#Spazio autrice
prima di cominciare con il prossimo capitolo, volevo scusarmi con tutte voi perchè l'ultima volta che ho aggiornato risale a due mesi fa. Questo periodo con la scuola è stato molto duro, perciò non sono riuscita mai a trovare la concentrazione e il tempo per scrivere questo capitolo. L'ho riscritto molte volte, ma non vemiva mai come avrei voluto...beh alla fine ho partorito questo che oggi vi pubblico. Non so quante avranno il coraggio (e la pazienza) di continuare a seguire questa storia a causa di questi due mesi di stop. Ad ogni modo ora sono tornata e spero di non deludervi mai più. Un grandissimo bacio a tutte voi.
Silvi
Il taxi si fermò davanti al locale dove avrebbe avuto luogo la festa: The black swan. Scendemmo entrambe come le grandi star di Hollywood, poggiado prima uno dei tacchi per terra e con uno sguardo a calamita stampato in faccia. Ovviamente il taxi faceva parte della sceneggiata, perchè secondo Evelin "faceva più chic". Pagammo il tassista, con il quale Evelin non aveva fatto altro che chiacchierare per tutto il viaggio (mentre io me ne stavo tranquillamente immersa nei miei pensieri) e ci avviammo verso l'entrata del locale, non senza aver destato l'attenzione di un gruppetto di ragazzi che consumavano il loro aperitivo ai margini della strada. All'ingresso posammo i nostri giacchini estivi nel guardaroba, per poi dirigerci verso la sala centrale. In quei cinque metri di corridoio, rischiai di cadere almeno tre volte su quelle scarpe atissime, al contrario Evelin camminava con estrema disinvoltura e sorridendo a chiunque posasse gli occhi su di noi. In effetti come potevamo passare inosservate, vestite in quel modo? Infatti molte ragazze, anche molto belle, avevano completamente frainteso la portata dell'occasione, non doveva essere una serata in discoteca, ma solo una festicciola di benvenuto in un locale londinese. Per cui in giro si vedevano gonne troppo corte, schiene praticamente scoperte, tacchi alti sedici centimetri e occhi truccati come dei panda con ciglia tenute su da mezzo tubetto di mascara. Io ed Evelin ci eravamo ben guardate da somigliare a quelle specie di ragazze, avevamo invece optato per il look delle classiche studentesse parigine, le cui figure, curate in ogni minimo paticolare, non trasmettevano eccessi e trasgressioni di nessun tipo. Dovevamo essere attraenti ma non sfacciate, simpatiche ma non estroverse, almeno per quella sera. Dunque ci sedemmo ad un tavolino e ordinammo da bere due drink e aspettammo, chiacchierando e sorridendo spesso. Intorno a noi si vedevano ragazze ( e ragazzi) che si spingevano nella pista da ballo e alcuni, ubriachi fradici già dalle 22, furono portati fuori. Sotto di noi (il nostro tavolo era infatti situato su una specie di balcone che si affacciava sulla pista da ballo) succedeva di tutto: le persone cantavano a squarciagola, ballavano e si muovevano al ritmo di musica. Ma noi eravamo sempre lì, al nostro mitico tavolino e facevamo finta di niente, non senza un atteggiamento di superiorità. Ad un certo punto non ce la facevo più, chiesi ad Evelin se tutto stava andando secondo i suoi piani, anche perchè il tempo passava e noi sembravamo due asociali vanitose. Lei mi rispose senza battere ciglio:
- Darcy, stai tranquilla, è solo questione di qualche minuto!-
- Hai detto la stessa cosa mezz'ora fa!- sbottai irritata
- Ok dammi sono due minuti- disse lei spalancando un poco gli occhi dopo aver guardato oltre alle mie spalle.
- Cosa ?- chiesi confusa, ma prima che potessi capire cosa stesse succedendo, Evelin cominciò con uno sguardo malizioso:
- Tre, due, uno....-
Qualcuno poggiò da dietro una mano sulla mia spalla (spaventandomi, ovviamente). Quindi trassi un profondo respiro prima di voltarmi di scatto. Inspiegabilmente mi ritrovai a fissare due occhi blu come il mare, sorrisi istintivamente con il cuore che mi batteva all'impazzata. E chiusi gli occhi. Una voce mi risvegliò chiedendo:
- Will you dance with me?-
Aprii gli occhi di scatto e solo allora mi resi conto che quello davanti a me non era Mario, no, non era lui. Abbassai lo sguardo arrossendo visibilmente, cosa che fece quasi impazzire il ragazzo di fronte a me. Mi voltai nella direzione di Evelin e il mio sguardo, pieno di confusione, tristezza, delusione e imbarazzo, sembrava dire tutto. Lei di rimando strizzò un occhio sorridendo e con un cenno del capo mi invitò ad accettare. E così feci: presi la mano del ragazzo che mi condusse al piano di sotto, trionfante. Durante il tragitto lo osservai meglio: la sua t-shirt bianca metteva in risalto la sua corporatura muscolosa, le parti del corpo rimaste scoperte rivelavano braccia abbronzate e mani forti. La luce riflessa sul suo viso, che riuscivo a vedere solo di profilo, gli conferiva un'espressione che a parole non riuscirei mai a descrivere. Beh, a prima vista mi sembrava decisamente degno di considerazione. Non disse una parola mentre scendevamole scale, forse si aspettava che parlassi un po' io, ma non lo feci. Ero troppo confusa per formulare delle frasi di senso compiuto, per di più in inglese. Così mi lasciai trasportare da lui. Le mie scarpe varcarono la pista da ballo, che era fatto di un materiale diverso rispetto al resto della sala. Il ragazzo si piazzò davanti a me e portò le mie mani sul suo collo, le sue invece circondarono la mia vita. Dal momento che molti ragazzi erano già stati spediti in ambulanza perchè, dopo aver bevuto, erano rovinosamente caduti in mezzo alla pista, il dj decise di non scaldare l'atmosfera ulteriormente e fece partire una musica più lenta e meno scatenata. Atmosfera perfetta , dissi tra me e me. Il ragazzo mi tirò più vicina in modo tale che io potessi poggiare la mia testa sul suo collo. Solo allora mi sussurrò in un orecchio:
- I'm Jake-
- Silvia-
- Where are you from?-
- Italy-
- And why are you there?-
- On holiday, with my best friend, and you?
- Just for fun-
Ah giusto, lui è qui per divertirsi, sta facendo tutto questo solo per divertirsi! Tornai alla realtà, cosa stavo facendo?! Dovevo scmbiare qualche parola con Mario e alla fine mi ritrovavo tra le braccia di un inglese sconosciuto che mi dice che io sono una ragazza-oggetto?! Decisa a finire questa cavolata, cercando di uscirne senza danni, esclamai:
- Sorry, I have to go-
Non ebbi il tempo di dire, nè di fare niente, perchè lui, ad un tratto mi strinse ancora di più verso di se e mi baciò. Ad un tratto mi sembrava di essermi persa, persa in un mare di pensieri, persa in una città con tante vie e tanti incroci...peccato che quando ti perdi fisicamente, almeno hai il navigatore satellitare. Fissai Jake negli occhi e lui sfoderò il migliore dei sorrisi... denti bianchi come le stelle. Basta, ci dovevo dare un taglio, lui non provocava nessun effetto su di me. Mi alzai sulle punte e guardai intorno, per vedere chi aveva assistito alla scena. Evelin, dall'alto del balcone era circondata da ragazzi che ridevano e alzò il pollice, come per dire: stai andando alla grande!. Dovrò ricordarmi di picchiare anche lei, finita questa orribile serata. Poi lo vidi... dietro alle spalle di Jake, che stava immobile davanti a me. I suoi occhi azzurri si posarono sui miei, poi ad un tratto fece una smorfia e si voltò.
Mandai a quel paese Jake, nella mia lingua, ma secondo me riuscì a capire tutto lo stesso.
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Grazie, Evelin
ChickLitTutto quello che leggerete in questo libro è reale. Qui subentra la vita vera, quella che viviamo tutti noi. Quella che molti di noi non sopportano e quella che alcuni non riescono a cambiare. Come si fa ad andare avanti quando tutto il mondo sembra...