« Guarda lì, c'è lo zombie! » sentivo da tutte le parti. Avevo tutti gli occhi puntati addosso, e loro ridevano, come se fossi un fenomeno da baraccone.
« Cervelli... cervelli... » continuavano tutti gli altri bambini, tendendo le braccia in avanti e camminando a passi lenti. Non sapevo cosa dire. Avevo paura di parlare, avevo paura di dire qualche cazzata e di peggiorare la mia situazione.
« Non parla? Ah giusto, non può! » per quanto fossero degli insulti stupidi non potevo più trattenermi, così corsi via, poco prima di cominciare a singhiozzare con le lacrime agli occhi.
Era una giornata di dicembre. Tutto era stato ricoperto da un manto candido di neve, che rendeva il paesaggio bellissimo. Tutte le case erano adornate con le luci, e la città era allegra e colorata.
Tutti erano felici tranne me. Perchè ero così stupido da farmi buttare giù da delle semplici pesti?
Continuai a correre finchè non mi venne il fiatone, e fui costretto a fermarmi. Poco più avanti si trovava un abete, così decisi di riposarmi sotto di esso in modo che mi riparasse dalla neve.« Stupidi... » singhiozzai mettendo la testa fra le gambe e continuando a piangere. Ancora non capivo cosa ci provasse la gente a prendermi in giro, ero davvero così come mi descrivevano?
Alzai per un attimo la testa e mi tolsi uno dei due guanti. Avevo la pelle pallidissima, quasi bianca. Era questo il mio problema? No, forse erano i miei occhi cerchiati di rosa o le occhiaie nere. Più ci pensavo e più mi veniva da piangere, quindi mi nascosi nuovamente fra le gambe.
« Cosa succede? » sentii una voce provenire di fronte a me, e io alzai gli occhi per vedere chi fosse. Era un bambino basso, dagli occhi azzurro cielo e i capelli corti di un castano scuro. Indossava un cappotto bianco, e nella mano destra teneva un orsacchiotto.
« Perchè piangi? » mi chiese lui, con una tonalità inespressiva. Non riuscivo a capire le sue intenzioni, non riuscivo a parlargli, avevo paura che mi prendesse in giro anche lui.
« Un gatto ti ha mangiato la lingua? » mi sorrise, per poi sedersi accanto a me. Aveva una dentatura bianchissima, e i suoi canini erano appuntiti e leggermente più lunghi dell'incisivo laterale.
« Come ti chiami? Io sono Andrew, mi sono trasferito oggi... questa città è piccola, però è accogliente e carina! » mi guardò fisso negli occhi. Sembravamo quasi due opposti, lui era l'angelo venuto dal cielo, mentre io ero il diavolo mostruoso da isolare.
« M-maxwell... » bisbigliai io. Lui, felice di essere riuscito a farmi spiccicare una parola, mi incoraggiò con il suo sguardo, e subito dopo mi chiese di spiegargli ciò che era accaduto.
« Dei bulli mi prendono in giro e mi dicono che sembro uno zombie... » continuai a singhiozzare.
« Uno zombie? » mi osservo attentamente, quasi come se volesse assicurarsi del mio essere umano. Però non sembrava disgustato, nè tanto meno impressionato dal mio essere quasi scheletrico.
« Se è per questo io somiglio a un vampiro... però somigliare a un mostro è divertente, puoi spendere di meno per i costumi di Halloween! » cercò di ironizzare, ma smise subito quando si accorse che il suo piano stava miseramente fallendo.
« E poi non prendertela a male, gli zombie possono fare tante cose belle... per esempio possono staccarsi la testa! Bello, no? Possono fare tanti scherzi alle persone! » disse mettendomi una mano sulla schiena, nel tentativo di consolarmi. Mi stupiva il fatto che riuscisse a trovare il buono anche in una cosa orripilante come un mostro.
« S-sì... ma s-sono brutti... » singhiozzai ancora una volta. Purtroppo ero una testa dura, era difficile consolarmi. Andrew mi guardò per qualchè secondo restando in silenzio, poi prese il suo orsacchiotto dalle braccia e inscenò uno spettacolo esclusivo solo per me.
« Ciao, sono Mr.Pudding! » incominciò a imitare una voce buffa, mi fece sorridere un attimo. Se lo portò vicino all' orecchio per fingere di fargli bisbigliare qualcosa.
« Come?! Mi stai dicendo che Maxwell è triste perchè degli stupidi lo hanno chiamato zombie?! Beh, in tal caso devo ammettere che è lo zombie più carino che abbia mai visto! » il cuore mi rallentò per un attimo. Mi aveva veramente detto qualcosa di bello?
Avvicinò il peluche alla mia guancia per poi simulare il rumore di un bacio, e infine lo appoggiò accanto a me.« Tieni, te lo regalo. » mi sorrise.
Un bambino considera un peluche come un pezzo del suo cuore, inutile dire che tentai di rifiutare.« Perchè? No, tienilo tu... » ormai avevo smesso anche di piangere, Andrew mi aveva completamente tirato su di morale.
« No, voglio che lo tenga tu. Sai, quando sono triste mi sfogo sempre con lui... sembrerà una stupidaggine, ma funziona ogni volta! » disse alzandosi in piedi.« Se è così... va bene! »
mi tese la mano per aiutarmi a rialzarmi e io la afferrai. Ora che eravamo in piedi potevo notare la sua bassa statura.« Da ora in poi ti chiamerò Max, va bene? »
Annuii.«« Ora si è fatto tardi, devo correre a casa altrimenti mamma mi sgrida! In caso domani ci possiamo vedere? Abito in quella casa lì! » urlò, indicandomi un'enorme abitazione situata alla fine della strada.
« Va bene, a domani! »
Prima di salutarlo lo abbracciai, per poi vederlo correre via.
I miei occhi caddero su Mr.Pudding. Per la prima volta nella mia vita c'era un altro bambino che mi voleva attorno, che non mi trattava male. Più lo guardavo e più mi ripetevo fra me e me che quell'orsacchiotto sarebbe rimasto il simbolo della nostra amicizia.
Con un sorriso stampato in faccia lo strinsi al mio petto, e mi incamminai per le strade innevate verso casa.
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Teddy Bear
RomanceMaxwell Crown è un ragazzo di diciassette anni, è un tipo molto insicuro dall'aspetto inquietante e malaticcio. Per puro caso reincontrerà Andrew Abate, un suo vecchio amico d'infanzia italoamericano, il quale era partito anni prima in Italia per gl...