Harry.
Tirai un lungo sospiro quando finalmente io e Alexa uscimmo da Starbucks, con i nostri caffè in mano.
Mi strinsi nel giubbino quando una ventata gelida mi sferzò il viso.
Camminammo per un po’, e di tanto in tanto mia sorella si fermò a qualche vetrina, ma per fortuna non entrammo in nessun negozio.
Alexa prese un lungo sorso della sua bevanda calda e mi guardò. “Allora?” chiese con tranquillità.
“Allora cosa?” mi schiarii la voce.
“Di cosa dovevi parlarmi?” insistette.
Mi morsi l’interno della guancia ed esitai a rispondere “Dakota”.
Alexa assottigliò gli occhi e si fermò di colpo, inducendomi a fare lo stesso prendendomi per il braccio. Rimasi abbastanza sorpreso da questa sua reazione, ma pensai che fosse normale preoccuparsi per la propria migliore amica.
“Cosa devi dirmi su Kota?” la sua voce era un misto tra lo stranito e il sospettoso.
Deglutii rumorosamente. “Sono successe delle cose strane. Cioè, non proprio strane. Però io-“ gesticolai, parlando di fretta e provando a esprimere a parole ciò che mi era successo negli ultimi giorni.
Alexa mi tappò la bocca con la mano. “Rallenta” mi intimò. Presi fiato e cercai di controllare la mia voce.
“Mi sento strano, quando sono con Dakota. E non strano da ‘vivo con una semisconosciuta’ o ‘vorrei portarmela a letto’. Strano nel senso ‘quando sono con lei mi sento a casa’” . Abbassai la voce nell’ultima frase, sentendomi in imbarazzo. Davvero stavo dicendo quelle cose a mia sorella? Dovevo essere impazzito. O disperato.
Al contrario di ciò che mi aspettavo, Alexa non mi derise, ne mi picchiò. Cercò il mio sguardo e mi incitò a continuare.
Mi strinsi nelle braccia e riattaccai a parlare dopo aver bevuto un po’ del mio cappuccino.
“Non so come spiegarlo. Ero certo di non averla mai vista prima, ma al contempo mi sembra così familiare. Come se il ricordo di lei sfumasse nella mia memoria, come quando mi risveglio da un sogno.” E in effetti di sogni ce ne erano stati, ma quello me lo tenni per me.
“Fidati se ti dico che ciò che hai sognato è tutto vero” sospirò.
Sgranai gli occhi a quella sua affermazione. Come se lei sapesse, ma non era possibile.
E poi cosa voleva dire che era tutto vero? Maledizione.
Alexa, in silenzio, riprese a camminare come se non fosse successo nulla.
Battei le palpebre un paio di volte e affrettai il passo per raggiungerla.
A quanto pare, non mi avrebbe detto altro.
Alexa attaccò a parlare come suo solito, e feci attenzione a non ascoltare neanche una parola dei suoi discorsi da ragazza.
A un certo punto, una voce trillante gridò il suo nome “Al!” una biondina ci raggiunse dal fondo della strada correndo.
Arrivò col fiato un po’ corto e si passò una mano tra il caschetto biondo.
“Tris” la salutò mia sorella con un sorriso.
I grandi occhi grigi di Tris mi osservarono dall’alto al basso, facendomi sentire a disagio.
“Non mi avevi detto di avere un ragazzo” Ammiccò ad Alexa.