44. XLIV. Sea.

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[Luke's.]

Quella mattina del ventiquattro dicembre esalai un respiro, un rumoroso, ma breve, respiro, che mise in chiaro tutto il dolore portatomi dentro dal giorno precedente.

Vederla a rota, vedere la morte di fianco al suo corpo, come se avesse voluto avvisarmi di un suo capacitato «andarsene», trasalendo fra le miriadi scosse degli spasmi, ricordai quel lontano giorno dove lo subì più e più volte.

La rota, per me, non c'era più. Perché oramai, lo facevo abitualmente, bucarsi era all'ordine del giorno, nella mia routine quotidiana.


 

What doesn't kill you, makes you wish you were dead. Got a hole in my soul, growing deeper and deeper. And I can't take one more. moment of this silence. The loneliness is haunting me. And the weight of the world's getting harder to hold up.


Udì quanto il battito cardiaco si bloccò durante una serie di sguardi, guardando quanto fosse bella racchiusa nel suo sonno mattutino.

E «la amo» mi ripetei, fin troppe volte in quel mese.

"È la vigilia di Natale..." mi accorsi solo allora che la sua bocca si mosse nel pronunciare quella frase. "Auguri." Sibilò poco dopo e mi ritrovai ad annuire, dondolandomi ai piedi del letto. "Vieni qua, Lucas..." parlò faticosamente come se quella frase non avesse dovuto dirla mai.

Mi rinchiusi in una bolla, prima di strisciare verso la fonte dei miei problemi.

"Irwin..." cercai un contatto, una riva su cui abbandonare i miei dubbi, così sfociai nei suoi occhi "giuro che hai stravolto tutto..." faticai nel tenere quel verde ingiallito fra le sue palpebre "hai fatto dei casini, ma prontamente sono stati perdonati e anche io, ho fatto dei casini..." mi lasciai sfuggire un sorriso nel vedere la sua solita espressione fra il commossa e l'indifferente "siamo terribili, Irwin."

"Siamo fatti così..." mi corresse e mentalmente avrei voluto stringerla fino a farla diventare parte di me, solo che non lo feci, la guardai come nella notte trovi una stella cadente che sta lì a fissarti per tutto il suo cammino, perché di solito si esprimono i desideri quando una di esse cade. Ed io quella volta quando inciampò nel bosco, lo espressi un desiderio.

"Siamo fatti così..." ripetei convincendo entrambi che fosse così. "Voglio portarti in un posto..." scrupolosamente mi alzai vagando in camera mia e rovesciando il mio borsone continuai a controllare che quel cipiglio sul suo volto fosse stato di troppo.

"Alle dieci e mezzo del mattino, Luke?" E riso di lei, del suo viso sconvolto, delle pieghe sulla sua fronte e delle sue sopracciglia alzate.

"Alle dieci e mezzo del mattino, sì." Affermai infilandomi la maglia e la vidi alzarsi per poi rubare l'indumento tolto poco prima, notai come fosse scivolata fra le sue curve e me ne innamorai di quei gesti svelti.

Tremolanti le sue mani alle prese col bottone ingannando l'asola.

Viaggiando fra le macchine immaginai che tipo di espressione avrebbe fatto quando saremmo arrivati al pozzo, quando avrei presentato ad Alissa Irwin, il pozzo.

Posto comunemente chiamato «rovina» o «buco nero», dove da piccolo ci stetti rimettendo la mia stessa vita.

Il pozzo, era il mio posto, dove lasciai inciso sopra la quercia il mio nome, quercia centenaria, in quel periodo dell'anno sfoglia.

Mnemophobia » Luke Hemmings. #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora