twenty-eight.

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Inutile dire che quella sera non chiusi occhio, e che mi ero presa un bel raffreddore stando fuori tutta la notte.
Ma il mio corpo era così pigro che non avevo voglia neanche di alzarmi da quella stupida panchina, e la mattina mi sono trovata su di essa mentre alcuni bambini con le loro madri ridevano davanti al mio cancello.

«Cosa volete, non avete mai visto una ragazza dormire su una panchina? Andate a scuola e signora, vesta sua figlia decentemente!» Ero esausta della mia vita? Direi molto, anche.

Mentre mi vestivo, per la prima volta già da casa in tutta la mia vita, chiamai Calum per farmi venire a prendere con la macchina.

Ma ci mancava anche questo, di fatto Calum non poteva venirmi a prendere visto che era già partito da casa insieme ad una sua nuova conquista. Che ovviamente sarebbe durata quanto la mia attenzione alle lezioni di matematica.

Scesi le scale che avevo fatto poco prima per andare in camera mia a cambiarmi, e chiamai Michael.

«Pronto?» La sua voce era squillante e ringraziai quel Dio che si stava divertendo con me, per avermi dato Michael nella mia vita.

«Puoi venirmi a prendere con la moto? Ho fatto tardi e oggi devo assolutamente arrivare a scuola in condizioni presentabili.» Lo sentii ridere e sbuffai.

«Buongiorno anche a te, come stai? Tutto bene non mi posso lamentare.» Mi misi una mano in faccia, per poi urlare per tutta casa disperata.

«Devo andare alla partita di Luke oggi, per far rompere lui e quel fottuto energumeno di Demetria. Devo riprendermelo e mi serve il tuo aiuto, ora.» Dissi seriamente e lo sentii correre per le scale di casa sua.

«Sto arrivando, dammi cinque minuti.» Sorrisi per poi attaccare e prendere un toast avanzato dalla colazione dei miei.

«Maggie, questa gonna ti sta...bene.» Cercò di farmi un complimento mia madre e cercai di sorridere mentre continuavo a mangiare.

«Tanto lo so che ti fa schifo, e ti fa schifo anche il fatto che sotto questa gonna io non abbia messo le calze. Non cercare di fare la buona madre con me, lo vedo come tratti Juliet. Lei almeno è stata sincera, io vi ho mentito. Non trattatela peggio di me adesso, quando invece lei è stata solo sè stessa da sempre.» Parlai, quando ebbi finito il toast.

Mi guardò seria, per poi parlare.

«Non condivido nè il tuo modo di parlare, nè quello di vestire ne altro. Semplicemente sto cercando di farmene una ragione, non sopporto come vi comportiate tu e tua sorella, ma ormai non ho più obiezioni da farvi al riguardo, non vi reputo più mie figlie. Siete grandi e vaccinate, e se volete rovinarvi la vita fumando, affumicandovi i polmoni o pure far diventare il vostro fegato un gommone per colpa dell'alcool, fate pure. Ma io e vostro padre non saremo qui quando sarete per strada come delle drogate in lotta con il tempo che passa.» Stavo per rispondere, quando sentii mia sorella tossire dall'entrata della cucina.

«Mi dispiace sentire questo discorso una seconda volta, ma non farò la stessa cosa che ho fatto molti anni fà. Non piangerò, non mi sentirò in colpa di essere quel che sono perché io, sono una persona vera con bisogni veri che vuole fare errori, cadere, rialzarsi e ricominciare la propria vita nel modo che più le appartiene. E mi dispiace per te, mamma, che sei succube di tutta questa amarezza e finto buonismo dei ricconi senza un minimo di valori. Non starò qui ad elencare i perché tu e tuo marito, o quello che dovrebbe essere mio padre, mi facciate schifo. Ma dirò solamente che se anche io e Maggie ci ritrovassimo sulla soglia della povertà, ci appoggeremo a vicenda e ci ameremo come abbiamo sempre fatto. Tu e papà rimarrete soli, tra gli spettri della vostra casa vuota. E sarete voi a rimpiangere quel tempo in cui noi anche un minimo, vi apprezzavano come genitori. Cosa che non sarete più ormai.» Guardai mia sorella con le lacrime agli occhi, cercando parole per appoggiarla.

Ma non sapevo cosa dire e mi crogiolai nella convinzione di avere per la prima volta una famiglia, quando mia sorella mi abbracciò. Respirai il suo profumo alla lavanda, dolce come lei, e sorrisi mentre lei mi lasciava un bacio trai capelli.

Sentii il ruggire della moto di Michael e guardai Juliet, sorridente.

«Adesso vai piccolina, fagli vedere chi sei.» Annuii energicamente, uscendo in fine da casa.

Quando arrivammo, tutta la scuola era impegnata in salti di cheerleader strette nelle loro gonne, giocatori con i loro riti di merda e altre cavolate di questo genere.

«Bene, dobbiamo andare nella palestra.» Mi prese per il polso Michael, e correndo ci mettemmo seduti in uno degli spalti più lontani dal campo.

Gli altri erano tutti occupati da persone con in faccia i colori della nostra scuola, ovvero il blu scuro e il bianco, e da tifosi e ragazzi che si godevano l'inizio partita che veniva fatto da alcune cheerleader.

«Beh, direi che non è poi così tanto male venire a scuola.» E seguii la traiettoria dello sguardo di Michael, inquadrando Victoria Justice, una delle più popolari tra le cheerleader, sculettare come un'oca giuliva.

Gli diedi uno scappellotto in testa, prima di alzarmi e correre verso Luke e la sua squadra che aveva appena fatto il suo ingresso, seguito da un boato dagli spalti.

Iniziai a correre più velocemente mentre Caleb, anche lui in squadra, mi guardava sorridendomi sincero e ricambiai prima di fermarmi davanti al biondo.

«Luke ti devo parlare.» Dissi con l'affanno, non avevo mai fatto ginnastica in vita mia e quella corsa mi aveva leggermente sfiancata.

«Non voglio sentirti, nè tanto meno potrei. Sta per iniziare la partita.» Sbuffai, con le lacrime agli occhi, cosa che lo fece irrigidire.

«Mi puoi ascoltare una volta per tutte? Ti prego.» La mia voce era incrinata per le lacrime che stavo trattenendo, ma non mi importava di me in quel momento.
Volevo solo parlargli.

Mi guardava immobile sui suoi passi, vidi la confusione nel suo viso passare ad essere insicurezza verso di me, in fine diventando rabbia repressa.

«No, non ti voglio più vedere nè sentir nominare.»

Crack, Boom, Splash, quale sarebbe stato il rumore di un cuore spezzato? Me lo chiedevo spesso qualche anno fa, fino a questo momento.

Annuii, per poi andarmene.

Ma se Luke Hemmings pensava che Maggie Lindemann se ne andasse così facilmente, si sbagliava di grosso.

𝙗𝙡𝙖𝙘𝙠𝙢𝙖𝙞𝙡//𝙡𝙧𝙝. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora