Chapter 1

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Cammino con le mani nelle tasche della mia giacca di pelle nera, l'aria del Queens che mi scompiglia il ciuffo nero.
È tutto così uguale eppure così diverso dal mio vecchio quartiere, il Bronx, lo scarto di New York lo chiamano.
Così chiunque mette fuori il naso da quel posto che sa di urla, di spari, di degrado e di droga viene spinto dai nostri vicini miliardari, quelli di Manhattan, a ritornare nel nostro fango per evitare di sporcare il loro tappeto rosso.
Ma io, Lily Taylor, ho tirato spallate a chi me le tirava, o risposto a tono a chi mi prendeva in giro e ho dimostrato che noi scarti della città che non dorme mai abbiamo ancora dei sogni nascosti nei nostri cuori.
Però sono andata nel Queens che sta meglio di noi, ma la musica qua cambia solo qualche nota.
Non appena sposto lo sguardo vedo dall'altra parte della strada un gruppo di quattro uomini che mi fissano cercando di non farsi sgamare, ma con me non abbocca.
Con furtiva calma entro dentro casa mia, dove mi stavo recando, e mi precipito nella mia piccola camera.
Afferro da sotto il letto, con l'adrenalina che inizia a circolare e a farmi sentire il brivido dell'azione, uno scudo leggero ma resistente di forma circolare.
Nero, come il mio colore preferito.
Una stella rossa al centro smorza la monotonia del colore che mi rappresenta.
Afferro le cinghie poste dietro allo scudo e mi assicuro che una provetta che contiene un liquido azzurro sia al sicuro nella tasca superiore della mia giacca.
Mi aggiusto il ciuffo, anche se non sono un maschio ho quella che si dice "faccia da capelli corti".
Infilo un paio di guanti rigorosamente neri che lasciano scoperte metà dita e mi dirigo verso il balcone che da su di un vicolo cieco.
Non appena mi affaccio un proiettile mi raggiunge e io lo paro prontamente con lo scudo che resiste a tutto. Vedo gli uomini di prima che mi puntano le pistole addosso, i loro occhi nascosti da occhiali da sole neri e spessi.
Tutti vestiti in nero, sarà una lotta monocromatica allora.
Salto giù dal balcone senza farmi male, il perché non ve lo dirò mai.
Metto davanti a me lo scudo, chiudendo la mano libera in un pugno e cercando di distribuire al meglio la forza che inizia a circolare nei miei muscoli non appena sono in una situazione di pericolo.
So esattamente perché faccio così e oramai sono abituata.
Non appena la quiete si rompe corro verso gli uomini, difendendomi e colpendoli anche due alla volta.
Non mi stanco, anzi, sento che potrei fare questo tutto il giorno, e a volte l'ho fatto.
Scappare e rischiare, la mia vita in breve.
Come un frisbee tiro lo scudo verso il muro che rimbalza sulla superficie, andandosi a scontrarsi contro il cranio del pelato della squadra, facendolo cadere a terra come un sacco di patate, inerme.
Salto su un bidone e afferro in volo il mio strumento di attacco e di difesa, sbattendolo in faccia al prossimo malcapitato.
Ne rimangono due che a quanto pare si divertono a spararmi contro, costringendomi a chiudermi a riccio dietro lo scudo.
Piano piano indietreggio verso il bidone di prima, afferrando dentro di esso la buccia di una banana andata a male.
Non appena sento i due amici aver esaurito i colpi sento due mani che tentano di togliermi lo scudo e io, prontamente, tolgo la difesa e lancio la buccia in faccia ad uno, distraendolo per poi afferrare il polso del tipo che stava per tirarmi un destro e cambiare la sua rotta dalla mia faccia a quella del suo amichetto.
Approfitto del suo sgomento per rubargli la pistola e colpirlo con il calcio, vedendolo fare la stessa fine dei suo colleghi.
Respiro affannosamente e sento i polmoni bruciare ad ogni respiro, ma sento la forza di poter fare di più.
Anche oggi ho protetto la provetta, sono fiera di me.
Osservo la pistola e la getto a terra, sorridendo al cielo che ogni giorno deve subirsi le mie scorribande con i gangster di turno.
Uso le cinghie come spalline e metto lo scudo dietro la schiena, come uno zaino.
Anche oggi è andata, ho rischiato.
Con un salto alto afferro il parapetto del mio balcone e, facendo forza con le braccia senza sentire i muscoli tirare, mi tiro su finché non riesco a scavalcare la protezione e tornare dentro casa.
Tolgo lo scudo e lo riposiziono sotto il letto, recandomi nel piccolo salotto per sedermi con nonchalance sul divano morbido.
Accendo la televisione e subito i telegiornali mi mostrano immagini dei supereroi del mondo, i più forti.
Io li chiamo gli eroi di Manhattan, perché non li ho mai visti combattere il crimine nel Bronx, dove ogni giorno almeno uno sparo di pistola o la notizia di un drogato che si suicida è normale come fare colazione.
Così come loro salvano il mondo, io salvo il mio.

*ed ecco qua la mia gallina dalle uova d'oro. Anche se è Natale e io dovrei dormire, scrivo per voi. Scrivo perché per me è come dormire: essenziale. Vi avevo promesso una ff su Spidey, che conosco a malapena e sinceramente non apprezzo come supereroe, ma grazie al piccolo Tom Holland ho iniziato a farmelo piacere. Vi auguro buone feste e preghiamo in dieci lingue che il prossimo anno sia l'opposto di questo disastroso 2016 che ha affrontato le più grandi perdite del mondo dello spettacolo (mi manchi Alan😥). Noi ci vediamo sempre domani, sempre qui, anche se è Natale io ci sarò sempre per voi. Satana non va mai in vacanza. Commentate e votate altrimenti vi crucio...*
Qua da Shinimal è tutto
Al prossimo capitolo.

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