Dakota.
Bradley. Ignora chiamata. Julian. Ignora chiamata. Greg. Ignora chiamata.
Strinsi gli occhi frustrata e scaraventai il cellulare dall’altra parte della mia stanza.
Erano passati due giorni da quando era successo. Dopo aver avvisato i miei genitori, non ho potuto fare a meno di parlarne con i miei migliori amici. Migliori amici che ora stavo deliberatamente ignorando.
Ma l’ultima cosa di cui avevo bisogno era sentire i loro toni compassionevoli verso di me.
Andai in cucina, dove trovai Alexa sveglia.
“Buongiorno.”
“Ehi” mi sorrise assonnata.
“Caffè?” chiese subito dopo. Scossi la testa negativamente e ciondolai sui miei piedi.
“Al?” dissi un po’ insicura.
“Mmh?” mormorò con la faccia coperta dalla tazza a righe che teneva in mano.
“Ti va se oggi ti accompagno da Harry?”.
Alexa tossì un paio di volte e poi sorrise apertamente.
“Certo”.
“Sai, in realtà a quest’ora Harry poteva già essere a casa.” Iniziò a spiegarmi Alexa. Infatti mi pareva strano che dopo due giorni lo tenessero ancora in ospedale. A quanto ne sapevo tutti i controlli per la sua salute erano stati effettuati con successo.
“Ma mia madre ha insistito per tenerlo sotto stretta sorveglianza, beh, più a lungo possibile” continuò.
Come biasimarla, pensai. Ancora poco avrebbe visto suo figlio in una bara.
Sospirai, mentre scendemmo dal taxi, una volta arrivate al London Hospital.
“Pronta?” mi chiese Alexa stringendomi la mano.
“Pronta”.
Una volta vicine alla stanza dove si trovava Harry, sentimmo delle risate provenire da dentro.
Io e Alexa ci scambiammo un’occhiata veloce, prima di bussare.
“Avanti” disse una voce con allegria.
La stanza che avevo visto poche settimane prima non sembrava affatto la stessa che mi si presentava davanti in quel momento.
Forse era la felicità, forse il sole –strano a dirsi, essendo a Londra- che illuminava la stanza, forse era il sorriso di Harry. In ogni caso, era incredibile.
Sentii gli occhi pizzicarmi vedendo le fossette sul viso di Harry che dichiaravano che era allegro e soprattutto vivo. Reale.
Dovetti impedirmi di non andargli vicino e sprofondare il dito nella sua guancia per un’ulteriore prova.
I suoi occhi luminosi ma che presentavano gli evidenti segni di stanchezza si posarono su noi.
“Lexi!” chiamò. Rimasi sorpresa dal soprannome di Alexa, dato che non me lo aveva mai accennato.
A grandi passi si diresse verso il fratello e gli si buttò addosso.
Harry emise un mugolio di dolore e Alexa si staccò.