- Ehm. piacere, mi chiamo Mario-
-CAZZO- pensai. Non volevo fare la faccia addolorata e infastidita e far finta che la cosa mi dispiacesse perchè mi sarebbe sembrata davvero una scenata. Non volevo assumere questi atteggiamenti così contradditori, ma non per paura dei giudizi altrui: non lo facevo solo ed unicamente per me stessa. Si, insomma, sarebbe stato molto disorientante nella mia, già precaria situazione: insomma, per capirci: dentro di me sentivo di poter toccare il cielo con un dito, ma la mia espressione doveva essere assolutamente indecifrabile e più vicina possibile all'indifferenza; smaniavo dalla voglia di scambiare quattro chiacchiere con lui, eppure mi chiedevo cosa avrei potuto usare come pretesto per iniziare una conversazione per lo meno sensata; ero contenta che Evelin fosse arrivata tardi e avesse creato quella sorta di "problema" , tuttavia sentivo la sua mancanza in maniera irreparabile; ma la cosa peggiore era la consapevolezza di avere di fianco il mio principe azzurro che si portava dietro la devastante convinzione, che ormai si faceva strada dentro di me, di non poter essere mai alla sua altezza o, almeno, degna della sua considerazione.
Considerate che tutti questi pensieri si affollarono nella mia mente nel tempo di circa mezzo secondo e allora potrete capire il mio stato di confusione che definirei piuttosto: panico.
Mi alzai appena dal mio posto a sedere e gli strinsi la mano sorridendo
-Silvia- riuscii a dire soltanto
Anche lui sorrise...forse
I primi dieci minuti furono in assoluto i più imbarazzanti di tutta la mia esistenza...ero a disagio e lui probabilmente lo era più di me.
- Beh- dissi- mi pare che noi due ci siamo già incontrati prima d'ora, o mi sbaglio??
- No, in effetti non ti sbagli. Frequentiamo la stessa scuola- la sua risposta mi arrivò secca e per giunta ironica, come un pugno in faccia.
- Ahhh, giusto- ripresi io imbarazzata, sicura di aver appena combinato un pasticcio.
Silenzio per un quarto d'ora buono
Ottimo, Silvia, peggio di così non potrebbe andare
Ora devo soltanto respirare, calmarmi e dire una cazzata, una qualunque cazzata che mi consentirebbe di parlare con lui.
- Fa freddo!- Cioè...prima! Adesso fa caldo! Cioè...volevo dire che a Londra farà freddo di sicuro!- Mi morsi il labbro inferiore, decisa a bloccare il fiume delle parole che fuoriuscivano senza ritegno dalla mia bocca.
Lui si voltò e sobbalzai quando posò i suoi occhi azzurro cielo sui miei. Poi mi fissò perplesso, aggrottò la fronte e cacciò indietro la testa scoppiando in una fragorosa risata.
Alla faccia della conversazione sensata...
Mi tappai la bocca, decisa a concludere in quel preciso istante quella assurda figuraccia.
Avrei desiderato con tutto il cuore sparire, sprofondare nel sedile e non ricomparire mai più.
Lui: forse voleva scusarsi per aver preso in giro una perfetta sconosciuta.
Lei: di sicuro voleva scusarsi per la propria incontinenza.
- Senti, scusa....- Le parole che erano uscite dalla mia bocca erano state pronunciate anche da lui in quel preciso istante...risultato? Ci mettemmo a tacere entrambi, decisi a non rompere quel silenzio per tutto il resto del viaggio. E così fu.
Piano A: fallito

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Grazie, Evelin
Chick-LitTutto quello che leggerete in questo libro è reale. Qui subentra la vita vera, quella che viviamo tutti noi. Quella che molti di noi non sopportano e quella che alcuni non riescono a cambiare. Come si fa ad andare avanti quando tutto il mondo sembra...