CAPITOLO 16: Un uomo di fuoco.

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Erano ancora sulle tracce di Isaac, avevano un suo maglione preso dal sedile posteriore della sua auto. Ma sembrava che il suo odore fosse ovunque e in nessun luogo.

-Perché non riesci a trovarlo?-

-Mancano due giorni alla luna piena.-

-Quando qualcuno ti fa una domanda dovresti rispondere, sai?- sbottò Megan, stanca di camminare a vuoto.

-Ho risposto.-

Faccia numero 5, interrogativa.

-Prima della luna piena, è più difficile.-

Megan annuì. -Non lo troveremo mai.-

Malia guardò verso il basso. -Forse non vuole nemmeno essere trovato.-

La schiene delle due ragazze scivolarono contemporaneamente contro il tronco di un albero, esauste, sfinite, senza più speranze.

-Tu cosa sei?- si girò di scatto Malia.

-Un individuo di sesso femminile, in questo momento estremamente stanco e bisognoso di dormire.- rispose, guardando verso l'alto e strappando senza alcun interesse dei ciuffi di erba accanto alla sua gamba sinistra: si era quasi abituata alle stranezza della ragazza-coyote.

-No. Intendevo che sei qualcosa di soprannaturale, cosa?- il tono era piatto, disinteressato.

-In realtà è una storia parecchio lunga.-

Malia portò le ginocchia al petto, e si volto verso Megan appoggiando il lato destro della fronte alla corteccia. -Abbiamo tempo.-

-Io ed Isaac, siamo arrivati qui mentre andavamo da mia nonna per scoprire entro quanto mi trasformerò in un Wendigo.-

-Il mostro cannibale?-

-Già, proprio quello lì.-

-E perché dovresti trasformarti?-

-Genetica, leggende strane. -

-Pensavo fossi una banshee, come Lydia.-

Megan la guardò d nuovo con la faccia numero 5.

-Sì , Lydia prevede le cose brutte, ma tu sembri sapere delle cose che nessuno sa, come quella che mi hai detto prima. -

Di nuovo faccia numero 5.

-Il sole, la luna, la verità?-

-Ah.- rifletté Megan. -Sono cose che derivano dai racconti di mia nonna, tutto qui.-

Malia si alzò di scatto. Aveva sentito qualcosa. Iniziò a correre. Senza dire niente. I suoi piedi spingevano la terra indietro, il suo battito era alle stelle. Lanciò un ruggito.

Megan la seguì, fu costretta a fermarsi e guardarla sfrecciare nei boschi. Posò le mani sulle ginocchia, respirava a fatica. Urlò il nome del coyote. Nessuna risposta. Solo quel ruggito. Uno squarcio nella parete del suono. Cercò di riprendersi camminando, e seguendo quelle che le sembravano le tracce di Malia. Poi sentì un secondo ruggito, più vicino del primo, diverso dal primo. Era un ruggito maschile.

-Isaac!- urlò.


Fu stupido urlarlo. Poteva essere chiunque, poteva non essere Isaac. Poteva essere qualcuno che ora sarebbe venuto a sbranarla.

Sentì dei passi pesanti che si avvicinavano, il brusio delle foglie che vengono mosse. Si voltò e corse veloce nella direzione opposta, presa da una paura tremenda di morire. delle braccia robuste la presero da dietro, provò a divincolarsi e cadde a terra a faccia in giù. Inghiottì la terra e l'erba, alzò leggermente il viso per sputarle fuori, le bruciavano gli occhi per il contatto con il fango sporco.

Le stesse braccia che l'avevano spinta atterra, la voltarono facendole così inquadrare il viso del assalitore: Scott Mccall.

-Scott...- mormorò, con la bocca ancora impastata.

Ma il ragazzo on fece in tempo a risponderle, fu allontanato violentemente dal corpo di lei. Rotolò a terra, e quando la ragazza si girò su un fianco verso di lui, vide una donna che lo graffiava violentemente in viso.

I suoi capelli biondi e il suo aspetto mostruoso le ricordarono qualcosa. La donna che li aveva assaliti nel bosco: quella che le aveva procurato quell'enorme taglio su una gamba, che ora inspiegabilmente si stava toccando come se sentisse che si fosse riaperto all'improvviso.

Megan si alzò a fatica, era decisa ad intervenire. Fece grandi passi, sicuri, in direzione del combattimento. Non sapeva cosa avrebbe fatto con esattezza, ma non poteva certo restarsene lì a guardare.

Un braccio fuoriuscì da un albero adiacente, la prese, e la strinse contro il suo corpo

Le tappò la bocca.

Era lui. Non lo vedeva ma lo capiva. Lo capiva dal tocco prepotente della sua mano, lo capiva dal ritmo calmo del suo diaframma che sentiva muoversi dietro la schiena, lo capiva dal filo di aria che periodicamente abbandonava la bocca di lui per scagliarsi contro l'orecchio di lei, lo capiva dai brividi che sentiva diffondersi per tutto il  corpo al solo contatto con Isaac Lahey.

Sentì un ruggito femminile, probabilmente Malia e quel rumore la fece sobbalzare dallo spavento. Poi sentì ringhia femminili, Malia e Kate, e poi qualche verso maschile, Scott.

Ci  furono altri passi, poi rumori confusi. Qualcuno sparò. Kate emanava versi inquietanti. Riuscirono a vedere Scott, il suo sguardo si diresse verso Isaac. Chiedeva aiuto.

Il ragazzo ebbe un momento di tentennamento, durante il quale i muscoli si rilassarono. Megan ne approfittò per sottrarsi alla sua presa. Si voltò rapidamente.

Isaac ebbe paura. Paura di vederla scappare lontano da quel casino, da quel casino che era lui, da quel casino che era la sua vita. Paura di vederla arrabbiata, arrabbiata perché era un buon a nulla arrabbiata così come lo era stato suo padre la prima volta che l'aveva torturato con la sua cintura.

Megan gli mise la mano destra al collo, illudendosi che la sua misera forza potesse competere con quella di un licantropo.

-Mi hai già fatto abbastanza incazzare, uccidendo una persona e scomparendo nel bel mezzo del nulla. Mi hai lasciata da sola con una psicopatica ragazza-coyote. Ora, se non mi vuoi far incazzare ancora di più, simpatico licantropo, vedi di andare ad aiutare i tuoi amici.-

Isaac sorrise. -Credi davvero di potermi dire cosa fare?-

Megan lasciò la sua gola. -E vedi di morirci in quel combattimento, perché te lo meriti.-

Si allontanò lentamente con diversi passi all'indietro, lasciando il ragazzo senza parole, confuso, a chiedersi se fosse davvero così arrabbiata da volerlo morto. Se ne andò, mentre Isaac correva in soccorso di Scott.

Non sapeva dove stava andando, ma d'altra parte erano diversi giorni che non faceva altro che brancolare nel buio.

Si era fidata di quello strano tizio, si era lasciata trascinare nel mondo delle fiabe di sua nonna che improvvisamente erano diventate reali. Aveva toccato con mano un licantropo, aveva visto una ragazza trasformarsi in un coyote e scappare via, aveva perfino spinto una banshee a urlare contro una ferita.

Nel buio si accese una fiamma, non capì subito che era un uomo. Un uomo di fuoco che correva davanti ai suoi occhi.

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Giusto poco fa avevo annunciato un probabile ritiro da questa storia, invece oggi mentre guardavo la nuova puntata, mi è venuta l'ispirazione.

Vi sono mancata? Speriamo di sì.

Cercherò di aggiornare preso.

Baci, oubli.



REMEDY||Isaac LaheyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora