CAPITOLO 24: un angolo di paradiso

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Camminavo a passo svelto, avevo bisogno di allontanarmi da Rudy, era come se le sue braccia fossero ancora strette intorno al mio corpo e mi supplicassero di tornare indietro, sentivo il suo sguardo deluso su di me, era dispiaciuto per ciò che aveva detto e io lo sapevo, ma allo stesso tempo non capiva cosa fosse successo e perché, me ne rendevo conto e non avevo fatto altro che andarmene lasciandolo solo coi suoi sensi di colpa a divorarlo.

Passai i primi alberi, poi i tronchi si fecero più numerosi, sempre di più: mi stavo inoltrando nel bosco; era da poco passata l'una del pomeriggio e il sole splendeva nel cielo circondato da enormi nuvole bianche, viaggiatrici solitarie trasportate dal vento leggero di un settembre nostalgico d'estate.

Rallentai il passo, avevo il respiro leggermente affannato, ma non mi importava, volevo solo allontanarmi ancora e dimenticare quello che avevo detto a Rudy e soprattutto come me ne ero andata senza voltarmi, senza guardarlo in faccia, non una parola, niente.

Mi fermai per guardarmi intorno, scorsi lontano verso destra un salice dall'insolita corteccia candida e mi diressi in quella direzione lentamente, come se oltre le braccia di Rudy anche le mie gambe avessero voluto tornare indietro, appena le mie mani raggiunsero la corteccia ci appoggiai la schiena sopra e mi lasciai scivolare a terra. Inspirai, espirai. Buttai la testa all'indietro arrivando a toccare le venature con la nuca; c'era un torrente cristallino a pochi passi dalle mie gambe distese, ogni tanto qualche sassolino veniva trasportato giù per il letto e rotolava per qualche metro per poi finire bloccato tra ciottoli più grossi. Aldilà della barriere di acqua si apriva un piccolo fraticello circondato da altri alberi, decorato dagli ultimi fiori che non volevano arrendersi all'autunno; un posto del genere avrebbe potuto tranquillamente essere un paesaggio da fiaba, dove una principessa si nasconde per scappare dai suoi doveri reali.

Grazie a questo pensiero, ebbi un'idea geniale: mi sfilai la toga per avere più libertà di movimento, distesi le braccia e tesi le dita verso la parte del bosco intorno alla minuscola radura circolare, protetta dagli alti salici, capeggiati dall'esemplare su cui mi ero appoggiata, maestoso nella sua semplicità.

Inspirai. Espirai. Le parole mi uscirono dalla bocca in modo naturale, come se quell'incantesimo fosse parte di me: <<Salvio Hexia>>, fu una sorta di sussurrò, dalle mie dita uscirono filamenti di luce che avvolsero buona parte della barriera di alberi, creandone un'ulteriore ad escludere il guardo di occhi indiscreti; mi spostai oltre il ruscello e ripetei il sortilegio, ora ero sola, sola con la mia magia e il rumore dell'acqua che scorreva.

Guardai le mie mani abbronzate, ero riuscito a farlo davvero? Una sensazione di felicità mi pervase le membra fino alle ossa, regalandomi cinque minuti di gloria a cui nessuno avrebbe mai assistito, ma poco mi importava.

<<Devo tornare...>> dissi ad alta voce verso il salice, mi fermai un momento a pensare al fatto che avevo appena parlato ad un albero, per davvero... scossi la testa e me ne andai a passo lesto, attraversando la barriera che avevo creato io e quella naturale degli alberi: <<Finite Incantatem>> formulai e vidi il mio precedente incantesimo sbriciolarsi in mille minuscoli cristalli che si dissolsero nell'aria senza lasciare traccia, come se un milione di stelle fosse caduta ai miei piedi in quel preciso momento.

Corsi verso la scuola, Rudy non era più nella radura ad aspettarmi e meno male, la attraversai riempiendomi i polmoni di quegli ultimi sussulti che l'estate lanciava nel vento che mi scompigliava i capelli, in una corsa senza fine contro l'autunno; arrivai con largo anticipo davanti al portone della scuola, varcai la soglia e vidi in un angolo intenta a parlare con altre testoline, una testolina bionda che conoscevo molto bene: <<Ehi, Mattheus, è da un po' che non ci si vede!>> squillai, il bambino si girò immediatamente riconoscendo la mia voce: <<Marzia! Ti ho cercata ovunque!>> urlò correndomi incontro, mi inginocchiai appena in tempo per accoglierlo in un abbraccio che si rivelò più stretto di ciò che mi aspettavo.

<<Perché mi cercavi?>> gli chiesi spettinandogli i capelli chiari, lui sorrise: <<Avevo saputo che eri stata ricoverata in infermeria, ma a noi del primo anno non è concesso entrare, l'infermiere non ha ceduto nemmeno quando gli ho detto che mi ti conoscevo>> sbuffò, io gli feci una carezza: <<Oh beh, adesso sono qui, sto bene vedi? Tu invece? Inizi ad ambientarti?>> ribattei, non mi andava di parlare di quello che avevo passato, era una gioia vedere il piccolo Matt spiegare quello che aveva appreso nei suoi primi giorni di scuola ad Harmstel, gli brillavano gli occhi quando raccontava di come fosse riuscito a far volare una piuma con la sua bacchetta mentre la sventolava fiero in aria; sorrisi: <<Stai fermo o caverai un occhio a qualcuno così>> lo rimproverai dolcemente, lui nascose la bacchetta dietro la schiena ed abbassò il capo arrossendo: <<Scusami...>> mormorò, poi scoppiammo a ridere, lo salutai con un ennesimo forte abbraccio e ci lasciammo, piccolo e dolce Mattheus, così innocente, ma allo stesso tempo così energico, sprizzava voglia di vivere da ogni poro del corpo, era una dote che pochi avevano la capacità di trasmettere come lui.

Arrivai nel giardino situato al centro dell'istituto, circondato dal porticato ottagonale sotto il quale erano successe parecchie cose negli ultimi due giorni, sorrisi scorrendo il fiume di pensieri nella mia mente, tornai nel modo dei coscienti solo quando vidi la mia insegnate avvicinarsi: <<Ciao Marzia, sei pronta alla prima lezione di magizoologia?>> mi chiese la signorina Aeryth, io annuii, dopo qualche minuto tutti gli specializzandi si erano riuniti vicino a noi, dopo aver scambiato qualche parola tra di noi iniziò la vera e propria lezione, fatta di libri ed esempi pratici con esemplari mostratici dalla professoressa, ogni lezione imparavamo qualcosa di nuovo sull'animale che stavamo studiando, trovando a volte somigliane tra alcune bestie del tutto diverse o contrasti tra specie simili, era per questo che amavo questa materia, riusciva a stupirmi sempre.

<<Professoressa mi scusi>> interruppe la spiegazione un ragazzo dei Tassorosso: <<Due giorni fa ci aveva fatto recapitare una lettera in cui diceva di portare con noi il nostro gufo e gli opportuni libri, ma perché?>>, effettivamente non aveva tutti i torti a chiederlo, nessuno aveva avuto una risposta a quella domanda che gli aveva martellato la mente forse per tutto il giorno per colpa mia, arrossii mentre abbassavo lo sguardo e provavo a farmi piccola piccola, avrei voluto sparire istantaneamente.

<<Lo scoprirete più avanti, caro Simus, quella lezione la affronteremo a tempo debito, forse è stato meglio così, tartassarvi il primo giorno con un argomento del genere dopo una giornata pesante sarebbe stato esagerato>> rispose l'interpellata, non facendo altro che aumentare la curiosità di tutti, compresa la sottoscritta.

La lezione continuò ininterrotta per tutto il resto della sua durata, stavamo analizzando un mammifero acquatico simile ad una balena, ma con colori che variano a seconda della dieta che segue, un "Bothos" può assumere colorazioni che vanno dal verde al rosso acceso a seconda del tipo di pesce che ingurgita. Nonostante potesse non sembrare una cosa interessante, era divertente vedere tutte le sfumature che poteva prendere quella bestia mastodontica semplicemente mangiando dei piccoli pesci.

<<Ragazzi, ci vediamo domani sera, magizoologia notturna, ricordatevi di essere puntuali alle 22:00>> concluse l'insegnante, ci disperdemmo per il porticato, chi tornava nella propria casata, chi aveva ancora lezione, chi semplicemente andava a farsi un giro.

Abel.

Era lui la mia meta, mi avviai verso la sua stanza a passo svelto, non vedevo l'ora di vederlo, quando arrivai davanti alla porta della sua stanza bussai energicamente contro il legno scuro, sentii qualcuno all'interno blaterare un "Chi è?" svogliato, bussai di nuovo, si avvicinarono dei passi dall'interno della stanza verso di me, la porta si spalancò, mi apparve davanti l'oggetto dei miei desideri che mi regalò un sorriso dolce: <<Ti aspettavo, vieni>> e varcai la soglia dietro di lui, mentre una sua mano raggiungeva la mia e l'altra richiudeva l'infisso dietro di noi.

<<Non sono riuscita a venire prima perché avevo lezione, scusami>> blaterai, lui scosse la testa: <<Ma figurati, non devi scusarti...>> rispose per poi mettermi le mani sui fianchi, io legai le mie sopra le sue spalle larghe, avvicinai il viso al suo e poggiai le labbra sulla sua guancia, lui sorrise: <<Solo?>>, risi e unii la mia bocca alla sua in un bacio lento, lasciandomi trasportare da tutte le emozioni che la cosa mi portava, da tutto ciò che lui mi stava dando.

Era un momento solo per noi.

Nostro.

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