CAPITOLO 27: la giornata sbagliata

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Passammo tutto il pomeriggio insieme a ridere e scherzare, incastrando lunghi baci tra una battuta e l'altra, abbracci dolci, carezze sulle goti che arrossivano al contatto... mi sembrava di essere in paradiso lì, accoccolata di fianco ad Abel sul suo letto mentre mi accarezzava dolcemente i capelli.

<<Marzia, ho la sensazione che stia per succedere qualcosa>> irruppe lui, mi colse alla sprovvista, sollevai lo sguardo ed incrociai il suo, avevo dipinta in volto un'espressione mista tra stupore e preoccupazione: <<Spiegati meglio>> risposi, lui mi diede un bacio sulla fronte: <<Non lo so, sento che sta per succedere qualcosa di... strano, ecco, non saprei come spiegarlo>>; le sue parole non facevano che aumentare la mia curiosità: <<Centriamo io e te?>> chiesi, di rimando lui scosse solo la testa: <<No, o almeno non credo, è qualcosa di più grande di noi>>.

Decisi di lasciar perdere il discorso vertendo su altri argomenti, ma Abel era visibilmente turbato e la cosa non mi piaceva, avvertivo la sua tensione toccarmi come facevano le sua mani calde, mi sentivo a disagio, nonostante non fosse direttamente colpa sua la situazione iniziava a pesarmi sul cuore, avrei voluto che mi parlasse, che si spiegasse cosa sentiva per poi trovare un modo per uscire da quella situazione.

<<Ti va se andiamo a fare una passeggiata?>> mi chiese, io annuii, lui si alzò e io feci lo stesso, mi abbracciò senza alcun preavviso, lasciandomi un bacio sulla guancia, lo trovai un gesto molto dolce; <<Dove andiamo?>> lo interpellai, lui fece spallucce: <<Dove ci porta il cuore>> rispose sorridendo, lo strinsi a me: <<Il mio mi porta da te>> sussurrai, lui rafforzò la stretta, non si aspettava un commento del genere e nemmeno io credevo che dalla mia bocca sarebbe potuta uscire una frase del genere, ma era la verità e non c'era nessun motivo per non dirglielo.

Uscimmo dalla stanza e ci dirigemmo verso l'esterno, optammo per andare verso la spiaggia poco lontana dal castello, in cerca degli ultimi attimi d'estate che il mare avrebbe avuto da offrirci. Mentre camminavamo Abel si guardava in giro osservando la vegetazione che cambiava a mano a mano che avanzavamo, raccontandomi aneddoti di avventure legate a quei luoghi; quando raggiungemmo la nostra meta subito ci levammo le scarpe, poggiandole vicino a un mucchio di sassi; ci avvicinammo all'acqua e lasciammo che le onde ci sfiorassero i piedi, l'acqua gelida fronteggiava la sabbia rovente per i raggi del sole, creando una sensazione di piacevole tepore. Ci prendemmo per mano, osservando il mare disperdersi al largo, fino all'orizzonte e poi oltre lontano dai nostri occhi verso l'oceano infinito, per poi arrivare su un'altra spiaggia, altre mani intrecciati, altri sguardi vaganti. Cosa vagava nella mente di Abel? Quali erano i suoi pensieri in questo momento? Perché mi interessava tanto saperlo?

<<È sempre bellissimo>> disse portando il suo braccio intorno alle mie spalle: <<Ma non lo sarà mai quanto te>> finì, io arrossii e mi scostai da lui ridendo, quasi urlando che non era assolutamente vero e che avrebbe dovuto smetterla, portai le mani sulla faccia per nascondermi, ma l'unica cosa che fece fu avvicinarsi di nuovo a me e poggiarmi le mani sui fianchi, sporgendosi in avanti per raggiungere le mie labbra; gli avvinghiai le braccia intorno al collo e mi abbandonai alla danza appassionata che la sua bocca intrecciava con la mia, inarcai la schiena all'indietro, noncurante delle onde che mi bagnavano le caviglie e l'orlo dei pantaloni.

<<Dai che così cado nell'acqua, Abel, tirami su!>> gli urlai, lui rise e lasciò la presa, facendomi appunto capitombolare sulla sabbia bagnata mentre una piccola onda mi raggiungeva i jeans chiari, lo fulminai: <<Questa me la paghi cara, caro mio>> lo minacciai, ero furiosa, il tessuto bagnato mi dava un fastidio tremendo e quelli erano i miei pantaloni preferiti.

<<Andiamo Marzia, è solo un po' d'acqua salata!>> ribatté ridendo, ma l'espressione sul suo viso mutò quando mi alzai da terra e gli lanciai uno sguardo infernale, si mise a correre per la spiaggia e io lo inseguii, il vento si intrecciava con i miei capelli, sferzandomi le guance in un disperato tentativo di rallentare i miei passi, Abel correva veloce, troppo veloce per me, ma ero dura a morire, non avevo intenzione di dargliela vinta così, iniziai ad accelerare, i polmoni si riempivano e svuotavano continuamente, il cuore galoppava nel petto, ero lì, mancava poco, dannatamente poco, tesi il braccio, stavo per toccare la sua maglietta, la sfioravo, un ultimo sforzo...

Riuscii a poggiargli la mano sulla spalla ed afferragli la maglietta, sentendosi messo alle strette Abel rallentò fino a fermarsi, si chinò poggiando le mani sulle ginocchia: <<Ma quanto diamine corri?>> sbuffò mentre respirava affannosamente, io abbozzai un sorriso mentre gli lasciavo una pacca sulla schiena, non avevo le forze per replicare, ogni molecola di ossigeno mi era indispensabile in quel momento, crollai per terra e buttai la schiena sulla sabbia, ci volle qualche minuto prima che riuscissimo a riprenderci entrambi, quando sentii che sarei riuscita a reggermi in piedi sollevai il busto e arrancai fino ad Abel, che si era anche coricato poco lontano da me: <<Ti ho preso>> gli dissi accarezzandogli i capelli ed iniziando a ridere, anche lui rise: <<Ti sarebbe potuto scoppiare il cuore, ma l'unica cosa a cui riesci a pensare è che sei riuscita a raggiungermi. Marzia tu sei malata>>, si alzò in piedi e mi tese una mano, la afferrai e ci ritrovammo faccia a faccia, gli posai un bacio sulla guancia: <<Sta di fatto che ti ho preso>> ribadii:<< Adesso andiamo, dobbiamo darci una lavata, siamo pieni di sabbia e io per qualche motivo ho i pantaloni completamente lerci>>, lui mi lanciò uno sguardo innocente, gli diedi un pugno sul braccio e unii la mia mano alla sua, raccattammo le nostre scarpe e ci dirigemmo verso Harmstel.

<<Il tempo si sta rannuvolando>> notai, Abel annuì: il cielo azzurro si stava intaccando d nuvoloni grigi, in lontananza si vedevano addirittura dei lampi di luce occasionali, avremmo dovuto sbrigarci, ma non avemmo tempo di realizzare che stava già iniziando a piovere che stavamo nuovamente correndo, stavolta verso il castello, ormai fradici di pioggia.

<<Ho corso più oggi che in tutta la mia vita!>> sbuffò Abel entrando di tutta fretta nel castello, era seccato, decisamente seccato: <<Oggi non era la giornata giusta per andare in spiaggia>> continuò, io risi: <<Beh, almeno adesso siamo bagnati entrambi, ti sta bene>> lo punzecchiai, lui mi fece una smorfia, gli misi un braccio dietro la schiena e ci dirigemmo verso il nostro dormitorio per poi dividerci per andare a fare una doccia calda, con la promessa che il primo che avrebbe finito sarebbe andato in camera dell'altro.

Era impressionante come Abel riuscisse a stupirmi così tante volte in così poco tempo, come riuscisse a mutare il mio stato d'animo nel giro di pochi attimi con una parola, un gesto, uno sguardo, cos'aveva di così speciale quel ragazzo per farmi questo effetto? Perché i suoi occhi erano in grado di farmi dimenticare il motivo per cui ero arrabbiata con lui così tanto da farmi correre come una forsennata? Cosa mi stava succedendo?

E cosa sarebbe ancora dovuto succedere?

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