twenty-seven.

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Era arrivato il giovedì notte, le ore che mi separavano al casino che dovevo fare.

Ero ansiosa? Nah.
Stavo letteralmente morendo.

Ma come potevo pensare di rivelarmi una ragazza sensibile a tutta la scuola? Perché si sa, i ragazzi della scuola saranno lì o per giocare, o per vedere le cheerleader.
Le ragazze saranno lì per i giocatori, o per le loro amiche cheerleader di cui in realtà non gliene frega niente perchè ripeto: ci sono i giocatori.
Quindi ci sarà tutta la scuola ed io sto per fare una cazzata grande quanto le bugie che dicono i miei.

E sono tante, visto la loro falsità.

Mi accesi una sigaretta, pensando a quanto sia complicata tutta la mia vita.

«Maggie, cosa stai facendo?» Mi ritrovai a chiudere gli occhi, sperando che non fosse vero. Mia madre mi richiamò e quindi no, non era un incubo e lei era qui davanti a me mentre io mi fumavo una sigaretta in cucina.
Secondo lei, io neanche so cosa fossero.

Sospirai, stanca di tutto.

«Sto fumando. Non vedi?» Si portò una mano alla bocca, chiamando anche mio padre.

Alzai gli occhi al cielo. Che cosa gli servivano, i rinforzi?

Mio padre scese assonnato e anche piuttosto incazzato con mia madre, ma quando mi vide si fermò sulle scale.

«Ci devi dire qualcosa?» Tuonò mio padre, ed io presi un altro tiro dalla sigaretta.

«Sto fumando una sigaretta, niente di più. Tu perché mamma, eri sveglia?» Lei mi squadrò da capo a piedi, quasi incenerendomi con lo sguardo.

«Volevo farmi un thè perché non riuscivo a prendere sonno. Ma non cambiare argomento, signorina. E pensare che tu sia la figlia modello mi viene la nausea, stai diventando come Juliet.» Sgranai gli occhi, spengendo la sigaretta.

«Oh davvero, sto diventando come Juliet? Voi non capite che la figlia modello è lei.» Sorrisi al pensiero di mia sorella che ancora stava dormendo.

«Ma cosa stai dicendo?» Disse mio padre ed io mi sedetti sul tavolo della cucina, alzando gli occhi al cielo.

«Speravo che voi lo scopriste da voi, ma purtroppo dovrò interrompere i vostri sonni tranquilli. Io non ho voti eccellenti, ho tutte insufficienze e corrompo i prof con le loro cazzate. Io fumo, bevo e se speravate facessi sesso dopo il matrimonio, dovreste rinunciarvi. Non sopporto quei cazzo di maglioncini che mi comprate e non sopporto quelle gonne che sembrano uscite dai bidoni della spazzatura. Io mi vesto con gonne corte, magliette scollate e cari genitori, ho anche qualche tatuaggio che copro con il fondo tinta. Non vi siete mai accorti di niente, era tutto un assoluto vuoto per voi. Siete così impegnati a vivere nella vostra casetta perfetta che non vi guardate intorno per accorgervi che tutte e due le vostre figlie vi disprezzano, e che non sono come voi. Noi siamo persone vere, voi bambole.» Li vedevo lì, in piedi. Non dicevano una parola ed era meglio così.

Andai verso la camera da pranzo e presi il mio giacchetto, uscendo di casa.

Mi misi sulla panchina, guardando verso la casa di Luke.

Tutte le luci erano spente, tranne una. La sua camera. Guardai dentro, per vederlo caminare avanti e indietro per la camera.
Sorrisi, guardando i suoi capelli scompigliati dalle troppe volte in cui la mano li toccava.

Lo guardai così intensamente che forse per quel motivo, lui si girò verso la mia finestra.
E sapevo che nel buio lui non poteva vedermi bene.

Così sorrisi.

𝙗𝙡𝙖𝙘𝙠𝙢𝙖𝙞𝙡//𝙡𝙧𝙝. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora