CAPITOLO 3: nuovi incontri

15 3 0
                                    


Era un nuovo giorno ad Harmstel, il primo giorno del mio secondo anno da Specialista.

Presi i libri che mi servivano per la giornata e mi diressi verso i corridori, ma appena misi piede sul primo gradino della scala di marmo che portava al mio dormitorio, fui praticamente travolta da un branco di Serpeverde del primo anno, che erano evidentemente troppo occupati a guardarsi intorno per prestare attenzione a una del DECIMO anno.

Sbuffai, salii le scale e mi ritrovai faccia a faccia con la cugina di Helena Corvonero, Fabiola, che aveva osservato la scena appoggiata al muro di fianco all'entrata del corridoio dove ero diretta.

<<Non biasimarli. Anche tu eri così quando sei stata smistata>> Mi disse, sorridendo.

<<Lo sai benissimo che non è vero, Fab.>>

<<Hai intenzione di essere scontrosa tutto il giorno? Oh già, dimentico che lo sei sempre.>>

<<Stai zitta.>> Sbuffai nuovamente <<Sai come vedo quelli del primo anno: troppo eccitati per rendersi conto di cosa stanno per incontrare.>>

<<Cinismo portami via>> ribatté lei, poi ci scambiammo un sorrisino e me ne andai. Eravamo molto amiche, nonostante lei fosse un fantasma. A occhio e croce, credo abbia circa la mia età, o almeno l'aveva quando è morta, non che mi importasse comunque. A volte, quando avevo lezione di magizoologia veniva a tenermi compagnia, soprattutto quando ero da sola, e io lo apprezzavo molto.

<<Mi scusi.. Signorina..>> Mi voltai sentendomi tirare la toga, quello che vidi fu una figurina minuta, che singhiozzava.

Era un bambino bellissimo, aveva dei lineamenti aguzzi, marcati, occhi azzurrissimi e capelli biondi, un mare di lentiggini ad incorniciargli il naso, tutte cose che lo avrebbero portato, negli anni, ad essere esageratamente popolare con le ragazze.

Mi inginocchiai, <<Cosa ti è successo?>> Gli arruffai leggermente i capelli, mi fece un flebile sorriso, smise di piangere <<Io.. Io non so dove devo andare.. Ho lezione di pozioni con il signor Lambert, ma io non ho capito dove sia l'aula e non voglio arrivare in ritardo e..>> gli feci una carezza sulla guancia e lo zittii <<Ti va se ti ci accompagno io? Devo proprio andare lì>>. Ovviamente mentii, ma tutti siamo stati bambini e almeno una volta ci siamo persi per i corridoi.

Lo presi in spalle <<Ehi, fai attenzione a non toccare il lampadario eh!>>, lui rise, era adorabile; arrivammo davanti alla porta della sua aula giusto in tempo, lo feci scendere, mi guardò un attimo, quasi imbarazzato, gli sorrisi e mi sentii in un attimo le sue braccia intorno al collo <<Grazie Signorina>>, mi ci volle un momento per elaborare l'accaduto, ma lo abbracciai delicatamente e gli risposi <<Chiamami Marzia>>, entrò in aula, ma ne riuscì subito, mivenne in mente l'immagine di un topolino <<E io mi chiamo Mattheus, ma puoi chiamarmi Theus!>> e rientrò.

La mia lezione di letteratura internazionale sarebbe cominciata a breve, così corsi fino alla porta della mia aula, che era, per fortuna, non così lontana come pensavo.

Entrai e mi sedetti, tirai fuori i libri che mi servivano, scambiai quattro chiacchiere con alcuni studenti seduti vicino a me, quando ad un tratto sentimmo un odore dolcissimo provenire appena fuori dalla porta, come un mazzo di fiori di campo in estate.

Quello che entrò insieme al profumo ci colpì non poco: era un uomo di altezza media, sulla cinquantina, fisico di chi da giovane aveva fatto sicuramente qualche sport, capelli bianchi e ben tenuti, lasciavano trasparire un inizio di stempiatura, gli occhi scuri che contrastavano la pelle bianca. Un bell'uomo certamente, ma mai visto prima.

<<Buongiorno>> Esordì <<Sono il professor Hermann Loys, e insegnerò letteratura internazionale qui per quest'anno, in quanto la professoressa Margaret sarà in maternità.

Attoniti.

Era la parola giusta per descrivere tutti, e soprattutto tutte: questo Loys non era di certo un modello di Vanity Fair, ma aveva un non so che di.. attraente, ecco.

Ci fu un attimo di silenzio, poi risposi io: <<Beh, in questo caso benvenuto ad Harmstel, Signor Loys>>, mi fece un sorriso a trentadue denti.

Tutti si voltarono a fissarmi, lanciai un'occhiataccia come a dire <<Cosa diamine vi prende?>>, e come risposta ebbi che un'ondata di sorrisi aveva raggiunto la vista del professore.

Loys fece l'appello, ci fece alzare uno per uno, chiedendo nome, cognome, anno e casata.

Ma poi fu il turno di Thoris.    

&quot;Scrivi di noi&quot; e l'ho fatto.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora