiamo sopportata per circa quattro anni a questa parte. Sono una specie di famiglia con cui io posso essere me. Loro vogliono bene a me, ed io voglio bene a loro.

Ma forse la mia era solo abitudine, ed io in realtà non volevo bene a nessuno.

«Okay Magh, adesso devo andare. Ashton come sai è venuto a stare da me per colpa dei suoi genitori e questa mattina ha avuto la brillante idea di cambiare vaso ai fiori del mio giardino e adesso ho la casa piena di terra.» Sorrisi, pensando a quanto stupidi possano essere.

«Va bene piccola fioraia, ci vediamo domani.» Dopo aver attaccato, mi spogliai per andare a farmi una doccia calda.

Con il freddo che c'era di questo periodo e i continui cambiamenti d'umore che avevo, mi sembrava il minimo un modo per rilassarmi.

Odiavo Luke, era sempre in mezzo ai piedi e mi tormentava come non mai e la cosa mi urtava da morire. Era solo un piccolo biondino viziato con così poca vita sociale da voler passare del tempo a cercare di conquistarmi, fallendo miseramente.

Perché stava fallendo, vero?

Inoltre, non mi andava giù la storia di Demetria e il suo tentativo di fare la Ghandi della situazione, avrei dovuto far qualcosa per farla smettere di sparare cazzate perché d'altronde, io sono Maggie Lindemann.

E Maggie Lindemann non si fa mettere i piedi in testa da nessuno, tanto meno da una biondina tinta che si rinchiude nei cessi della scuola.

Finita la doccia, mi legai l'asciugamano attorno al corpo e uscii lentamente dal bagno.

Mi stavo mettendo davanti allo specchio per rivestirmi, quando una voce mi interruppe.

«Asciugamano rosa con i cuoricini bianchi, devo dire che non me lo aspettavo.» Sgranai gli occhi, girandomi di scatto.

«Mi puoi spiegare perché tu, lurido pervertito, sei in camera mia con me praticamente mezza nuda? E spiegami come sei entrato.» Scrolló le spalle, guardandomi attentamente.

«Punto primo: io sono il tuo ragazzo quindi prima o poi ti avrei vista in queste condizioni che non mi dispiacciono per niente.  Punto secondo: lasci la finestra aperta e dovresti saperlo che la tentazione di venire da te è tanta per il sottoscritto.» Volevo sbattermi una mano in faccia, se non fosse per il fatto che se l'avessi veramente fatto, l'asciugamano sarebbe caduto a terra e Luke sarebbe stato spettatore di un teatrino che non dovrebbe mai essere esposto ai suoi occhi.

«Tappati la bocca Luke, ed esci subito di qui.» Continuai a guardare i suoi occhi che come fuoco continuavano a bruciare ogni centimetro della mia pelle. Si alzò, mettendosi davanti a me.

«Sennó?» Guardai davanti a me, cercando una risposta. Sennò? Adesso avrebbe visto.

Iniziai a prendere una scarpa, e gliela lanciai vicino alla gamba però non colpendolo. Sgranò gli occhi, per poi ridere.

Andai verso di lui con in mano una scarpa ancora non lanciata contro la testa vuota che si ritrovava, e gli feci cenno di stare zitto.

«Ci sono i miei di sotto, quindi o te ne vai da solo o sono costretta a lanciarti tutte le cose che mi capitano davanti.» Sorrise, per poi mordersi il piercing sensualmente.

O almeno, sensualmente è quello che credeva.

«E se invece di lanciarmi le tue scarpe addosso mi fai stare zitto in altri, meno dolorosi, modi?» Scossi la testa, sorridendo.

«Non cambi mai, vero Hemmings?» Rise leggermente, indicandomi.

«Neanche tu, senza contare il cambiamento in fatti di gusti nel vestire. Devo ancora capire cone ti sia saltato in mente di comprare quell'asciugamano.»

Andai verso di lui, impugnando ancora la mia scarpa con il tacco.

«Vuoi un'occhio nero?» Lo minacciai e lui alzò le mani in segno di resa, allontanandosi da me e andando verso la finestra.

«Mi arrendo, adesso me ne vado. Ma tanto ci rivedremo sta sera.» Lo guardai confusa, per poi collegare tutto.

«Tua madre è la cara amica della mia e quindi verrò a casa tua, non è così?» Lui annuì, ghignando.

«Fatti bella sta sera piccola, e non farti trovare come adesso. Vedendoti così, non so come farei a resistere una seconda volta.»

𝙗𝙡𝙖𝙘𝙠𝙢𝙖𝙞𝙡//𝙡𝙧𝙝. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora